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Roberto Ariagno, Il tempo di una muta

Roberto Ariagno, Il tempo di una muta
Prefazione di Caterina Serra
Collana Rosada 2020

La poesia di Roberto Ariagno segue un circuito di ferro e di luce che tiene legati forte al mondo: c’è un metallo dietro le cose, una luce che le attraversa mentre insorge la frattura. Una luce che è di volta in volta ferma, nervosa, netta, acuminata, breve, sobria, dura, uniforme. Sta davanti alle cose, a modificarle o cambiarle per sempre.
Ferro e luce sono quello di cui siamo fatti, come carne e sangue che tengono in vita. Mentre la vita sembra lasciare l’umano confuso, interdetto, esonerato di fronte a qualcosa di contagioso come la paura e l’inerzia che paralizza il desiderio. Come dentro una pausa che non è più frattempo ma tempo sospeso, una stagione indecifrabile, come questo tempo epidemico che viviamo. (dalla prefazione di Caterina Serra)

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sotto le nuvole l’azzurro, il ferro del paese
le corse per la muta, la peristalsi, è qui
che morde la primavera, agli inizi della conoscenza
——————(il vento sui piazzali
le facciate mosse da un transito di luce
quando la fame era già manifesta
e una corrente agitava i risvegli

————-poi la svolta di un’allegria
se dai corridoi esterni portano aria
schiudono gli spazi tra le parole
zitti riempiono di bianco la stanza

 

perché il paesaggio è già sintassi, procede
costante, da una retrovia discosta lascia molliche
freddo alle partenze, la salvezza mutevole
degli equinozi (sarà una vigilia marginale
a ripiegare in boschi cedui, per valichi interni
i carteggi esauriti in fumi accorti, nei roghi
lenti dei passaggi secolari, e la memoria dell’erba
l’aria che al mutare dell’angolo sapeva tutto

così diminuisce lo scarto, si defila in pietra o vento,
muta in figura o specie impronunciabile
a ricucire il vuoto di memoria

———-nelle case galleggianti
le finestre sono ancora chiuse, pesa un alibi ovattato
sull’ovvio delle partenze

 

attendere la consolazione del fumo o eluderlo
qui, di fronte all’arco alpino, dove una gazza
si affanna fra i rami dell’abete (oltre la casa
color carta da zucchero, le cime ancora bianche
alludono ad altro che una invasione, mentre la primavera
è una possibilità oggettivamente breve, inconciliabile
con l’ostinazione, tra placare e accudire la diversa brama
di fronte al déjà vu (scopri allora che la diffidenza
non è soltanto verso il nome, come nelle pause di Giorgione
nel suo muto defilarsi

————-(o la vecchia questione del noumeno
per cui l’ambiguità del tuo profumo ricorda come sia morale
la sola possibilità di trascendenza, stamattina

 

si arriva al limite del golfo, si scende
restano tracce di pioggia su tavoli e sedie

dalla terrazza vediamo il molo
poi il riflesso sul vetro si allarga lento,
la fine di agosto pesa sulla piazza

ordiniamo in silenzio, senza fame

 


Roberto Ariagno nasce a Torino nel 1969, ma da alcuni anni risiede a Rivoli, dove lavora come insegnante nella scuola media. Tra gli anni Novanta e l’inizio del nuovo secolo partecipa a diverse iniziative della città di Torino legate alla poesia. Nel 1994 una sua silloge di inediti viene segnalata al premio “Montale”. Ha pubblicato La sposa boreale (Book, 1997), con una nota di Giorgio Luzzi, e Disarmare il nome (Italic, 2017), che ha ricevuto riconoscimenti in alcuni concorsi nazionali. Suoi testi sono comparsi su riviste e blog. Oltre alla poesia si è dedicato al teatro a livello amatoriale. Si occupa di scrittura e produzione audiovisiva in una società indipendente che ha contribuito a fondare.

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