Nellie Bly resiste dieci giorni, poi riesce a farsi salvare dal giornale, rivelando tutto. Il suo reportage fa grande scalpore e porta a un’inchiesta approfondita. Le condizioni del manicomio, grazie a lei, migliorano sensibilmente, e vengono aumentate le sovvenzioni. Noi oggi parliamo di giornalismo investigativo, spesso a sproposito, e moltissimi di noi ignorano che una delle prime persone al mondo ad affinare quest’arte è stata proprio una giovane donna ostinata e coraggiosa, che ha sfidato il mondo e i suoi pregiudizi per andare avanti e poter scrivere in libertà. Nellie Bly non fu la prima donna reporter della storia, ma di certo fu la prima a creare il genere del giornalismo ‘sotto copertura’. Si fa arrestare per svelare la situazione delle carceri, si fa assumere in posti orribili per raccontare cosa vuol dire lavorare molte ore per pochi centesimi. Nel 1889, poi, passa a qualcosa di più leggero ma non meno impegnativo; riesce a convincere Pulitzer a farle provare l’impresa raccontata da Jules Verne nel suo Giro del mondo in 80 giorni.

“Un viaggio così lungo? E come facciamo?”
“Non ci vorranno molti soldi, viaggerò in economia. E farò moltiplicare le vendite del giornale.”
“Non è questo il punto. È che dovremo prevedere chissà quanti accompagnatori.”
“E perché mai?”
“Perché è così che si fa, no? Voi donne viaggiate con centinaia di bauli.”
“Io no. Io porterò solo due valigie. E andrò da sola.”

Nellie Bly di giorni ce ne mette settantadue, un record assoluto per l’epoca, e diventa la più celebre giornalista del suo tempo. Tocca tutti i continenti per un totale di quarantamila chilometri, e a Parigi incontra Jules Verne in persona, che le manifesta la sua stima. Il giornale, oltre a pubblicare i suoi resoconti di viaggio, lancia un gioco per indovinare la data esatta del suo ritorno, e oltre un milione di persone partecipa. Al suo ritorno, il New York World la accoglie con l’equivalente di una pacca sulla spalla; niente promozione, nessun bonus, nessun riconoscimento. Nellie Bly si licenzia, poi si fa convincere a tornare sui suoi passi, poi sposa un miliardario, con grande sorpresa di tutti. Per qualche anno smette di scrivere, ma non resiste a lungo, e sempre ricomincia da capo, una nuova vita dietro l’altra. Allo scoppiare della prima guerra mondiale, è ancora in prima fila, diventando ovviamente la prima corrispondente di guerra donna.

Sono certa che sarebbe stata molto felice di sapere che un giorno avrebbero girato un film ispirato alla sua vita.
Dedicato alla sua esperienza in manicomio, Ten days in a Madhouse è uscito nel 2015, ma qui in Italia non sappiamo ancora se e quando potremo vederlo.

C’è anche un sito internet dedicato a lei, www.nellieblyonline.com, dove è possibile leggere i suoi articoli e godere della sua prosa brillante, mai banale.

Per conoscerla è davvero indispensabile leggerla.
Per raccontarla in breve basta forse una frase, che Nellie Bly ha detto poche settimane prima di morire, a 58 anni: Non ho mai scritto una parola che non provenisse dal mio cuore. E mai lo farò.

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© Paola Ronco

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 Nota: questa storia meravigliosa è pubblicata in accordo con ArchivioRoncacci ed è un’altra ideale tappa di avvicinamento al Festival dei Matti 2017