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rimbaud, rimbaud, rimbaud di Patti Smith

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Dell’ossessione di Patti Smith per Arthur Rimbaud si sa da sempre. Si sa che fa soprattutto parte della sua formazione. Nell’arco della sua intera carriera non sono pochi i testi che la Smith ha scritto per il poeta francese: oggi su Poetarum Silva vengono proposti una lirica e un frammento video tratto da Dream of life, il film-documentario di Steven Sebring che scorcia una recente parte della vita della poetessa e artista statunitense. Domani pomeriggio posterò un altro testo che, data la lunghezza, merita uno spazio a parte. Rimbaud entra nei versi della Smith come figura iconica, e lei come amante trasognata (prima) e autrice riconoscente (poi) fa del corpo di Rimbaud qualcosa di irraggiungibilmente raggiunto dalla parola e dai sensi, in un gioco post-simbolista –forse– ma che si veste dei panni della poesia beat. Rendere omaggio al poeta francese è per la Smith dedicargli i versi spezzati e prosastici che qui leggiamo, di cui si apprezza il guizzo di un lessico legato alla tradizione e il perseguimento di una sconfinata musicalità. Parafrasando la poetessa Ida Travi, potremmo dire che Patti Smith è una “poetessa orale”, che aggancia la propria lingua a una lingua pensata per essere letta ad alta voce, una lingua che porta in sé qualcosa di ancestrale. Patti Smith, nella sua lingua sempre sulla soglia tra canzone e poesia, dispone il proprio apparato evocativo (molto filmico), dove l’occhio – un po’ surrealista– vede tutto e restituisce, in molte sequenze ed immagini, quelli che sono i desideri dell’inconscio, rendendosi partecipe della citazione rimbaudiana: «è falso dire: Io penso: si dovrebbe dire: mi si pensa. – Perdoni il gioco di parole. – IO è un altro.»

(c) Alessandra Trevisan

I am a widow. could be charleville could be anywhere.
move behind the plow. the fields. young arthur lurks about
the farmhouse (roche?) the pump the artesian well. throws
green glass alias crystal broken. gets me in the eye.

I am upstairs. in the bedroom bandaging my wound. he
enters. leans against the four-poster. his ruddy cheeks.
contemptuous air big hands. I find him sexy as hell. how
did this happen he asks casually. too casually. I lift the
bandage. reveal my eye a bloodied mess; a dream of Poe.
he gasps.

I deliver it hard and fast. someone did it. you did it. he falls
prostrate. he weeps he clasps my knees. I grab his hair. it
all but burns my fingers. thick fox fire. soft yellow hair.
yet that unmistakable red tinge. rubedo. red dazzle. hair of
the One.

Oh Jesus I desire him. filthy son of a bitch, he licks my
hand. I sober. leave quickly your mother waits. he rises.
he’s leaving. but not without the glance, from those cold
blue eyes, that shatters. he who hesitates is mine. we’re
on the bed. I have a knife to his smooth throat. I let it
drop. we embrace. I devour his scalp. lice fat as baby
thumbs. lice the skulls caviar.
bsp;
Oh arthur arthur. we are in Abyssinia Aden. making love
smoking cigarettes. we kiss. but it’s much more. azure.
blue pool. oil slick lake. sensations telescope, animate.
crystalline gulf. balls of colored glass exploding. seam of
berber tent splitting. openings, open as a cave, open wi-
der. total surrender.

dream of rimbaud in Witt, Gotham Book Mart, New York, 1973; anche in Babel (19741978) G. P. Putnam’s Sons, NYC e in Early Work, 1970 – 1979 (1994) W. W. Norton & Company, Inc. NYC.

***

Io sono una vedova. potremmo essere a charleville potremmo essere altrove. spingo l’aratro. i campi. il giovane arthur vaga nei pressi della fattoria (roche?) la pompa il pozzo artesiano. Lancia vetro verde alias cristallo rotto. mi colpisce ad un occhio.

Sono al piano di sopra. in camera bendo la mia ferita. lui entra. si appoggia al baldacchino. le guance d’un rosso vivo. aria sprezzante mani grandi. lo trovo diabolicamente sexy. come è accaduto chiede con noncuranza. con troppa noncuranza. io sollevo la benda, mostrando il mio occhio uno scempio sanguinoso; un sogno di Poe. lui afferra.

Io sbotto dura e veloce. qualcuno me l’ha fatto. tu me l’hai fatto. lui cade prostrato.lui piange lui abbraccia le mie ginocchia. Io gli afferro i capelli. per poco non mi bruciano le dita.fosforescenza folta. morbidi capelli gialli. ma con quell’inconfondibile sfumatura di rosso. rubedo. rosso baleno. capelli dell’Unico e Solo.

Oh gesù lo desidero. sporco figlio di un cane.mi lecca la mano. torno sobria. vattene subito tua madre aspetta. lui si alza. se ne sta andando. ma non senza l’occhiata, di quei freddi occhi azzurri, che ti frantuma. mio è colui che esita. noi siamo sul letto. gli tengo un coltello alla gola liscia. lo lascio cadere. ci abbracciamo. divoro la sua capigliatura. lendini grassi come pollici di fanciullo. lendini il caviale del cranio.

Oh arthur, arthur. noi siamo in Abissinia Aden. facciamo l’amore fumiamo sigarette. ci baciamo. ma è molto di più. azzurro. azzurro stagno. lago lucido d’olio. telescopio di sensazioni, animato. palle di vetro colorato scoppiettanti. giuntura di tenda berbera che si lacera. aperture, aperte come una caverna, ancora più aperte. resa totale.

**in Il sogno di Rimbaud, Einaudi, Torino, 1996 a cura di Massimo Bocchiola, a cui si deve l’efficacia della resa in italiano. Qui con variazioni mie.

Una replica a “rimbaud, rimbaud, rimbaud di Patti Smith”


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