
si comprende una città soltanto
quando non si ha nulla da fare
—
via porpora, numero dodici
ristorante giapponese tomoyoshi
fuori dal vetro spesso della porta
le automobili passano veloci
quasi in silenzio tagliano la pioggia
musica a basso volume dalla radio sul bancone
l’acqua fredda che bevo a sorsi piccoli
la fatica nervosa di mangiare
con le bacchette insalata di alghe e sushi
sono la mia presa sulla vita
l’invadenza sensibile
che osservo da questa assenza di tempo
—
in un pub del centro di edimburgo
in una sera di agosto di un tempo
lontano da ora in cui felicemente
feci vuoto e nuovo intorno a me
bevuta mezza pinta di john smith’s
fissavo forse qualcosa che mi stava
di fronte, non so, non ricordo bene
oppure guardavo fuori dai vetri
verso la strada, ma sono sicuro
che ero in pace, che vivevo dentro
tutto quel presente quando un uomo
lieve come aria passandomi accanto
e toccandomi appena la spalla
con le dita mi disse non avere
paura, potrebbe non succedere mai
—
molto più di quello che dici
sulle grandi cose del mondo
conta per me l’uomo che sei
nel cerchio di cinque metri
se e come mi saluti e come
mi sento a pochi passi da te
—
le risorse, o forse, le occasioni
la vita della vita, il suo insieme
non sono natura chiusa, scarsa
le parole che desideriamo
le ragioni che cerchiamo
hanno aperti numero e sostanza
io che dico questo
sì e questo invece no
quello che pensa un amico
e la cosa che a me non conviene
e ora la parte di me che non amo
—
guardare la luce degli altri
e niente volere rubare
nulla distruggere mai
alla fine non uccidere
essere appena parte lontana
osmosi di una sola passione
è sempre qui il tutto
che dice, il significato
la rivolta, l’etimologia
della rivoluzione

2 risposte a “Luca Vaglio: poesie da “Il mondo nel cerchio di cinque metri””
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