Roberto Bolaño a Piazza Garibaldi
I treni che vanno e vengono sono uguali
qui o a Santiago, a Parigi come in Spagna
le stazioni, no le persone ancora meno
i binari sono già letteratura, credo
che avrei rubato libri come in Cile
se fossi nato qua, avrei rubato comunque
mi sarei arrangiato, avrei perso
avrei dimenticato ma non tutto
questa è una frontiera in diagonale
ogni vicolo, ogni incrocio è una linea
e tutto marca una differenza, un’assenza
avrei tenuto a mente il tufo, l’ignoto.
(Gianni Montieri, da Turisti americani)
*
nostri figli
Si annuvolavano conigli
sotto pelo, palpitanti,
cibo pasto alimento
dna in transito, un guizzo di
vibrisse, pesci terragni,
immaginando improbabili salvezze nei balzi a scarse miglia,
dannatamente simili ai
nostri padri, ai nostri figli.
(Viola Amarelli, da Rettoriche)
*
Via Cavalleggeri d’Aosta
Ci troveranno abbracciati in questo
sottopasso allagato, in una periferia
di particolato, fazzolettini
e lattice, di acque
e carcasse, senza poterci
distinguere tra il cruscotto
e i sediolini posteriori, ognuno
con la mano sul sesso dell’altro,
tra alito e gemiti impressi sui finestrini
e i tuoi capelli che galleggiano
sciolti nell’abitacolo.
Forse per allora i tuoi seni saranno
scomparsi amore mio — e il mio sguardo
sarà quello attonito e senza pace
di un morto — ma non certo
quello che ci ha resi vivi,
i nostri cenni d’intesa, l’ultimo
spasmo impresso in un gesto,
la gioia feroce
di un amore appena abbozzato.
(Francesco Filia, da Stradario)
*
La casa
Vivo in una casa vuota,
ma di cosa dovrebbe essere piena una casa?
Resta solo l’utilizzo mancato
d’ogni oggetto, lo puoi vedere, certo,
strabuzzando gli occhi
ome facevi da ragazzo,
fissandoti allo specchio:
il petto nudo, e tutto il resto,
spezzato nel mezzo,
un capezzolo che guarda il cielo
(l’altro l’inferno).
In questo sei un mitico busto,
con i vestiti di tua madre tutto intorno,
la macchina da cucire
che fissa i punti alle gonne.
Allora aspettavi il padre,
l’occhio mansueto del tempo.
Di questo non puoi avere rimpianto,
nemmeno adesso, che la rosa nel vaso
fa la muffa lungo lo stelo.
Lo dici a te stesso, riflesso nel vetro:
“I vestiti che indosso
li darò in pasto agli zingari del centro”.
(Vincenzo Frungillo, da Zona est)
*
poesia: the napoli heading
I chitemmuort
You chitemmuort
He She it lota
We chivestramuort
You piglioncu’
They anna passa’ nu guaio
(Immo, da ‘ci stanno un napoletano un napoletano e un napoletano, ovvero: 8 poesie ma 9 pagine (come higuain) sul significante NAPOL’)
9 risposte a “La Disarmata – cinque napolitudini”
ma che bel libro….)); thx Anna Maria, Viola
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Bel regalo, quello di oggi. Grazie.
c.
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come sempre ti metto sulla mia pagina del <3 un abbraccio.
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capolavoro!
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Non vedo l’ora di leggere tutto il volume. Grazie
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L’ha ribloggato su Linguistica italiana e dintornie ha commentato:
Il termine napolitudine è suggestivo. E le poesie scelte in questo post molto belle.
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grazie a tutti
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L’ha ribloggato su gianni montierie ha commentato:
La Disarmata – cinque napolitudini
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[…] fa parte di una serie dal titolo “Turisti americani“, serie inclusa nel volume collettivo “La Disarmata – 5 napolitudini” AA.VV. edizioni CFR, 2014, la proponiamo oggi che sarebbe stato il compleanno di Grace Paley (11 […]
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