Appunti di poesia contemporanea
A cura e con la traduzione di Alexandra Zambà
#6: Elena Toumazi – Rebelina
Elena Toumazi, nome letterario Rebelina (Έλενα Τουμαζή – Ρεμπελίνα), proviene da Famagosta di Cipro, città occupata dai turchi dal 1974. Dopo il liceo ha studiato a Ginevra, Psicologia Sperimentale per l’Infanzia. Per un breve periodo ha lavorato alla radio e televisione a Cipro. Nel 1980 ha frequentato a Parigi un seminario di scrittura femminile presso l’Università di Vincennes che influenzò significativamente la sua produzione poetica. Dal 1982 vive e scrive a Limassol di Cipro.
Ripercorrendo la scrittura di Elena Toumazi, incontriamo una delle voci poetiche più importanti della poesia greca moderna, ma anche in generale della poesia contemporanea. Dal suo primo libro La piccola talpa e il sole (Famagosta, 1972), alla Liturgia del presente morto (Nicosia, giugno 1974 [un mese prima dell’ invasione turca]), ai successivi libri dopo il trauma dell’invasione della parte Nord dell’isola di Cipro e la perdita della sua città, I corpi di Chrysothemis dopo la sua decapitazione pubblica alla fine del XX secolo d.C. (Nicosia 1977), Variazioni per la Terra (Atene, 1981), Respiri di vero nome. Composizione di versi di poeti scelti e brani tratti dalle fiabe (Limassol, 2008, Limassol), Vieni (Limassol, 2011), Marginalia, due voci femminili (Limassol, 2016), in collaborazione con la poeta cipriota Mona Savvidou Theodoulou (Μόνα Σαββίδου Θεοδούλου). Dall’ultimo libro ha scritto molte poesie pubblicate in riviste o nel web. Degni di nota i suoi disegni che corredano i suoi libri.
Elena Toumazi è autrice di poesie metabolizzate dalla vita intrisa di inconsolabile dolore e disagio psichico. In una intervista a Natalia Figueroa nel 2017, pubblicata in Spagna, la Toumazi, narra la sua esperienza di poeta: «… Il 1974, per noi ciprioti è una data paragonabile a quando qualcuno si riferisce a “prima e dopo di Cristo”… lo shock dell’invasione è stato cosi forte che sento ancora la sua risonanza nelle viscere. Tutto quello che sapevamo prima, oramai era inevitabilmente registrato ed espresso dal dolore delle nostre anime. La ferita è generale e non c’è una sola persona che ha vissuto quel periodo che non sia stata colpita dall’angoscia… e quando tu sei poeta la cosa diventa molto più complicata. La poesia prova a organizzare le parti frantumate della tua anima, attraversa la strada di una possibile risposta che ti aiuta a sopportare l’assurdità della violenza e l’ansia che ti procura. Una sofferenza profonda che si paga con una progressiva ipersensibilità. È quasi impossibile per me dare una spiegazione fredda, lucida e logica, rendere comprensibile cosa rappresenta per me oggi quella terra invasa, quella città perduta. Potrei forse paragonare il dolore dell’assenza, l’intensità dello smarrimento, il disorientamento temporale e spaziale, con il dolore immaginario perdurante dell’amputazione di una gamba, di una mano… sì, forse. Dal 1974, si trovano tracce di quella ferita in quasi tutti i poeti ciprioti. Anche nella mia poesia. Ora vivo a Limassol, nella parte sud di Cipro. Per fortuna c’è il mare, in tutti questi anni difficili, se non ci fosse il mare, se non mi circondasse, sarei stata già morta. Vivere su un’isola isolata, con tanti problemi irrisolti, è una cosa terrificante e profondamente claustrofobica. Per fortuna il mare ci ripaga e gliene siamo grati. Il mare è tutto: sorgente di vita, libertà, apertura, immensità, trasparenza, luogo del desiderio, dell’amore, della nascita, infine una promessa di rinascita, una promessa profondamente curativa! Mi sento parte di una tradizione poetica femminile, ma in un senso del tutto intuitivo e archetipico. Quello che voglio dire è che non ho dietro di me una linea di poeti ciprioti con cui mi rapporti nei temi e nello stile, con una certa continuità.»
In altre parole, le poesie di Elena Toumazi si formano in condizioni sociali, nazionali ed esistenziali estremamente difficili e danno voce ad un io lirico femminile. Mettono a nudo i meccanismi egemonici funzionali all’isolamento ed emarginazione delle donne e rivelano la sua limpida vocazione etica e civile. Tutte le sue poesie fanno parte di un insieme organico che scaturisce direttamente dal suo inestinguibile desiderio di libertà e di genuina espressione poetica. In effetti, la poesia di Elena Toumazi si esprime con grande forza visiva e prende in esame l’essenza della femminilità in tutte le sue espressioni, legata stretta tra il personaggio, la sua interiorità e il paesaggio esterno. Dominano paesaggi interni di inesplorata profondità ed altri esterni, soprattutto marini, con flutti dell’acqua che risuonano il mistero femminile, come simbolo primordiale di una realtà primigenia. Poesie che si esprimono all’interno di uno stile fondamentalmente lirico:
Penetra indisturbato
e fa vibrare
Le pareti del mio utero
Il mare vigoroso
Innaffiando
la sua antica memoria
ossigeno
Le sue poesie, in alcuni casi, ricordano antichi canti di donne in riva al mare, canzoni di bimbi, echi di canti tradizionali, in contrapposizione a una straordinaria innovazione nell’uso delle parole, e di là dalle parole, in una geografia, dove suoni e immagini si aprono in un luogo non luogo che parla alla nostra anima. La poeta governata da rotture e crepe riesce a trovare l’unità interiore, comprendere questioni universali e senza tempo, diventare una donna. un essere che osa affrontare il mondo dominato dagli uomini. In altre parole, in una vasta rete di corrispondenze le sue poesie formano un insieme organico affiatato che deriva direttamente dal suo desiderio inestinguibile di libertà. Poesie con visioni di angeli dagli “occhi belli” ma dal “corpo pesante come il ferro”, di persone che chiudono la strada con “l’immagine del paradiso/ disegnata sulle palpebre”, di un qualche demone che “con fragore ride” o mangia “capelli credendoli malva”… la poeta con puri accenti poetici tuttavia proclama, come sua “unica patria”, la Bellezza:
Così come invisibile t’imbuchi
e spericolata
in uniforme da partigiano
nella fessura schizoide del mondo
Apri
1.
“Ομορφιά
είσαι η μόνη μου πατρίδα
Έτσι όπως τρυπώνεις αόρατη
και ριψοκίνδυνη
με τη στολή του αντάρτη
στη σχιζοειδή ρωγμή του κόσμου
Ανοίγεις
πέλαγο λευκό
για να περάσω
Bellezza
sei la mia unica patria
Così come invisibile t’imbuchi
e spericolata
in uniforme da partigiano
nella fessura schizoide del mondo
Apri
candido mare
per farmi passare
da Vieni, edizioni Afe (Αφή,2011)
2.
Εισχωρεί ανεμπόδιστη
και δονεί
Τα τοιχώματα της μήτρας μου
Η θάλασσα η θαλερή
Ποτίζοντας
την αρχαία της μνήμη
οξυγόνο
Penetra indisturbato
e fa vibrare
Le pareti del mio utero
Il mare vigoroso
Innaffiando
la sua antica memoria
ossigeno
3.
Κυματα αστραφτερα
Σφραγιζουν απαλα
την αρνημενη μητρα
Scintillanti onde
Sigillano delicatamente
l’utero sconfessato
4.
Κοσμήματα από άχρηστες λέξεις βαραίνουν το κορμί σου
περπατώντας˙
ντύνεσαι προκλητικά το θάνατό σου και
φοβάσαι
αυτό αυτό αυτό
το λουλούδι
τα πέταλά του έχουν τις παραστάσεις
των πολλών του θανάτου
ίσως και
του δικού σου
Να περπατήσης
να φύγης γυρεύοντας πιο δακρυσμένες πεδιάδες
να ψηλώσης
να πνιγής στο ουράνιο ποτάμι
να περπατήσης
ξυπόλητος να περπατήσης χωρίς
ξεκούραση
χωρίς ξεκούραση
προς τα δάση των κομμένων χεριών
προς τις λίμνες των σκισμένων ματιών
εκεί που κυβερνούν οι άσπροι γλάροι
Monili di parole inutili pesano sul tuo corpo
camminando;
ti vesti provocatoria della tua morte e
hai paura di
questo di quello e di quell’altro
il fiore
i suoi petali portano le rappresentazioni
della morte di molti
forse anche
della tua
Camminare
fuggire cercando pianure più sofferte
innalzarti
annegare nel fiume celeste
camminare
scalzo camminare senza
riposo
senza riposo
verso le foreste delle mani mozzate
verso i laghi degli occhi lacerati
là dove governano i gabbiani bianchi
da La piccola talpa e il sole, 1972
5.
ΔΙΑΒΟΛΗ
Ζήτησα ένα σώμα
λαχτάρησα ένα σώμα
Άφησα τον μαγνήτη της πείνας
να με ρίξει απάνω του
Βούλιαξα ηδονικά
μέσα στις πρώτες
άγριες φτέρες
του Θεού.
Εκεί
με βρήκε
ο συριγμός
του απόκρημνου.
Έτσι πέφτει ο κόσμος
Με μια σπαθιά στο βλέμμα
που τυφλώνει
σαν ράχη φιδιού στον ήλιο
ρουφώντας στην τρικυμισμένη ίριδα
τα καράβια
μαζί με τις ακτές του παράδεισου.
CALUNNIA
Ho chiesto un corpo
ho desiderato un corpo
Ho lasciato che il magnete della fame
Mi gettasse su di lui
Sprofondai voluttuosamente
entro le prime
felci selvatiche
di Dio.
Là
mi ha trovato
il fischio
dell’arduo.
Così crolla il mondo
Con una sciabolata sullo sguardo
che acceca
come la schiena di un serpente al sole
succhiando con la burrascosa iride
le navi
insieme alle rive del paradiso.
6.
ΤΕΦΡΑ
Τέφρα το φεγγάρι
προτού αποκαλυφθεί το κρυφό πηγάδι του νερού.
Πεδίο μουγγής σφαγής
Το όνειρο ξαπλωμένο στη γκρίζα σκόνη της καρίνας
αφήνει το οξυγόνο να ξεψυχάει σιγά-σιγά
στο αναποδογυρισμένο ταξίδι.
Μια σφαίρα από στάχτη
χωρίς θεούς
διψασμένη για ωμή σάρκα.
Ω ομορφιά, ω απαλοσύνη, ω φαιδρότης!
Ω θέρμη των φτερών που ο έρωτας ξεδιπλώνει σε απεραντοσύνη
Τι σε ξεγελά τόσο κατάφωρα;
Τι σε τυφλώνει φως
τη στιγμή ακριβώς που σκορπάς χρυσόσκονη στην καρδιά του αγαπημένου;
Το φεγγάρι, η έρημος, οι παραισθήσεις της δίψας σου;
Ποιος είναι αυτός που αγκαλιάζεις και εμπιστεύεσαι…
ποιος είναι αυτός που νομίζεις ότι σε βλέπει, ότι σ’ ακούει, ότι σου μιλά;
CENERE
Cenere la luna
prima che fosse scoperto il segreto pozzo dell’acqua.
Scena di muta macellazione
Il sogno sdraiato sulla grigia polvere della chiglia
lascia l’ossigeno spirare lentamente
nel viaggio rovesciato.
Una sfera di cenere
senza dei
assetata di carne cruda.
Oh bellezza, oh dolcezza, oh gioia!
Oh calore delle ali che l’amore dispiega nella vastità
Cosa ti inganna così sfacciatamente?
Cosa ti acceca di luce
nel momento esatto in cui spargi polvere d’oro nel cuore dell’amato?
La luna, il deserto, le allucinazioni della tua sete?
Chi è colui che abbracci e ti fidi…
Chi è colui che pensi ti veda, che ti sente, che ti parla?
7.
ΑΝΕΚΑΘΕΝ
Έπρεπε να κρυφτείς.
Να ντυθείς προβιά σφαγμένου κτήνους.
Να μεταμφιεστείς σε πρόσφυγα
ικέτη γης και ύδατος
για να μπορέσεις
να τρυπώσεις αόρατος στην πόλη σου
στην αγάπη σου
στη ζωή που σου αρνούνται οι σφετεριστές.
Μονάχα το σκυλί σύρθηκε στα πόδια σου
τα ξέπλυνε με τα δάκρυά του
και ξεψύχησε.
Τα βέλη στη φαρέτρα αστράφτουν
στην αχτίδα που χαϊδεύει
άξαφνα
τον γυμνωμένο ώμο σου.
SEMPRE E IN OGNI LUOGO
Hai dovuto nasconderti.
Vestirti col vello di una bestia uccisa.
Travestirti da rifugiato
mendicare terra e acqua
per poter
invisibile penetrare nella tua città
dalla tua amata
alla vita che gli usurpatori ti negano.
Solo il cane strisciò ai tuoi piedi
li ha lavati con le sue lacrime
e morì.
Le frecce nella faretra brillano
nel raggio che accarezza
improvviso
la tua spalla denudata.
8.
Ο ΑΡΓΟΣ ΧΡΟΝΟΣ
που ωριμάζει και βαθαίνει
που μορφοποιεί και οριοθετεί
που ελευθερώνει
τον ρυθμό.
Ο χρόνος των βουνών
και των αρχαίων δέντρων
της χελώνας και των κυμάτων.
Του φιλιού και του χαδιού
στην αχανή παραλία του κορμιού σου.
IL TEMPO LENTO
che matura e approfondisce
che forma e delimita
che libera
il ritmo.
Il tempo delle montagne
e degli alberi secolari
della tartaruga e delle onde.
Del bacio e della carezza
sull’immensa spiaggia del tuo corpo.
9.
ΠΡΟΣΕΥΧΗ
Δέντρο
δίδαξέ με
τη γυμνότητα σου.
Δίδαξέ με το ρίζωμά σου
δίδαξέ με το πείσμα σου
δίδαξέ με την οικονομία σου
δίδαξέ με την πληρότητα σου.
Έστω
κι αν μ’ έχουν πετσοκόψει
τα τσεκούρια τους.
Κάτι πρέπει να έχει απομείνει
κάτι να αντέχει ακόμα
για να με συγκινείς τόσο…
PREGHIERA
Albero
insegnami
la tua nudità.
Insegnami con il tuo radicamento
insegnami con la tua testardaggine
insegnami con la tua economia
insegnami con la tua maturità.
Anche
se mi hanno fatto a pezzi
con le loro asce.
Qualcosa deve essere rimasto
qualcosa che ancora resiste
per commuovermi così tanto…
da: Marginalia due voci femminili, 2016
10.
ΑΤΙΤΛΟ 4
Κάποτε ένα βλέμμα βαθύ
θα με επισκεφθεί ξανά.
Το γνωρίζω.
SENZA TITOLO 4
Una volta uno sguardo intenso
mi visiterà di nuovo.
Lo so.
da: Marginalia due voci femminili, 2016