«Una strana amicizia, i libri hanno una strana amicizia l’uno per l’altro. Se li chiudiamo nella mente di una persona bene educata (un critico è soltanto questo), lì al chiuso, al caldo, serrati, provano un’allegria, una felicità come noi, esseri umani, non abbiamo mai conosciuto. Scoprono di assomigliarsi l’un l’altro. E ognuno di loro lancia frecce, bagliori di gioia verso gli altri libri che sembrano (e sono e non sono) simili. Così la mente che li raccoglie è gremita di lampi, di analogie, di rapporti, di corti circuiti, che finiscono per traboccare. La buona critica letteraria non è altro che questo: la scoperta della gioia dei libri che si assomigliano». Mario Praz

Il demone dell’analogia #36: Finestre
POGGIO REALE
Una breve finestra nel cielo tranquillo
calma il cuore; qualcuno c’è morto contento.
Fuori, sono le piante e le nubi, la terra
e anche il cielo. Ne giunge quassù il mormorio:
i clamori di tutta la vita.
La vuota finestra
non rivela che, sotto le piante, ci sono colline
e che un fiume serpeggia lontano, scoperto.
L’acqua è limpida come il respiro del vento,
ma nessuno ci bada.
Compare una nube
soda e bianca, che indugia, nel quadrato del cielo.
Scorge case stupite e colline, ogni cosa
che traspare nell’aria, vede uccelli smarriti
scivolare nell’aria. Viandanti tranquilli
vanno lungo quel fiume e nessuno s’accorge
della piccola nube.
Ora è vuoto l’azzurro
nella breve finestra: vi piomba lo strido
di un uccello, che spezza il brusìo. Quella nube
forse tocca le piante o discende nel fiume.
L’uomo steso nel prato dovrebbe sentirla
nel respiro dell’erba. Ma non muove lo sguardo,
l’erba sola si muove. Dev’essere morto.
da Poesie di Cesare Pavese
LE FINESTRE
In queste tenebrose camere, dove vivo
giorni grevi, di qua di là m’aggiro
per trovare finestre (sarà
scampo se una finestra s’apre). Ma
finestre non si trovano, o non so
trovarle. Meglio non trovarle, forse.
Forse sarà la luce altra tortura.
Chi sa che cose nuove mostrerà.
Τα παράθυρα
Σ’ αυτές τες σκοτεινές κάμαρες, που περνώ
μέρες βαρυές, επάνω κάτω τριγυρνώ
για νά βρω τα παράθυρα. – Όταν ανοίξει
ένα παράθυρο θάναι παρηγορία. –
Μα τα παράθυρα δεν βρίσκονται, ή δεν μπορώ
να τά βρω. Και καλλίτερα ίσως να μην τα βρω.
Ίσως το φως θάναι μια νέα τυραννία.
Ποιός ξέρει τι καινούργια πράγματα θα δείξει.
da Poesie di Costantino Kavafis
(traduzione di Filippo Maria Pontani)
Quel lato del monastero era contiguo a una casa abitata da un giovine scellerato di professione. Il nostro manoscritto lo nomina Egidio, senza parlar del casato. Costui, da una sua finestrina che dominava un cortiletto di quel quartiere, avendo veduta Gertrude qualche volta passare o girandolar lì, per ozio, allettato anzi che atterrito dai pericoli e dall’empietà dell’impresa, un giorno osò rivolgerle il discorso. La sventurata rispose.
da I promessi sposi di Alessandro Manzoni