Le avventure dell’Allegro Leprotto – 1: Luna in cielo
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—Un giorno l’Allegro Leprotto decise di andare a vedere com’è fatto il cielo e, raccontata una bugia ai genitori per potersi allontanare da casa, si mise in cammino.
—Camminò per quasi una settimana scalando, un saltello dopo l’altro, la montagna più alta che c’è. Poco a poco sparirono gli alberi e i fiori, gli animali e i prati, e si trovò a scorticarsi i polpastrelli contro gli stuoli di rocce taglienti e fredde verso la cima.
—Finalmente giunto sul cocuzzolo stette da lì proteso verso il cielo, ormai vicinissimo, per diversi giorni e notti finché, stiracchiandosi e allungandosi più che poteva, non riuscì ad afferrare con gli zampini il bordo della volta celeste. Per qualche istante riprese fiato con la testa mezza dentro, issato in un buio che non capiva, e il sedere mezzo fuori, nel mondo normale fatto di luce e muoni; poi, con un ultimo sforzo, si slanciò ancora un po’ più su e capitombolò dentro a dietro il cielo. Fu come trarre un sospiro, gettare uno sguardo in tralice, e alla fine un piccolo “clac”.
—Seduto sul didietro, ancora intontito dalla rotolata che aveva fatto cadendo, si guardò intorno. Vide che dietro al cielo tutto è buio. C’erano solo il freddo e il niente.
—L’Allegro Leprotto capì che i pianeti e le stelle che vedeva brillare dal basso, quando nelle sere d’estate andava a rincorrere le lucciole nei prati invasi dal profumo del fieno appena tagliato, sono pietre che sprizzano luce verso la terra rotolando e stridendo in assoluto silenzio, come calcoli neri e pulsanti di cui traspare il ghigno se premuti contro la membrana che li chiude.
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—Io spero che ti scardini la vita.
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4 risposte a “Un inedito di Andrea Raos. Le avventure dell’allegro leprotto”
Bellissimo racconto.
(Se voli, se corri , se cadi
è l’ala, è il piede o è il caso
che porta il tuo vero a cadere
soltanto ad un palmo dal naso?)
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Qui è la lingua che si tiene con una diamantina e compatta disinvoltura. Può succedere di tutto in questa favola facile e vertiginosa. Tutto succede facilmente e vertiginosamente, perché Raos ha un modo tutto suo di lavorare l’italiano. E in questa prosa il godimento della lettura appare ancora più esplicito che nei testi poetici, dove la discontinuità delle immagini e la disarticolazione sintattica, esigono da parte del lettore più concentrazione. Qui la facilità della favola e della prosa fanno risaltare ancor di più il lavoro sottilmente straniante che riguarda ogni minima parte del testo.
L’unico problema è che io non vedo alcun conglio nell’immagine che illustra il testo, ma solo un’anitra. Una semplice, incongrua, imbarazzante, fuori d’argomento, di palo in frasca, anitra!!!!
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Ipotesi. “L’Allegro Leprotto capì che i pianeti e le stelle che vedeva brillare dal basso…” : chissà se per essere qualcuno che “vedeva dal basso” il leprotto non ruoti, con tutto se stesso di novanta gradi o un po’ di più, fino a mutare?
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Andrea, anche tu, cosa vuoi aspettarti dall’alleanza Raos/Mazziotta, però, se guardi bene, alla luce del sole, con la giusta inclinazione dello sguardo, ti accorgerai che questa è la famosa anitraleprotto, a quanto pare, non estinta.
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