Il sabato tedesco”, rubrica da me curata per Poetarum Silva, prende il nome da un racconto di Vittorio Sereni e si propone di raccogliere riflessioni, conversazioni, traduzioni intorno a testi letterari. (Anna Maria Curci)

Anna Seghers, Due monumenti
Al tempo dell’emigrazione iniziai un racconto, interrotto dalla guerra. Mi ricordo ancora di come iniziasse, non parola per parola, ma so ricostruirne il senso. Ancora oggi non riesco a togliermi dalla testa ciò che all’epoca destò la mia attenzione. Mi ricordo di un ricordo.
Nella mia città natale, Magonza sul Reno, c’erano due monumenti che non ho mai potuto dimenticare, nella gioia e nella paura, a bordo di navi, in città lontane. Uno è il duomo. – Come da scolaretta vidi con stupore, è costruito su pilastri che vanno giù in profondità nel terreno – allora mi sembrava che andassero in profondità quasi quanto il duomo svetta in alto. Le loro crepe sono state riempite di cemento, si dice, in un tempo passato, là dove la falda acquifera causava danni. Non so se è vero ciò che ci raccontava un insegnante: i pilastri romanici e gotici, diceva, sono più solidi e durevoli di quelli di epoca più recente.
Questo duomo che domina la pianura del Reno mi sarebbe rimasto impresso nella memoria in tutta la sua potenza e la sua grandezza, anche se non lo avessi rivisto. Altrettanto poco, tuttavia, posso dimenticare un altro monumento nella mia città natale. Era formato da un’unica lapide piatta, inserita nel selciato di una via. Quella via si chiamava Bonifatiusstraße? Si chiamava Frauenlobstraße? Non lo so più. So soltanto che la lapide fu posta alla memoria di una donna che era morta durante la prima guerra mondiale, colpita dalle schegge di una bomba, allorché voleva andare a prendere del latte per la sua bambina. Se ricordo bene, era la moglie del commerciante di vini ebreo Eppstein. – Divoratrice di vite umane, feroce fu la Prima Guerra Mondiale, ma solo verso la fine del conflitto iniziarono i bombardamenti di città e persone. Per questo la lapide, piatta come il selciato, è stata posta alla memoria di quella donna, e il nome di lei vi è stato inciso. –
In qualche modo, il duomo ha resistito alle incursioni aeree della Seconda Guerra Mondiale, per quanto la città sia stata distrutta. Esso si erge sul fiume e sulla pianura. Se la piccola, piatta lapide commemorativa sia ancora lì, non lo so. In occasione delle mie visite non l’ho più trovata.
Nel racconto che iniziai a scrivere prima della Seconda Guerra Mondiale e che persi nel corso della guerra, si narra della bambina, alla quale la mamma voleva andare a prendere del latte, latte che tuttavia ella non riuscì a portare a casa. Avevo il proposito di raccontare nel libro che cosa ne è stato di quella ragazzina.
Traduzione di Anna Maria Curci
Edizione di riferimento: Anna Seghers, Zwei Denkmäler, in: Deutsche Literatur der sechziger Jahre. Ein Lesebuch, a cura di Klaus Wagenbach, Verlag Klaus Wagenbach, Berlin 1972, pp. 15-16. Il racconto era apparso precedentemente in «Atlas, zusammengestellt von deutschen Autoren», Verlag Klaus Wagenbach, Berlin 1965.
Nata a Magonza nel 1900, Netty Reiling assume definitivamente nel 1928 lo pseudonimo di Anna Seghers con cui si afferma come protagonista della narrativa tedesca del Novecento. Ebrea, comunista, emigrata a Parigi e poi in Messico, con capolavori quali i romanzi La settima croce (1942), Visto di transito (1944) e racconti, da La rivolta dei pescatori di Santa Barbara (1928), a Crisanta (1951), Il vero azzurro (1967) e Incontri di viaggio (1973), ha rappresentato le tragedie della storia con commossa partecipazione. Valutata nel clima della guerra fredda come scrittrice politica, rifiutata nella Germania Occidentale in quanto esponente di spicco della Repubblica Democratica Tedesca, dove in realtà non si omologa alla sua politica culturale, la scrittrice attende di essere riscoperta e rivalutata in Italia, come già nella Germania riunificata, dove ormai è entrata indiscutibilmente a far parte dei classici della letteratura. (dal risvolto di copertina di: Anna Seghers, La gita delle ragazze morte. A cura di Rita Calabrese. Con testo a fronte, Marsilio 2010)