
Una volta
In fondo eravamo
fortunati, da noi si vedevano
le case sopra le colline, i fiumi
non ancora in secca. E l’acqua
che nel mare era ancora
calma, come una volta,
gradita, l’altra voce.
Oggi
Oggi vedo passare i pini. Sono
tanti, come una fila
sempreverde di scalzi, nudisti
magri nei giorni
dell’apocalisse. In fondo li credo
senza sonno, un po’ come me
e te, in qualche raggio di sole,
atterrati senza il mondo.
Le carte
I
Villaggio urbano. Rivedo
la sua esitazione, quella strana
e maldestra vicinanza, l’insicurezza
se si alza, anche fosse
per andare in bagno.
II
In treno sfoglia
il passaporto. È così verde
con le scritte arabe, un timbro
di Atene, lingue sempre più
adamitiche. E poi chissà
cosa penserebbero
le carte, chi si cela
dietro a esse.
III
In un vagone in cui
ci siamo dimenticati.
Cattolica, poco dopo.
Si staziona ancora
senza più stazione,
i binari finiti
dietro la collina, e l’odore
che una volta
aveva il mare.
© Angelo Vannini
♦
Scrittore e drammaturgo, Angelo Vannini è nato ad Ancona nel 1982. Vive a Parigi, dove ha insegnato lingua e letteratura italiana all’università. Ha pubblicato L’intermissione dei cigni. Cinquantanove giorni alla frontiera della letteratura (Arcipelago Itaca, 2017), una meditazione poetica sulla frontiera come luogo proprio e propizio alla letteratura. Suoi testi teatrali sono stati rappresentati a Milano (la Triennale), a Parigi (Centre Pompidou, Mairie du 5ème arrondissement, Panthéon) e a New York (teatro La MaMa).
