
Come il Bamboccio
Mi hai confuso con Pieter van Laer, detto il Bamboccio.
Ho baffetti arricciati e il viso rotondo,
è vero, ma sono meno malconcio
e non mi terrificano artigli di mostro.
Non farmi passare per quel che non sono.
Ho paura di altro: sobbalzo
nel bagno di un bar quando il tuono
dell’asciugamani elettrico mi coglie allo specchio
da solo. Tremo come un fifone
se penso agli incolmabili screzi,
alla farsesca finzione, alla veemenza da accusa,
alla prepotenza, all’incomprensione.
Fiducia del venerdì
Può un canto cucire il cielo strappato?
Ho visto in alcuni ragazzi al corteo
(di quelli sulla scorta di Greta)
l’entusiasmante scoperta
di poter farsi sentire, la voglia
di agire, di essere attori del mondo.
Nasceva lì quel briciolo di utopia,
che sotto il ciglio germoglia come una cispa,
la lente invisibile che fa variare diottria.
Perenne cicatrice dell’occhio,
germinazione poetica,
felice condanna
concreta
e incorporea.
(2019)
Resto ingenuo
Quanto lavoro per scalfire l’innata
ingenuità da gran boccalone.
Però che bella la meraviglia, maliosa marea
in cui nàufraga ogni merore.
Botta e risposta
– Vale la pena?
Lo sai, devi spaccarti il tafanario,
rincorrere il millesimo secondo,
aggobbirti di più di un dromedario,
se vuoi esser felice a questo mondo.
– Sì
Vivi la vita che s’innesta
nella tua quotidianità e benedicila.
Vi è tanta bellezza
nell’estrema certezza che l’insolito
si unisce al consueto, non casualmente,
necessariamente, senza tregua.
Dialogo con Panza
«Consolati, Panza»,
come Don Chisciotte ripeto
ogniqualvolta la dieta fallisce
e la pinguedine avanza.
Anch’io come lui
sarò fedele al mio cavalierato:
non rinnegherò nulla di quello che ho mangiato.
Vignanotica
La tua roccia svetta
come una cattedrale gotica,
sulla costa garganica
brilla la tua luce bianca e si sposa
con la specchiera verde acqua del mare.
Tutto intorno è un frinire di cicale.
Nella tua baia mi sono tuffato
con Monica. I sassolini che strusciano
sotto i nostri piedi ora sono roventi.
Camminiamo lungo il tuo muro di roccia,
lungo ogni tua grotta
in cerca proprio di quella
in cui scattammo la foto la prima volta
nel duemilaotto.
Ora ho una moglie. L’ho condotta con me
in Puglia un’estate. Ha visto il Gargano,
brullo e severo guardiano del mare,
così diverso, senza alcun fronzolo,
dai suoi verdissimi colli sul Metauro,
ed è qui che mi ha voluto sposare.
Camminiamo lungo il tuo muro di roccia,
guidati a ogni passo dal ricordo.
Chissà quale sarà quella grotta.
Quei dodici anni sono dentro di noi
inabissati, come onde riaffiorano ai lidi
dei nostri volti, già molto diversi.
Riscattiamo la foto. Tu mi tocchi l’anello
e sorridi. Io penso al tuo nome,
Vignanotica
della mia Monica:
chiarità, trasparenza, gioiello.
(2020)
Confesso
I miei amici mi chiamano Umbertino.
Ma va anche bene Vanesio Malvolio.
Ho messo a fiori rossi un cravattino
e arriccio i baffi con spazzola e olio.
Prima che esca, però, se non vi spiace,
sulla mia testa, invece del cappello,
porrò il segno diacritico dell’háček
(“Memento di riaccendere il cervello”).
Umberto Brunetti (Foggia 1989) è dottore di ricerca in italianistica presso l’Università di Macerata e insegna italiano e latino al Liceo Scientifico di Pesaro. A Urbino è stato fondatore dell’associazione culturale La Resistenza della Poesia nel 2010 e del Centro Teatrale Universitario Cesare Questa nel 2016. È studioso della poesia di Angelo Maria Ripellino, di cui ha curato il commento alla silloge Lo splendido violino verde (Artemide edizioni, 2021) e, con Antonio Pane, il volume Iridescenze (Aragno 2020), che raccoglie tutte le recensioni e le note di argomento letterario dello scrittore siciliano. È autore di un poemetto in terzine intitolato Urbineide (Raffaelli editore 2017) e alcuni suoi inediti sono apparsi sulla rivista La Resistenza della Poesia e online su Atelier.