
RITORNI
Questa vita m’inonda
di barattoli vuoti,
recipienti inservibili, frammenti
di specchi, vetri rotti,
manici senza bricchi,
cartoline, brogliacci
minutamente scritti.
Cha farne? Ed egualmente
a pezzi, o rabberciati,
innumeri frammenti
del passato, insensati
momenti.
Illeggibile saga in movimento!
Tutto scompare dentro
il presente inspiegabile, il suo punto
di fuga vorticoso, punto vuoto.
Pure la mente mi presenta, a tratti,
prima che si inabissino nel fondo,
le nebulose istantanee di famiglia,
i frammenti di vita inesplorati,
i parenti perduti:
lo zio prestigiatore, l’altro zio
autore di disegni per ricami,
la zia ricamatrice ha tra le mani
le stoffe luccicanti di lustrini
nell’atelier che è quasi una soffitta:
la stanza bassa,
con le ragazze al tombolo, al telaio;
il lucernario in alto,
i fili sui rocchetti
e per terra pezzetti
colorati di stoffe variopinte:
rasi, velluti, tulle.
Ricordo un mio cugino molto amato −
Walter − tornato
della Francia: scriveva
poesie solo in francese, su foglietti
sparsi, svaniti
nel nulla, dedicava qualche rima
per gioco a me bambina.
I miei parenti artisti! Gli inventori
di fantasiose vite, i sedentari
esploratori delle notte, i vari
eccentrici e gli amanti dei motori.
Savie le donne, molto più di loro,
pazienti curatrici di giardini,
ricamatrici, madri innamorate
di imprevisti bambini.
Immagini sepolte nel passato,
vecchie fotografie, grigi ricordi,
gli amori leggendari e i tacitati,
i trascorsi narrati
a voce bassa, dolorosamente:
le storie di famiglia, ricomposte
come un puzzle di cui si è perso il pezzo
centrale, un vuoto in mezzo.
Nascite misteriose, matrimoni
rimandati, romanzi
incompiuti, interrotti.
E strani personaggi: Natalina,
ieratica infermiera, grande amica
dalle mie zie, confabulante spesso
con loro, rievocava
non so quale avventura, personaggi
strani o mostruosi, eccezioni di natura:
la signora Moreau priva di mestruo
per tutta la sua vita, per esempio.
O esemplari destini solitari,
come nonna Maria, che aveva detto
al marito, in dialetto:
“Quella è la porta, potete andare via.”
Ma la casa era sua?
Memoria delle donne! Un’altra cosa
dai ricordi degli uomini: la guerra.
“Son corso al fiume”, “Mi buttai per terra”,
“Ho sparato: era lui o ero io”.
Racconti: veritieri o reticenti,
accenni, enigmi,
inspiegate vicende. E perché mai
Walter, lasciata
in Francia la Suzanne, volle tornare
qui nel Quaranta?
“Un errore, un errore”
sentenziava mia madre,
“un errore marchiano!”
Pure Walter tornò, fu partigiano,
conobbe Lidia
e furono felici per quel poco
che è consentito a sposi innamorati.
Le immagini sepolte nel passato
poi risorgono in sogno, trasformate,
nitide, misteriose,
e luminose, tanto
che il giorno sembra tetro nel confronto.
Così ti ho contemplato,
silenzioso cugino,
giovane come un tempo e innamorato
di Lidia e dalla luce
trasfigurato; e mi dicevi: “Sì,
l’amore noi a noi stessi ha svelato.”
© Bianca Tarozzi, Ritorni, in Il teatro vivente poesie e racconti in versi 1985-2007, Milano, Scheiwiller, 2007.
2 risposte a “I poeti della domenica #62: Bianca Tarozzi, Ritorni”
semi off-topic, ma è precisa a Rita Borsellino!
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Ricordi precisi, nitidi come se si parlasse dell’oggi. Uno stile gradevolissimo per l’apparente leggerezza dei contenuti, contenuti in realtà di grande profondità. Una lettura coinvolgente.
Piera
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