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Beati gli inquieti, soprattutto oggi

Stefano Redaelli, Beati gli inquieti
NEO. edizioni 2021

Faccio pubblica ammenda a Stefano Redaelli e alla NEO. Edizioni per la tempistica con cui rendo pubblica questa mia recensione. Quando iniziai a scriverla parecchi mesi fa, le giornate andavano avanti secondo una costante predisposizione alla tutela dall’altro, per cui anche l’uscire di casa e il rientrare nel mondo seguivano una logica inquieta di correzioni e adeguamenti gestuali che mi portavano immediatamente a cercare una conferma vitale nella presunzione di “sanità” mentale. Mi intimoriva quindi entrare nella narrazione dell’esperienza di Antonio ricercatore universitario che chiede di poter soggiornare nella Casa delle Farfalle, struttura psichiatrica che ospita Carlo e Simone, compagni di stanza di Antonio; Angelo, l’artista, il curatore, il perseguitato e poi la poetessa Cecilia e la seducente bella Marta. Mi intimoriva parlarne nonostante le necessità per così dire editoriali (eravamo in tempi di Premio Strega e Beati gli inquieti era tra le prime candidature, come capita spesso alle produzioni NEO) perché ognuno di queste persone rappresentavano un possibile incontro, una possibile faticosa interazione e comunicazione.
Parlare della follia, raccontarla è sempre una sfida interessante tra lessico e struttura, tra parole e senso comune, un allontanarsi dalla grammatica del quotidiano e un percorrere accidentale i tracciati neuronali delle persone come logica di appartenenza al mondo e non come disguido o difetto. Stefano Redaelli sa districarsi in una narrazione che può essere tranello (quanto poco ci vuole veramente per descrivere un matto?) e costruisce un romanzo attraverso uno scavo profondo nella banalità della routine medicalizzante e la ritualità dei gesti, dei bisogni.  Attenzione però a non cercare rifugio negli eventi, negli episodi dirompenti perché sono logica contestuale di un percorso, più accidentale che incidentale. La Messa, il gioco dei triangoli, le improvvise rivelazioni, il finale stesso; tutto è in nuce fin dall’incipit. Proprio per questo i matti spaventano, perché non ti rivelano nulla di nuovo: prevedono e sibillini ti avvisano guidandoti verso una fine nota.
Beati gli inquieti allora, coloro che non temono un finale forse prevedibile, ma proprio per questo assolutamente coerente e forse l’unico che oggi ancora siamo in grado di accettare.
Soprattutto oggi.

© Iacopo Ninni

 

 

Una replica a “Beati gli inquieti, soprattutto oggi”

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