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Poesia latinoamericana #6: Roque Dalton

Poesia latinoamericana
Grandi autori del secolo XX

La sesta finestra aperta sulla poesia latinoamericana è dedicata a Roque Dalton, poeta salvadoregno. Continua così il nostro viaggio attraverso le voci e le terre della poesia latinoamericana dello scorso secolo; viaggio che anticipa il prossimo progetto antologico di Raffaelli Editore, curato da Gianni DarconzaMario Meléndezun’antologia di voci poco note, le più, ai lettori italiani. Una buona occasione per colmare un vuoto e aprire un dialogo. [fm]

 Roque Dalton

ROQUE DALTON

 

Traduzione di Gianni Darconza
Selezione di Mario Meléndez

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Roque Dalton (El Salvador, 1935 ‑ 1975). Poeta, narratore e saggista. Tra le sue opere figurano: La ventana en el rostro (1962), El turno del ofendido (1962), Los testimonios (1964), Taberna y otros lugares (Premio Casa de las Américas, 1969), Miguel Mármol. Los sucesos de 1932 en El Salvador (1972), Historias prohibidas del pulgarcito (1974), Pobrecito poeta que era yo… (1975), Poemas clandestinos (1975) e Un libro rojo para Lenin (1986, postumo). Nel 1956 fondò il Círculo Literario Universitario. Nel 1960 viene imprigionato e poi liberato nell’ottobre dello stesso anno, quando fu rovesciato il governo del presidente José María Lemus. A partire da allora ha viaggiato in diversi paesi. È stato assassinato nel maggio del 1975 dai suoi compagni dell’Esercito Rivoluzionario del Popolo.

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SOBRE DOLORES DE CABEZA

 

Es bello ser comunista,
aunque cause muchos dolores de cabeza.

Y es que el dolor de cabeza de los comunistas
se supone histórico, es decir
que no cede ante las tabletas analgésicas
sino sólo ante la realización del Paraíso en la tierra.
Así es la cosa.

Bajo el capitalismo nos duele la cabeza y nos arrancan la cabeza.
En la lucha por la Revolución la cabeza es una bomba de retardo.
En la construcción socialista planificamos el dolor de cabeza
lo cual no lo hace escasear, sino todo lo contrario.

El comunismo será, entre otras cosas,
Una aspirina del tamaño del sol.

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SUI MAL DI TESTA

È bello essere comunista,
anche se causa molti mal di testa.

Il fatto è che il mal di testa dei comunisti
si suppone storico, cioè
non cede di fronte alle tavolette analgesiche
bensì solo di fronte alla realizzazione del Paradiso in terra.
Così è la cosa.

Sotto il capitalismo ci fa male la testa e ci strappano la testa.
Nella lotta per la Rivoluzione la testa è una bomba a scoppio ritardato.
Nella costruzione socialista pianifichiamo il mal di testa
la qual cosa non lo fa scarseggiare, bensì proprio il contrario.

Il comunismo sarà, tra le altre cose,
un’aspirina della dimensione del sole.

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EL ARTE DE MORIR

EL OTRO: Lo que Ud. quiere saber es, en cierto modo, el arte de morir.
EL HOMBRE: Al parecer es el único arte que hemos de aprender hoy.
(Friedrich Dürrenmatt)

Tómese una ametralladora de cualquier tipo
luego de ocho o más años de creer en la justicia

Mátese durante las ceremonias conmemorativas
del primer grito
a los catorce jugadores borrachos que sin saber las reglas
han hecho del país un despreciable tablero de ajedrez
mátese al Embajador Americano
dejándole a posteriori un jazmín en uno de los agujeros de la frente
hiérase primero en las piernas al señor arzobispo
y hágasele blasfemar antes de rematarlo
dispérsense los poros de la piel de doce coroneles barrigudos
grítese un viva el pueblo límpido cuando los guardias tomen puntería
recuérdense los ojos de los niños
el nombre de la única que existe
respírese hondamente y sobre todo procúrese
que no se caiga el arma de las manos
cuando se venga el suelo velozmente hacia el rostro.

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L’ARTE DI MORIRE

L’ALTRO: Quello che Lei vuole sapere, in un certo senso, è l’arte di morire.
L’UOMO: A quanto pare è l’unica arte che bisogna imparare oggi.
(Friedrich Dürrenmatt)

Si prenda una mitragliatrice di qualunque tipo
dopo aver creduto per otto anni o più nella giustizia

Si uccidano durante le cerimonie commemorative
del primo grido
i quattordici giocatori ubriachi che senza sapere le regole
hanno fatto del paese una spregevole scacchiera
si uccida l’Ambasciatore Americano
lasciandogli a posteriori un gelsomino in uno dei fori della fronte
si ferisca prima alle gambe il signor arcivescovo
e lo si faccia bestemmiare prima di finirlo
si disperdano i pori della pelle di dodici colonnelli panciuti
si gridi un viva il popolo con chiarezza quando le guardie prendono la mira
si ricordino gli occhi dei bambini
il nome dell’unica che esiste
si respiri profondamente e soprattutto si eviti
di far cadere l’arma dalle mani
quando il suolo verrà velocemente verso il volto.

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NO, NO SIEMPRE FUI TAN FEO

 

Lo que pasa es que tengo una fractura en la nariz
que me causó el tico Lizano con un ladrillo
porque yo decía que evidentemente era penalty
y él que no y que no y que no
nunca le volveré a dar la espalda a un futbolista tico
el padre Achaerandio por poco se muere del susto
ya que al final había más sangre que en un altar azteca
y luego Quique Soler que me dio en el ojo derecho
la pedrada más exacta que cabe imaginarse
claro que se trataba de reproducir la toma de Okinawa
pero a mí me tocó ruptura de retina
un mes de inmovilización absoluta (¡a los once años!)
visita al Dr. Quevedo en Guatemala y al doctor
Bidford que usaba una peluca colorada
por eso es que en ocasiones bizqueo
y que al salir del cine parezco un drogadicto desvelado
la otra razón fue un botellazo de ron
que me lanzó el marido de María Elena
en realidad yo no tenía mala intención
pero cada marido es un mundo
y si pensamos que él creía que yo era un diplomático argentino
hay que dar gracias a Dios
la otra vez fue en Praga nunca se supo
me patearon cuatro delincuentes en un callejón oscuro
a dos cuadras del Ministerio de Defensa
a cuatro cuadras de las Oficinas de la Seguridad
era vísperas de la apertura del Congreso del partido
por lo que alguien dijo que era una demostración contra el Congreso
en el hospital me encontré con otros dos delegados
que habían salido de sus respectivos asaltos con más huesos rotos que nunca
Otra opinión que fue un asunto de la CIA para cobrarse mi
escapatoria de la cárcel
otro más que era una muestra de racismo anti-latinoamericano
y algunos que simplemente las universales ganas de robar
el camarada Sóbolev vino a preguntarme
si no era que yo le había tocado el culo a alguna
señora acompañada
antes de protestar en el Ministerio del Interior
en nombre del Partido Soviético
finalmente no apareció ninguna pista
y hay que dar gracias a Dios nuevamente
por haber continuado como ofendido hasta el final
en una investigación en la tierra de Kafka
en todo caso (y para lo que me interesa sustentar aquí)
los resultados fueron
doble fractura de maxilar inferior
conmoción cerebral grave
un mes más engullendo licuados hasta los bistecs
y la última vez fue en Cuba
fue cuando bajaba de una ladera bajo la lluvia
con un hierro M-52 entre manos
en una de esas salió de no sé donde un toro
yo me enredé las canillas en la maleza y comencé a caer
el toro pasó de largo pero como era un gran huevón
no quiso volver a ensartarme
pero de todos modos no fue necesario porque
como les iba contando yo caí encima del hierro
que no supo hacer otra cosa que rebotar como una revolución en África
y me partió en tres pedazos el arco cigomático
(muy importante para la resolución estética de los pómulos)
Eso explica por lo menos en parte mi problema.

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NO, NON SONO SEMPRE STATO COSÌ BRUTTO

Il fatto è che ho una frattura al naso
che mi procurò il costaricano Lizano con un mattone
perché io dicevo che era evidente che era rigore
e lui che non lo era non lo era non lo era
non darò mai più la schiena a un calciatore costaricano
padre Achaerandio per poco muore dallo spavento
visto che alla fine c’era più sangue che in un altare azteco
e poi Quique Soler che mi colpì nell’occhio destro
con la sassata più precisa che si possa immaginare
certo che si trattava di riprodurre la conquista di Okinawa
però per me significò la rottura della retina
un mese di immobilità assoluta (a undici anni!)
visita dal dottor Quevedo in Guatemala e dal dottor
Bidford che usava una parrucca colorata
è per questo che a volte sono strabico
e che quando esco dal cinema sembro un drogato insonne
l’altra ragione fu una bottigliata di rum
che mi lanciò il marito di Maria Elena
in realtà non aveva cattive intenzioni
però ogni marito è un mondo
e se pensiamo che lui credeva che io ero un diplomatico argentino
bisogna ringraziare Dio
l’altra volta fu a Praga non si seppe mai
mi presero a calci quattro delinquenti in un viottolo oscuro
a due isolati dal Ministero della Difesa
a quattro isolati degli Uffici della Sicurezza
era la vigilia dell’apertura del Congresso del partito
per cui qualcuno disse che era una dimostrazione contro il Congresso
all’ospedale incontrai altri due delegati
che erano usciti dai loro rispettivi assalti con più ossa rotte che mai
Un’altra opinione che fu un affare della CIA per vendicarsi della mia
fuga dal carcere
un’altra ancora che era una dimostrazione di razzismo anti-latinoamericano
e alcuni semplicemente il desiderio universale di rubare
il compagno Sóbolev venne a chiedermi
se non era che io avevo toccato il culo di qualche
signora accompagnata
prima di protestare al ministero dell’Interno
in nome del Partito Sovietico
alla fine non spuntò fuori nessuna pista
e c’è da ringraziare Dio nuovament
per aver continuato in veste di offeso fino alla fine
in un’investigazione nella terra di Kafka
in ogni caso (e per ciò che mi interessa sostenere qui)
il risultato fu
doppia frattura mascellare inferiore
commozione cerebrale grave
un mese in più a inghiottire liquidi persino le bistecche
e l’ultima volta fu a Cuba
fu quando scendevo da un pendio sotto la pioggia
con un ferro M-52 tra le mani
all’improvviso saltò fuori non so da dove un toro
io mi aggrovigliai i polpacci tra le erbacce e cominciai a cadere
il toro passò lontano ma visto che era un grande coglione
non volle tornare a infilzarmi
ma ad ogni modo non fu necessario perché
come vi stavo raccontando io caddi sopra il ferro
che non seppe fare altro che rimbalzare come una rivoluzione in Africa
e mi aprì in tre parti l’arco zigomatico
(molto importante per la risoluzione estetica degli zigomi)
Questo spiega almeno in parte il mio problema.

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ALTA HORA DE LA NOCHE

 

Cuando sepas que he muerto no pronuncies mi nombre
porque se detendría la muerte y el reposo

Tu voz, que es la campana de los cinco sentidos,
sería el tenue faro buscando por mi niebla.

Cuando sepas que he muerto di sílabas extrañas.
Pronuncia flor, abeja, lágrima, pan, tormenta.
No dejes que tus labios hallen mis once letras.
Tengo sueño, he amado, he ganado el silencio.
No pronuncies mi nombre cuando sepas que he muerto:
desde la oscura tierra vendría por tu voz.
No pronuncies mi nombre, no pronuncies mi nombre.
Cuando sepas que he muerto no pronuncies mi nombre.

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ALTA ORA DELLA NOTTE

Quando saprai che sono morto non pronunciare il mio nome
perché si arresterebbe la morte e il riposo.

La tua voce, che è la campana dei cinque sensi,
sarebbe il tenue faro in cerca della mia nebbia.

Quando saprai che sono morto di sillabe strane.
Pronuncia fiore, ape, lacrima, pane, tempesta.
Non lasciare che le tue labbra trovino le mie undici lettere.
Ho sonno, ho amato, ho vinto il silenzio.
Non pronunciare il mio nome quando saprai che sono morto:
dall’oscura terra verrei per la tua voce.
Non pronunciare il mio nome, non pronunciare il mio nome.
Quando saprai che sono morto non pronunciare il mio nome.

2 risposte a “Poesia latinoamericana #6: Roque Dalton”


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