«Una strana amicizia, i libri hanno una strana amicizia l’uno per l’altro. Se li chiudiamo nella mente di una persona bene educata (un critico è soltanto questo), lì al chiuso, al caldo, serrati, provano un’allegria, una felicità come noi, esseri umani, non abbiamo mai conosciuto. Scoprono di assomigliarsi l’un l’altro. E ognuno di loro lancia frecce, bagliori di gioia verso gli altri libri che sembrano (e sono e non sono) simili. Così la mente che li raccoglie è gremita di lampi, di analogie, di rapporti, di corti circuiti, che finiscono per traboccare. La buona critica letteraria non è altro che questo: la scoperta della gioia dei libri che si assomigliano.»
Mario Praz

Bologna 2 agosto 1980
2 AGOSTO 2015
E oggi e sempre ero lì, nello spazio abolito
di fronte all’orologio, all’ora fissa,
domenica d’agosto, ma era sabato
allora, nel millenovecentottanta.
La sera, gola polvere macerie,
non ho detto a mio zio, sì, il ferroviere:
ricordo la paura e gli anni, trentacinque.
Viaggiavi al tempo lungo quel percorso
e mi portavi i rotocalchi sparsi
dai turisti tedeschi sui sedili.
Non gli ho detto: l’angoscia
per te, per gli altri, mi è compagna
(“tu non conosci il sud” mi nutrì
e il dannato ritegno all’espansione).
da Opera incerta di Anna Maria Curci
VIVIANA E PAOLO
Noi siamo come le farfalle
che vivono finché non restano corrotte
e un po’ di sabbia non rimane sulle loro ali,
non le abbatte. Nel corpo dorme un seme
adesso che non chiede nulla
ha un cuore appena, un suono dolce.
Esplodono detriti e vola la materia, si aprono valigie e vanno via le poche cose di una vita.
Rivedo Paolo e poi Viviana che attraversano
la strada, lei si tiene il ventre
come a proteggere il suo mondo,
lui la guarda e già conosce tutto:
sono felici vanno a controllare le partenze
gli ultimi dettagli con quella gioia che soltanto
poche volte accade, fragilissima impalpabile.
Esistono quegli attimi e molte volte solo quelli
in tutta un’esistenza, piccoli squarci in un cemento
sempre così profondo, sempre così grande.
I coniugi Zecchi sono morti assieme, si erano sposati da meno di un anno. Lei era in attesa del primo figlio.
da La stazione di Bologna di Matteo Fantuzzi
NOTIZIA
BOLOGNA 2 AGOSTO ORE 10.20
il cielo è un forno di pane pronto per la cottura
scappare sul mare di questa pianura e poi
approdare a isole azzurre felici ma tu
BOLOGNA 2 AGOSTO ORE 10.21
dicevi dicevi tu dicevi che hai bisogno di riflettere
se in questi giorni le parole hanno un senso
anche fra noi
BOLOGNA 2 AGOSTO ORE 10.22
d’accordo, non si può buttare via niente
d’altra parte non è possibile conservare tutto negli angoli della
memoria
salvare l’indispensabile
BOLOGNA 2 AGOSTO ORE 10.23
lo so che non sono migliore o peggiore di tanti
cerco con gli anni di diventare diverso
ho fatto errori tremendi
ma non mi sono mai consolato
la vita non è una prova di formula uno
per guadagnare la prima griglia in partenza
BOLOGNA 2 AGOSTO ORE 10.24
dammi la tua mano
vivere una volta per tutte definitivamente
BOLOGNA 2 AGOSTO ORE 10.25
senza un fiato di vento il cielo ha buttato
un grido tremendo
un sole nero corre per le strade
io voglio provare i miei sentimenti come su una lastra di fuoco
BOLOGNA 2 AGOSTO ORE 10.26
ahi il cuore
piange piange adesso piange come un sasso che ha vita
chiamano contiamo i morti
la libertà è lì a terra ferita
non possiamo più dare
soltanto pietà
questa estate è finita
BOLOGNA 2 AGOSTO ORE 10.27
ma dammi la tua mano
io non mi rassegno non mi voglio rassegnare
Roberto Roversi da «Paese sera» del 6 agosto 1980