Qui è il “vedere” ciò che compromette, ciò che rende il fruitore impigliato nella morsa della responsabilità dell’Altro. Nessuno può sfuggire al baratro che l’Altro ci pone sempre di fronte agli occhi, nel momento stesso in cui lo si vede, in cui lo si incontra, diventando quel “tu” che egli, da quel momento in poi sarà, inesorabilmente, per me. […]
Simone Cattaneo Martini, nella sua dettatura attenta e volitiva, è capace di intelaiare, con le voci dei suoi transitanti, le storie che da esse fuoriescono, che dà loro germinano per paura e per follia di sopravvivenza. La sua poesia usa il linguaggio delle vicende e delle cose colte in diretta dalla loro fattibilità, dalla loro audacia e dalla loro persuasività etica, facendole gravitare tra parole mai scelte per caso e neppure lasciate al caso. Qui tutto è misurato e calibrato per creare un poema capace di essere epico e testimoniale.
(Dalla prefazione “Vedere modi” di Stefano Raimondi)
Gli anni della violenza hanno lasciato
il loro segno. Separare la persona umana
dai costumi del passato è necessario
e difficile. Qui ci difenderemo.
Franco Fortini
Il luogo. L’ora. La voce impostata.
Tutto detto e fatto a tempo debito.
Qui, nella retroguardia,
dietro la tenda l’urlo di Polonio,
sul terreno spianato dagli anfibi
i corpi di Rosencrantz e Guildenstern,
e nelle mani, fossile e muto,
il teschio di Amleto.
Schönbrunn o Versailles…
L’ordine dei giardini
serve a soffocare il rumore.
L’equilibrio esatto delle cose
ritarda il rotolare delle teste.
I gesti, fermi a mezz’aria nel marmo,
verranno infine compiuti dall’uomo
perché tanta bellezza
è impossibile sia per così pochi.
Li vedi anche tu,
dalla tua parte di filo spinato,
gli sciami di numeri e uomini,
lì dove cambia nome il terreno,
strappati da colonne di fantasmi
che, attorno al fuoco,
dormono all’ombra dei figli perduti.
Si era spinto fino all’insonnia
che recide le vene al mattino,
quando ancora muto l’orizzonte
sfiora con mani cieche i contorni
e nell’alba deserta delle piazze
si porta a testa alta
il marchio dell’infamia
e non trema la voce
nel rinnegare i padri.
Dietro una porta chiusa
stringeva tra le dita
il sorriso sbagliato del terrore.
La rabbia esplode per sottrazione,
in notti senza luna,
con le parole strappate dall’intonaco
e chiuse a chiave nei cassetti.
Fino alla vita tutto si può togliere,
resta poi solo quella pozza scura,
lo scorrere del sangue e dei secondi,
vicino a un mare
che non vorrebbe mai toccare riva.
Ci sono posti dove i bambini
nascono adulti dentro alle macerie.
Hanno palpebre color di rame
su volti scuri e incerti,
da temporale estivo.
Se ne stanno in agguato ai semafori,
succhiano noccioli di olive bionde;
con le mani in tasca,
aspettano il fiorire dell’asfalto
sulla schiena annerita degli anni.
Poco più che ombra il corpo a terra.
Tu nella scarica di un dolore
spogliato di parole da un branco
cha ha un volto solo e nessuna pietà.
Da lontano la vita chiama ancora
ma in questo giorno tutto ti è negato,
a te che paghi gli errori degli altri.
In un riflesso nero
che non ci appartiene
non ci saranno più frasi né errori.
Tra lamine d’ardesia
gli archivi conservano il bianco
mentre l’acqua dimentica
le canzoni cantate nell’infanzia
e la sera si sfila sottopelle
troppo lontano da qui e da noi.
Simone Cattaneo Martini (Gallarate, 1981) è professore a contratto di Letteratura spagnola contemporanea, Cultura spagnola e Lingua e letteratura catalana presso l’Università degli Studi di Milano. Suoi articoli sono apparsi in riviste e volumi collettanei nazionali e internazionali. Collabora con varie case editrici come lettore, revisore e traduttore dallo spagnolo e dal catalano. È autore dei saggi La ‘cultura X’. Mercato, pop e tradizione. Juan Bonilla, Ray Loriga e Juan Manuel de Prada (Ledizioni, 2012; pubblicato in Spagna da Carpe Noctem, 2017), LiteraTVra. Hibridaciones televisivas en la narrativa española actual (Calambur, 2019), del romanzo I tuoi capelli fermi come il lago (Robin, 2018) e della raccolta di poesie I segni della violenza (LietoColle, 2018).