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Vincenzo Mirra: per approdi d’isole e cuori (di Chiara Catapano)

Vincenzo Mirra: per approdi d’isole e cuori
Isole (2016; ristampa 2017), Sursum corda (2018), AUGH Edizioni
di Chiara Catapano

Ognuno procede nel proprio arcipelago di sogni, compromessi, delusioni, ripartenze. Ognuno traccia la rotta del proprio “dramma” (volendo restituire alla parola l’antico significato originale di azione), spesso navigando a vista, lasciandosi sorprendere dall’improvviso aprirsi dell’orizzonte davanti a sé, o dallo schiudersi di un piccolo golfo, lì dove t’aspettavi di vedere una nuda e liscia parete di roccia. Nel buio della notte, che non è mai nera, giungerà allora uno scampanellio né lontano né vicino: forse un gruppo di capre che risale il crinale, lì alla nostra sinistra, oppure il richiamo a noi stessi e alla memoria, che s’arrampica più in là e ci saluta, benedicendo la nostra navigazione.
A volte capita di incrociare altre rotte: il proprio arcipelago è in parte condiviso da viaggiatori arditi, che accettano la solitudine nel canto delle onde, l’abbracciano, e scivolano silenziosi nello sciabordio leggero dello scafo in un mattino di giugno.
Così può accadere, sfogliando le carte di navigazione di qualcuno che credevamo essere noi, di vedere riflesso nelle acque un volto. Il nostro volto, ma dipinto da altri nella nostra storia.
Ho preso in mano Isole e Sursum Corda – Ad Ovest dei Versi, di Vincenzo Mirra, persuasa che avrei navigato sicura, attraverso la narrazione, al riparo da me stessa. Mi sono invece ritrovata ad ogni svolta, dovendo ammettere alla fine che non avevo fatto altro che leggere di me.
Vincenzo ha questa capacità di veicolare nel suo verso cristallino le qualità dell’umano che l’umano nasconde a sé stesso: è della polpa più tenera, di quella più vulnerabile agli elementi ch’egli ci parla. Parla del cuore, parla al cuore. E transita in quel momento d’imbarazzo, cui l’uomo non riesce a restituire spesso la dignità di un riconoscimento: un saluto e un abbraccio alla propria bellezza e unicità, nelle difficoltà come nella gioia.

Partiamo dunque, in questa nostra narrazione, da quell’istante: il luogo putativo, dove l’uomo trovò una volta il coraggio di guardarsi, riflesso in sé stesso e da nessun’altra parte, o quello che Mirra chiama “Il coraggio di Due”, in Sursum Corda – Ad Ovest dei Versi. Quel Due, che lui inserisce ne “Il verso cardinale degli occhi”, il Nord: capacità inesausta di guardare lì dov’è l’altro, capacità di mantenere lo sguardo anche nell’incomprensione, capacità di essere lo sguardo che fermerà nel momento d’imbarazzo la fuga da sé, il timone e la navigazione assieme.

Dentro le ore

Non dentro di me,
non dentro di te

ma dentro il tempo;

io ti vorrei dentro le ore
non importa di quale giorno o di quanti giorni,

ma dentro le ore.

 

Il coraggio dei verbi e dei versi

Tutto quello che spinge un uomo a rivelarsi
qualunque cosa sia, quella è poesia;

no, non è mai banale credere
nell’amore,
ci vuole coraggio,
ci vuole cuore.

Isole è la mappatura dei mille percorsi che ci attendono, tutti inesplorati. E se il mare e il paesaggio suggeriscono da un lato al novizio la difficoltà di stabilire a prima vista i progressi nella navigazione, dall’altro lo accompagnano e lo armano con sensi rinnovati, e con l’abilità di cogliere, via via che si procede, le dolci sfumature dell’apparentemente indifferenziato, la dolcezza del canto del vento: la multiforme unicità dell’esistenza.

A-Senso

Il senso di poche cose
mi appartiene:

il silenzio di un sasso,
la forma delle bolle d’aria nell’apnea,
il sopra e il sottovento,
la lingua della mia città,
l’archetipo delle stelle.

E tutto mi stupisce
e mi emoziona. 

 

Il sentiero

Non sprecare fiato per parole inutili
conservalo per il cammino,
lungo il sentiero.
Un passo dietro l’altro,
senti il battito del cuore
senti il respiro dentro di te
saluta con gli occhi le persone che incroci,
gli alberi che senti frusciare al vento
il calpestio di altri passi
il cielo e le sue nuvole
la pioggia se cadrà
il sole che splenderà
la luna che si fa largo,
fa che la tua distrazione
sia la bellezza
che ti circonda.

 

Traversata

Colmo di pensieri e di speranze,
dentro il guscio vuoto e perfetto del cerchio,
nella barca che accoglie il respiro e l’affanno,
mentre si allontana dalla riva.

Solo, Navigo,
dentro il vuoto perfetto del tempo,
compagne silenziose le fitte regole del buio.
I remi: braccia;
Il timone: pensieri notturni;
La vela: le vesti.

In Mare, Non più solo,
l’incerto che incontriamo,
puntando verso l’alba.

Spogliato dell’ingenuità, Mirra ci riporta alla genuinità della vita. È di naturalezza ogni gesto, l’approdo degli occhi, il tatto presente in tutti i sensi. Anche l’invisibile viene sottratto all’ignoranza, senza pretese di svelamento: dirlo, pronunciarlo, riconoscerlo in ogni cosa, persino nel tragitto per raggiungerlo, renderlo forma distinguibile ma non distinta.
Questa rara e preziosa comprensione della vita, resa nel verso come travaso appunto “naturale”, io l’ho ritrovata raramente nella poesia recente. Mi ricorda, al di là delle differenze di stile, la chiarezza di Elytis, quel riuscire a tenere assieme la vita in ogni sua manifestazione: parlare sempre e comunque di vita, con un canto di gioia nel cuore, con riconoscenza e partecipata emozione. Poter dire persino la morte, e sentir che è di nuovo la vita a danzare nei versi.

Se Isole è la navigazione, Sursum Corda è il portolano nato dall’esperienza del ricordo, della reiterazione del gesto che diviene rito: è la ruota delle direzioni finite/infinite in cui ci muoviamo, perché nel già percorso si cela l’imponderabilità del momento, ciò che ci ha resi più saggi e che ci mantiene occhi sgranati dello stupore. Il cuore batte ovunque, basta ascoltare. Basta guardare.
Leggendo Mirra, ciò che resta al setaccio dell’anima, è quel poco e bastevole oro – “ora”, declinato al femminile, per divenire assieme preziosa luminosità e momento presente, l’aeì (perpetua rinascita) degli antichi. Il coraggio di pronunciare le parole oscene alla contemporaneità, le uniche che vibrate alte possono mostrarci la strada, il ritorno e la sfida del vivere.
Ciò che vibra è l’attimo: non come pretesto o come eterno ritorno, ma piuttosto come possibilità rigenerata, offerta al nostro sacrum facere perché divenga agire e “verso” – come verso poetico e direzione nell’immensità marina del nostro fluire in esistenza. Così in

Dentro le ore

Non dentro di me,
non dentro di te

ma dentro il tempo;

io ti vorrei dentro le ore
non importa di quale giorno o di quanti giorni,

ma dentro le ore.

Desidero chiudere con le parole dello stesso Mirra, dai “Ringraziamenti”, in Isole. Perché Vincenzo Mirra ha queste porte aperte, quest’aria intorno a sé di mare, il muoversi continuo del vento e delle onde nel profondo del suo animo. E ci lascia entrare, e ci invita a entrare:

E allora mi sono sentito con un Io accanto che passava di viaggio in viaggio, di vita in vita, da un’isola all’altra, e ho immaginato che questa pagina dovesse venire pescata da molti mari, tutti quelli che sono dentro di me, insieme calmi e agitati, con il gesto che della pesca è quello di un amo gettato a mare; un amo che è strumento paziente nella pesca dei Grazie, ma è anche un sentire appassionato dell’Io, che in prima persona declino al presente la voce di un verbo di vita. Perché alla fine di questo viaggio, tra isole di costa e altre d’alto mare, dalle profondità viscerali del mio mare interiore, sento che l’amore, o forse più l’amare, è stato il sestante inseparabile del mio orizzonte.
Perciò i miei Grazie sono coniugati così, come tanti “Io amo” gettati nel mare delle mie Isole, e di quanto sia valso, per me, il canto di ogni verso e l’amare che lo ha prodotto.
Eccoli quindi i miei “ami”, uncini di Grazie. Io amo ogni mia isola e a ciascuna dico Grazie per aver accolto il mio approdo: non importa quanto sia stato facile o difficile arrivarci, restare, andar via o tornare ogni volta; ogni isola per me vale come un tesoro prezioso che mi porto dentro, nel cuore.
Io amo tutti i venti e le rotte della mia navigazione, ogni luogo dove essa ha condotto il mio spirito e ovunque ancora lo condurrà: nelle fughe strette controvento della bolina come nell’agio portante del gran lasco, nella quiete placida della bonaccia come nella furia tormentata dell’anima in tempesta.
Grazie dunque a ogni sensazione provata, allo stupore degli occhi, ai sussulti del cuore, ai sospiri e ai tumulti che ancora echeggiano e mi abitano dentro.
Io amo le pagine dei miei taccuini, compagni fedeli nel viaggio, seduti con me davanti a due oceani, lungo le rive di un canale, aperti tra le mani su panchine di città e di villaggi, sveglia tenermi compagnia in molte notti bianche. E amo con essi tutte le matite spuntate, che sono state con me viandanti del nostro vagabondare. Perciò, uno a uno, rendo Grazie a tutti i luoghi visitati, alle persone incontrate, a quelle con cui mi sono fermato a parlare e che mi hanno ascoltato, a tutte le lingue in cui ho tentato di parlare e che ho provato a capire, alle voci, ai volti e alle mani, e alle volte che ogni sensazione è tornata a trovarmi in un pensiero e in molti ricordi, perché tutto è stato di ispirazione.
Io amo Napoli, la mia città, la mia cittadinanza, il mio sentirmi profondamente del sale, dell’acqua, delle pietre, delle rive e delle storie del Mediterraneo, il mio essere sognatore. Grazie ai miei genitori perché a loro devo il dono della vita, l’essere meridionale, e le radici dei miei valori e del mio valere.
Io amo la mia famiglia, arcipelago delle mie isole del tesoro. Grazie a Voi, Benedetta, Matteo e Francesco, che siete i miei tre splendidi cuori. Io amo essere il vostro papà, Voi che siete le stelle e la ciurma della mia navigazione a vista, e che un giorno salperete per esplorare la bellezza dei vostri mari e per cercare le vostre Isole.

 


Vincenzo Mirra (Napoli, 1973) è ingegnere aerospaziale, poeta e scrittore di libri per ragazzi. La sua ultima raccolta edita di poesia è Ogni cosa sta in bilico sul fiore di un’agave (Eretica Edizioni, 2021) che segue le precedenti pubblicazioni: Moleskine. Poesie a matita (Ensemble, 2019), Sursum corda. Ad Ovest dei versi (Augh!, 2018) e Isole (Augh!, 2016). Sue poesie sono state pubblicate su importanti riviste poetiche e quotidiani nazionali. Oltre alla scrittura poetica Mirra è anche autore di testi per canzoni e di libri per ragazzi. Dirige lo spazio letterario Civico Poesia, da lui stesso ideato presso la libreria Civico 14 di Marina di Pisa, e dal 2020 è direttore editoriale della Collana Scienze di Carmignani Editrice, dedicata alla narrazione di divulgazione scientifica per giovani lettori, con cui ha pubblicato il racconto poetico-fantastico Il sogno di Bruce. Un viaggio tra le stelle e il romanzo scientifico Viaggio ai confini dell’Universo (e oltre).
Le sue passioni più grandi sono il mare, viaggiare e il teatro. Partecipa a progetti e laboratori attoriali e di lettura espressiva e corale, e ha collaborato alla scrittura di alcune produzioni artistiche e teatrali. È ideatore, autore e conduttore di “Al Bar della Poesia”, programma radiofonico dedicato alla poesia e alla letteratura. Il suo blog di scrittura estemporanea è Beaufort, scritture al vento e taccuini di mare (https://isolitudine.wordpress.com/). La sua Nota Biografica completa è online su Vincenzo Mirra – WikiPoesia.

Una replica a “Vincenzo Mirra: per approdi d’isole e cuori (di Chiara Catapano)”

  1. L’ha ripubblicato su Beauforte ha commentato:
    ” Così può accadere, sfogliando le carte di navigazione di qualcuno che credevamo essere noi, di vedere riflesso nelle acque un volto. Il nostro volto, ma dipinto da altri nella nostra storia. ”

    Grato a Chiara Catapano e a Poetaurum Silva per questa bellissima recensione sulla poesia di Isole e Sursum corda.

    Il mare è l’antico eterno idioma che ci fa esploratori d’infinito con lingue d’acqua incandescenti

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