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Francesco Tomada, Poesie da “Affrontare la gioia da soli”

 

da Il mare in transalpina

I. STAZIONE TRANSALPINA, 22.30 PM

Ha bevuto almeno quattro calici di bianco
poi si è messo a camminare traballando
verso un prato buio e un palazzone popolare
forse ad aspettarlo c’è una solitudine più grande
rispetto a quella di adesso

sui binari solamente un treno merci fermo e
due carrozze graffitate senza passeggeri con le luci spente

qui vicino la panchina dove
è morto Adelmo in overdose di metadone
conosciamo bene sua madre
o meglio quello che ne resta

ma tu
tu stringimi la mano
se vogliamo credere che ci sia qualcuno a casa
di quell’ubriaco che lo svesta e lo perdoni
che ad Adelmo sia spettato un paradiso di colore
verdeazzurro come l’acqua dell’isonzo
stringimi la mano fammi forza
che per tutte queste lampade appese alle colonne
con la plastica a forma di conchiglia
tocca a noi di immaginarci un mare

 

IV. NON VOLEVO PIÙ PARLARE DI MIA SORELLA

Adesso vorrei scordarmi di lei
e basta

ma tutti mi dicono sempre
che era più allegra di me
e questa mia piccola testa di uomo
contiene poche cose ma quelle
mi girano dentro e non escono più

per dimenticarla più in fretta
sulla sua tomba non ho portato nemmeno un fiore
ma poi in primavera ne sbocciano ovunque a migliaia

non è solamente per via della neve
che preferisco l’inverno

 

da Figure, nomi

III.

Quella maglietta dell’Original Marines
che avevo messo nel sacco per la Caritas
l’ho vista oggi indosso a un rifugiato
era in mezzo ad un gruppo dove tutti
scherzavano e ridevano forte
e anche lui rideva

un altro me
però felice

serviva che venisse un ragazzo da lontano
attraversando illegalmente le frontiere
per mostrarmi
cosa posso diventare

 

VIII.

Chiedersi perché
le farfalle non vanno mai diritte
ma seguono tracce spezzate
frastagliate
senza senso

rispondersi da soli:
se oggi mi scoprissi capace di volare
io mi riempirei di spazio e aria
se la vita durasse soltanto tre giorni
non butterei il mio tempo
per decidere una rotta

se proprio si deve morire così in fretta
che sia per troppa gioia
che sia per troppo vento

 

da Sono stato il padre di mio padre

IV.

Ho fatto da padre a mio padre
forse ci siamo invertiti di posto
per capire se almeno così
poteva funzionare

io lo ho tenuto fermo di forza nel letto
quando cercava di alzarsi ma non ci riusciva
lui ha provato a colpirmi
mi sono lasciato insultare e
l’ho pulito quando ormai da pulire
restava soltanto la pelle attaccata alle ossa

e poi un giorno mi ha detto
io per te non avrei mai fatto questo
non so davvero non so
però da qualcuno devo avere imparato

 

© Francesco Tomada, Affrontare la gioia da soli, Pordenonelegge – Samuele Editore 2021

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