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Simonetta Sambiase, Borea

Simonetta Sambiase, Borea
Terra d’ulivi edizioni 2021
Nel segno del duale: Borea di Simonetta Sambiase
di Anna Maria Curci

«Due mondi – e io vengo dall’altro»: questo verso che si ripete in Diario bizantino di Cristina Campo costituisce una affermazione che colloca provenienze e disposizioni, una affermazione che non preclude la precisione dello sguardo e del dire e che tuttavia introduce ad altri ritmi, altri colori, altri toni nel profondo. È una affermazione che mi sembra particolarmente calzante per Borea di Simonetta Sambiase.
Già nel titolo, Borea, si schiude l’accesso, ancor prima all’universo poetico di questa raccolta, all’immaginario di chi legge: Borea come vento del nord, come emisfero settentrionale, come figura mitologica, punto di riferimento per l’avvicendarsi delle stagioni: «ah Borea, Borea» ricorre due volte nel componimento finale della prima parte della raccolta, con un effetto duplice, quello di segnare il passaggio, di marcare il preludio a «un nuovo perimetro del caos», e quello di far brillare le polveri, di “incendiare” le parole nella cassa di risonanza di chi legge, di sollecitare connessioni.
Le due parti che compongono la raccolta, intervallate da Fiato (intermezzo pandemico), hanno nomi che recano il segno del duale: (I – Di giorno, lavoro e gironi di contorno) e (II – Di notte, perdono e filastrocche). Sono due dimensioni che si danno il cambio, con cadenza regolare. Senz’altro complementari, esse si presentano come l’una opposta dell’altra, l’una l’ombra dell’altra, due emisferi, appunto.
Eppure è nel dilatarsi improvviso di quei cambi della guardia, nell’estendersi della zona grigia di confine (Zona grigia di mattina titolava Durs Grünbein una sua raccolta nel 1988), nelle trame espressive e nell’insinuarsi di sfumature cromatiche da una dimensione all’altra, che la parola dell’io poetico femminile e del suo interlocutore, indicato con il pronome alla seconda persona singolare (un sé maschile in dialogo con il sé femminile? un altro da sé?), dispiega il suo contrappunto. Già la seconda strofa del testo che apre la raccolta dà prova mirabile del coesistere di istanze e tensioni contrapposte:

Azzurra tempesta è un giorno come un altro
una notte e l’altra sua ombra      di notte      prende aria perde cuscini spegne i confini
fra poco, il mattino apre gli occhi e le abitudini
mentre tu prosegui sveglia
dove non ci si incontra non ci si libera non ci si riconosce non ci si fiata.

Il «fra poco» addita l’area di confine di dimensioni indefinite e mutevoli, ma già il mattino avanza là «dove non ci si libera», nella zona di attrito,  contrasto, scontro, con la notte del «perdono», delle ballate, del canto di sirena che «spegne il sogno», del rosso che infiamma. L’obiettivo della produttività, il principio di piacere come saccheggio, ancor più che come consumo, dell’intangibilità altrui, avanza, di corsa, o a singhiozzo tra semaforo e semaforo, tra ingorgo e ingorgo. Nel «lunedì dei pensieri fertili», uno dei «lunedì occidentali», così come in «Borea», è lecito riconoscere una collocazione geografica e culturale che si affianca a quella dell’emisfero boreale suggerito dal titolo.
Anche in questo caso, tuttavia, nel segno del duale, ai «lunedì occidentali» si alternano e si oppongono, completando i giorni e le notti su questa «Terra di baraonde e mare», i «venerdì che profumano di cumino».
La singolarità della poesia di Simonetta Sambiase, così come si è manifestata in forme convincenti nelle precedenti raccolte Coniugazione singolare e L’ingombro, si conferma in Borea, che amplifica la visione e, passando per la dualità come unione di contrapposizione e di dialogo, accoglie non solo una pluralità di accenti, bensì anche l’emergenza pandemica come manifestazione di un fiato spezzato, costretto, imbavagliato e imbracato. Fiato, però, e dunque ancora, per non forzata associazione, alito, soffio vitale, vento. Borea.
La notte arriva, dunque, al termine di ogni giorno, e sarà preludio a un nuovo giorno. Si anima, libera il canto, sprigiona il sogno, scatena la passione, nutre l’abbraccio d’amore e resta, ciononostante – ecco la dualità come contrapposizione e dialogo, complessa e dinamica complementarità – presagio della caduta delle cadute, figura dell’apocalisse, ancora duplice segno di fine del mondo e di rivelazione.

© Anna Maria Curci

 

Una replica a “Simonetta Sambiase, Borea”

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