L’idea mi è balenata nella testa un giorno in cui mi sono reso conto che forse, fra tutti i social network, proprio twitter, con la sua drastica limitazione a soli 140 caratteri per post, poteva rappresentare un mezzo ideale per immettere nella rete una quotidiana dose di poesia. Un solo verso al giorno: la giusta quantità.
Il nome del progetto, “Un endecasillabo al giorno”, non è esente da ironia: richiama infatti certi noti proverbi che ci invitano ad adottare salutari abitudini. E, almeno per quanto mi riguarda, non posso pensare a niente di più salutare dell’abitudine quotidiana alla poesia. La scelta della forma metrica più cara alla tradizione poetica italiana se in superficie nasce per rendere omaggio ai poeti che fanno parte della mia formazione nasconde più in profondità un valore simbolico: andare da un’altra parte passando dallo stesso posto e, probabilmente, vedere un’altra cosa. Questi versi infatti non hanno carattere estemporaneo ma si inseriscono in un percorso di ricerca ed evoluzione che, nelle mie intenzioni, dovrebbe rappresentare il graduale superamento dei temi e delle modalità messe in atto nel mio libro del 2011 Magari in un’ora del pomeriggio (dove ho fatto largo uso dell’endecasillabo). I testi che sto raccogliendo da circa due anni in previsione di una pubblicazione in volume hanno un carattere nettamente diverso (per temi e forme) da quelli presenti nel libro e ho sentito quindi l’esigenza di preparare il distacco da una stagione poetica che mi ha accompagnato per quasi venti anni diluendolo nel tempo. Un distacco che si compie lasciando dietro di sé una lunghissima scia (o strascico, volendo) di motivi e suggestioni che si protrarranno per un anno intero.
Non ho ancora pensato a quale sarà il futuro di questi versi quando il progetto sarà concluso. Per adesso non è quello che conta.
© Davide Valecchi
Potete leggere alcune poesie di Davide tra cui alcune tratte dalla raccolta citata, in un precedente post uscito su Poetarum qui.
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Un endecasillabo al giorno
- Si apre una raccolta di elementi
- La sedimentazione non è certa
- Attraversando una soglia di fibre
- Resta sul fondo un tono innaturale
- Nessuna ipotesi di iridescenza
- Una stagione di polvere e luce
- Crescono solo parole parziali
- In piedi per un soffio, per un sibilo
- Il bianco aumenta la ripetizione
- Un punto dentro al mare di riverbero
- Tutto è stato diviso con un taglio
- Un lavoro di impronte sulla pietra
- Riflesso da una scheggia di calcite
- Il giorno cade, il nome si spegne
- L’aria contiene un luogo di radici
- Senza generazione, come un vuoto
- Il primo segno della tua vecchiaia
- Un pomeriggio immobile, arancione
- Un sigillo tentato, quasi innocuo
- Salire verso una definizione
- Nella misura di identità minima
- Tracce di ferro marcano il terreno
- Un cielo di centimetri, volatile
- Siamo spariti per un tempo breve
- Ritornando da luoghi non previsti
- Ricade il seme dell’imperfezione
- Dentro la consuetudine dei muri
- Per una conoscenza della linea
- Oltrepassare l’emisfero freddo
- Rivolto verso gli anni scoperchiati
- Fino all’attesa ricompensa d’acqua
- Chiusi nel confortevole congegno
- Tutte le insegne sono state esposte
- È il 1984
- La luminosità, riconosciuta
- Il tempo esatto di un’orbita intera
- Chi siamo quando il viaggio si conclude
- Senza conversazioni immaginarie
- Non è una religione ma una tecnica
- L’esperienza del taglio: l’esattezza
- Guardiamo fuori per sapere il giorno
- In comunione segreta e continua
- Tutto ancora davanti agli occhi, forse
- Ma ho chiamato amore qualcos’altro
- E il dettaglio si perde controsole
- Non c’è più niente di rinchiuso, qui
- Nell’incolumità degli anni luce
- Le immagini convergono, cambiate
- Il rifugio è invisibile da fuori
- La chiarezza dei giorni non si ferma
- Qualcosa nella stanza più lontana
- Un grado sopra il colore di fondo
- Piccoli segni di sostituzione
- Tutti i nomi coinvolti, sulla lingua
- Per ascoltare il crepitio dei muri
- Dentro un’eredità di scalfiture
- Ogni stato di luce ripercorso
- Nell’unico orizzonte del tuo corpo
- Chiuso dalla durata delle impronte
- Si tratta di frantumi in ogni caso
- Il dovere del tempo è una finzione
- Deposito di voci attribuite
- Conforto di macerie rinnovate
- Uscirne senza segni, senza nodi
- Nessuna cura per il desiderio
- Solo una serie di trasformazioni
- Il peso ininfluente delle ossa
- Tutto il lavoro per la vita incolume
- E per un crollo che avviene in silenzio
- Persone inesistenti, liberate
- Tracce organiche, come di parole
- Un bastione di cocci e terra nera
- Preparativi per il terraforming
- Un inabissamento controllato
- Identità pronta alla sparizione
- Fino a sentirsi bianchi, cancellati
- Dentro giorni affidati all’erosione
- Memoria delle mani in dissolvenza
- Qualcosa che hai lasciato da bruciare
- Da qui la vista è nuova, cambia il fuoco
- Canti della dorsale, sottopelle
- Viene alla luce l’era del distacco
- Giorni non veri scritti nella pietra
- L’ultimo pomeriggio di pulviscoli
- Dove non siamo mai nati davvero
- Il folto si interrompe all’improvviso
- Il sole impone di chiudere gli occhi
- Poi si prosegue sotto il cielo aperto
- Andando incontro a docili rovine
- La corona di carta sulla testa
- Vento ordinario, svuotato di voci
- Il luogo afferma la tua estraneità
- Con ogni movimento degli steli
- La pienezza si compie e muore subito
- Nel mondo percepito con le mani
- La casa non è stata mai finita
- Ora deve iniziare la discesa
- In direzione dell’iridescenza
- Considerando ogni filo impigliato
- Ogni microfrattura in superficie
4 risposte a “un endecasillabo al giorno #100 di Davide Valecchi”
beh diciamo che l’idea non è originalissima, anche se bellissima, complimenti! :)
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Grazie Gianluca :)
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Grazie a Davide per averci regalato i suoi tutti e cento endecasillabi.
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E’ stato davvero un piacere!
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