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PoEstate Silva #17: Maria Allo, da “La terra che rimane”

 

Niente dura per la vita – mi dicesti – con rauca voce
ma con tutta la grazia della fede che sostiene.
Così da allora non ho bisogno di capire.
Non sai cosa vuol dire avere un dolore misurato
palpebre chiuse alla luce del mattino
a poco a poco abbandonata al tempo
per un lavoro che oggi ha solo spine.
Non sai cosa vuol dire sentirti straniera
sul ciglio di un cedro finché si radica il silenzio
con suoni distanti per la marea che sale
e tra le pietre ogni cosa accade.
Non sai che l’isola ha il sapore delle sorbe rosse
che mettono radici sulle ali del maestrale
e venano di crepe la fragranza della terra
senza bisogno di capire la distanza che divide
l’amore e la sua lingua antica
nei dettagli indecifrabili del mare.

 

La voce di Cassandra

Scopro dalla finestra incendiarsi il sole e l’orizzonte.
Ecco l’attimo per ritrovare sulle labbra le mie ali
brivido della vita intera vicina al sangue
—————————come approdo
senza sapere di chi sia la pelle e quella voce.
Ecco porta via le nubi questo vento nel riverbero dell’aria
intorno dove finisce il tempo e il destino
—————–tutto ridotto in schegge.
Anche la voce di Cassandra si è spezzata le manca il fiato
non c’è più nulla da insegnare e se ne sta in piedi alla finestra
Ecco, come il sole va e poi ritorna.

 

La terra che rimane

Una nuvola gialla incide le vertebre del cielo.
Con il susseguirsi delle ore si sgretola
senza redenzione sul dorso di un gabbiano.
Dobbiamo avere memoria sulla pelle
anche delle cose che non abbiamo avuto
come roccia che divampa e non si ferma
come acqua che nasce dal silenzio
per la parola del tempo senza una vera meta.
Soffia un vento insolito che ci assedia
da duna a duna con la sete e l’acqua
che ci sorprende al risplendere dell’alba.
Dobbiamo avere memoria sulla pelle
per vangare la terra che rimane.

 

Maria Allo, La terra che rimane, Controluna edizioni, 2018

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