A mio fratello,
MATTONELLE
È una questione di posizione. Dipende dal modo in cui inclini il piede verso la parte esterna così da non cadere. Cadere, puoi cadere, sia inteso. Il vero problema è che non devi toccare le linee. Se sei piccolo come Andrea allora puoi cadere bene perché è facile riuscire a centrare il punto senza toccare la linea. Se sei grande come me allora diventa più complicato ed è tutta una questione di allenamento.
Dicevo del piede. Il piede, per non perdere l’equilibrio, devi posizionarlo in maniera mai definitiva e lasciarti la possibilità di piegarlo leggermente a destra o a sinistra, verso l’interno o verso l’esterno, come meglio credi e come senti che non cadrai. Attenzione però alle caviglie. Se muovi male il piede puoi anche ritrovarti a terra senza rendertene conto. Andrea una volta è rimasto con la caviglia fasciata per una settimana intera e i primi giorni doveva tenere la gamba su una sedia, come faceva la nonna, quando si gonfiavano le vene.
A volte sei fortunato e le linee si distanziano di parecchio, altre volte invece le linee si susseguono in maniera continua e allora quello che devi fare e saltellare con dei piccoli balzi finché non arrivi alla fine del percorso. Se le linee sono distanti invece ti conviene fare delle lunghe sforbiciate, allargando il passo più che puoi, ma saltare mai, perché è pericoloso.
Gianni non sopporta che gli venga detto cosa fare per questo preferisce girare come un cretino intorno a noi, prendendoci in giro. La verità è che Gianni non sa non toccare le linee e per questo finge di non divertirsi. Io sono molto brava, Andrea anche, e gli altri bambini del Parco non se la cavano male. Gianni invece non scende mai da quella mountain bike, ci gira solo attorno e cerca di farci sbagliare. A me sembra uno squalo, di quelli che si vedono in televisione, che girano affamati intorno alle barche. Gianni lo chiamo “Gianni lo squalo” e da quando nel Parco si è sparsa la voce tutti lo chiamano così. Gianni lo ha saputo ed è contento perché lo squalo fa paura a tutti. Per me resta sempre un cretino perché lo squalo non attacca mai e se lo fa è quasi sempre per colpa dell’uomo. Lui invece attacca sempre perché è più grosso e ha la mountain bike nuova. Quelli come Gianni a scuola vengono bocciati perché sono scostumati e non studiano e pensano che essere bocciati è bello. Una cosa è certa: quello che per Gianni è bello, per me è scemo.
Non lo faccio solo nel Parco, giù nel cortile. A volte mi ritrovo a farlo per strada, mentre vado a scuola, quando andiamo a trovare mia zia, quando finisce il latte e mi mandano al negozio a prenderlo. Non tocco mai le linee che delimitano il confine tra una mattonella e l’altra. Andrea a volte quando camminiamo si accorge che lo sto facendo e inizia a farlo anche lui. Certe volte immagino cosa sarebbe la vita senza le linee. Cosa sarebbe il pavimento senza le mattonelle, o il pavimento senza il pavimento. Come potrei sapere quali sono gli spazi in cui mi è concesso di cadere. Quanto posso allungare il mio passo. Quanto posso piegare il mio piede e le mie caviglie senza farmi male. Quanti saltelli devo fare prima di arrivare alla fine del percorso e restare ferma.
Una volta l’ho detto anche ad Andrea questo pensiero e lui si è messo a ridere e ha detto che le linee non potrebbero non esistere e che se non ci fossero le linee create dalle mattonelle o il pavimento senza il pavimento, come dico io, potremmo inventarcele e pensarle fino ad arrivare a vederle, come funziona con la linea del calcio, quella del fuorigioco, quella che non si vede ma c’è, c’è così tanto che alla fine la riesci a vedere anche tu e l’arbitro, ma non sempre, aggiunge Andrea. – Io la linea del fuorigioco non la vedo Andrea, te l’ho spiegato un sacco di volte, me l’hai spiegato anche tu, ma io non la vedo, e se non la vedo per me non c’è, la vedi solo tu e l’arbitro, ma l’arbitro non sempre –
Quando Andrea si è messo davanti a me non avevo idea di quello che stesse per accadere. Ho stretto i pugni e tirato le braccia vicino al petto, poi ho chiuso gli occhi strizzandoli così forte che quando li ho riaperti vedevo tutto nero e pensavo di essere diventata cieca. Andrea era a terra, sdraiato e si toccava le costole perché gli faceva male, Gianni si era allontanato di poco con la bici e ora restava fermo a guardarci.
Voleva investire me con la bici perché gli avevo detto di lasciarci in pace mentre provavo a saltare l’ultima mattonella senza toccare le linee. Gianni allora ha preso la rincorsa e mi ha puntato ma Andrea si è messo davanti e alla fine si è preso la bicicletta di Gianni addosso al posto mio.
Sono subito arrivati i grandi e urlavano come dei pazzi, mia zia aveva visto dal balcone e adesso piangeva. Andrea era ancora a terra, Gianni fermo sulla mountain bike, rivolta verso di noi. Io vedevo ancora male, come degli strani puntini neri e fosforescenti che ballavano davanti ai miei occhi.
Andrea da quel giorno è il mio eroe. Nessuno può dire o fare niente di male ad Andrea perché io lo uccido. L’ho scritto anche nell’androne del palazzo, in maiuscolo, con il pennarello rosso, così sembrava sangue, ma l’amministratore si è arrabbiato e anche la nostra vicina di casa, così l’hanno dovuto coprire con la pittura. Io però se voglio lo riesco ancora a vedere. Mi siedo sullo scalino di fronte, fisso il punto in cui l’ho scritto per alcuni minuti e dopo poco mi appare la scritta. Come succede con la linea del fuorigioco. Allora ho capito che vedere cose che non si vedono, come per esempio le linee, dipende dal fatto che devi volere bene a quella cosa che non vedi. Come ne voglio io ad Andrea e come ne vuole Andrea alla linea del fuorigioco o a tutto quello che riguarda il calcio.
Andrea è il mio eroe, e non solo perché si è messo davanti alla bicicletta. Quando Gianni l’ha fatto cadere è riuscito ad entrare tutto nella mattonella grande del cortile. Me ne sono accorta non appena i puntini neri e fosforescenti sono spariti e io ci vedevo di nuovo. Poi gli altri lo hanno spostato, urlavano, calpestavano linee, su linee, su linee. E le facevano calpestare anche ad Andrea, ma state sicuri che se Andrea fosse stato in piedi da solo non le avrebbe neanche sfiorate.
Andrea quando cade, o inciampa o perde l’equilibrio, riesce sempre a non toccare le linee e uscire fuori. Andrea le linee le vede sempre.
Mica come l’arbitro.
(c) Marianna Garofalo
◊
Qui puoi scaricare il pdf dell’articolo

