Si inizia a raccontare di Simone Cattaneo partendo dalla fine. Sì, perché il controverso scrittore di Saronno si toglie la vita nel 2009, a 35 anni, chiudendo il conto con una realtà che sentiva estranea e con una umanità che percepiva malata e sofferente. Succede così che la morte lo sottragga al mondo e faccia contemporaneamente esplodere la sua poesia.
Uomo schivo, vorace lettore, sempre polemico nei confronti della società borghese in cui era nato e cresciuto, il suo è un immaginario vasto in cui convivono i The Clash e Brian De Palma, i Pogues, Francis Ford Coppola e Tarantino, ma anche Osip Mandel’štam, Anne Sexton e Sharon Olds. È lui stesso a rivelare – nell’unica intervista rilasciata a una piccola emittente privata – di essersi dedicato prima alla narrativa – ispirandosi alle pagine più note della letteratura americana come quelle di Fante, DeLillo e Bellow – e di aver iniziato a comporre versi solo a vent’anni partendo dall’ascolto della musica inglese e riflettendo sulla necessità di una scrittura senza paletti metrici o stilistici, per giungere a una produzione capace di esprimere con senso immediato e compiuto la sua filosofia.
Numerosi sono i contributi critici a lui dedicati dalle più note riviste letterarie e non solo. Tra questi, interessante è il volume del 2019 di Giorgio Anelli Simone Cattaneo. Di culto et orfico (Giuliano Ladolfi Editore) che mette l’accento su un’opera che ha valore di per sé, a prescindere dal tragico destino del suo autore. Negli anni, i recensori – consci del valore dei suoi lavori – hanno acceso una luce su una figura che è riuscita ad aprire uno squarcio nella letteratura contemporanea, sconvolgendone i canoni e la prospettiva che non è mai – per Cattaneo – quella di una pubblicazione fine a sé stessa, bensì quella di interrogarsi continuamente sulle (in)civili discrasie: i suoi testi, infatti, toccano il tema della povertà economica e morale, il concetto di autorità e di religione, quello di solitudine e solidarietà.
Le sue due sillogi, Nome e soprannome e Made in Italy, pubblicate da Edizioni Atelier rispettivamente nel 2001 e nel 2008, sono oggi contenute all’interno del libro Peace & Love che prende il nome dalla omonima raccolta edita postuma per Il Ponte del Sale.
Il poeta descrive la decadente periferia milanese, costellata di figure di reietti e abbandonati, violenti e prostitute, extracomunitari e ubriaconi. Nel farlo, non esita a utilizzare un linguaggio esplicito, a tratti disturbante, che nulla ha a che fare con la tradizione del Novecento. I primi versi, più brevi e dolenti, si sviluppano intorno a un centro metallico e denso, come questi: “Su muoviti, cosa fai lì fermo/ in quella fotografia, in un rettangolo/ d’alluminio senza mediazione,/ qui c’è da lavorare,/ da leggere ciò che scrivo, d’abbracciarsi ancora un poco”, mentre qualcosa muta nella seconda parte in cui viene del tutto abbandonato il lirismo appena accennato degli esordi a favore di componimenti più discorsivi e taglienti. Qui, comincia a emergere un universo di personaggi insoddisfatti e squattrinati, gente inetta e incompresa che galleggia nella vita accontentandosi del poco. Ma è nell’ultima sezione che si fa perfino spietato: ogni velo è tolto e non è ammessa nessuna edulcorazione della verità. L’interesse per tutto ciò che è inconsistente ed effimero muove l’uomo fino a renderlo insensibile e brutale nei confronti dei propri simili. L’altra faccia della medaglia sono i sorrisi avvizziti al gin, l’isolamento, la demenza e il delitto.
Quale autore può arrivare ad invocare l’incendio di una “Milano di Averna e cambiali”, se non lui? E perché Cattaneo desidera tanto? La sua immedesimazione è totale. I suoi demoni sono quelli che ciascuno teme e li avverte intorno a sé tutti insieme senza che possa più sostenerne la presenza. Le cicatrici – più o meno visibili – sono dubbi striscianti, impossibili da guarire con mezzi umani. L’unica liberazione è l’estinzione: “la morte sistema ogni cosa”, afferma.
Ma non tutto è perduto. In un celebre verso, Anne Sexton – il cui Dio divora gli uomini – scriveva: “Sicuramente le parole continueranno,/ perché sono, di ciò che resta, l’unica verità”. È lo stesso per Simone Cattaneo. Può solo avventurarsi per sempre nella propria solitudine lasciando ai lettori un patrimonio di autentico valore poetico.
Di Annachiara Atzei
Cinque poesie da Peace & Love (Il Ponte del Sale, terza edizione 2021)
Me ne stavo sdraiato sul pavimento del bagno
a cantare l’unica canzone in inglese
che conosco e a sputare cercando di colpire
un piccolo ragno sul muro,
quando la forma indecisa del mio braccio mi è parsa
simile alla bacchetta di un rabdomante che si piega
in prossimità di una qualsiasi sorgente d’acqua ormai prosciugata,
e allora ho deciso che non sarei morto soffocato dalle parole
che incendiano la giornata e ci frustano il viso senza motivo
avrei bene o male tirato a campare ancora per un po’,
il tempo necessario per non regalare
tutti i fiori di legno che offuscano la mia casa
a donne amate da anni e non incontrate mai.
*
Si è arrampicata nuda fino al cornicione dell’ultimo piano del palazzo
e guardando giù ha visto il padre prendere da dietro la madre
così ha abbozzato un sorriso,
ha notato un gruppo di persone uscire dai negozi sottostanti
e sfotterla per le gambe grosse e le tette basse
poi ha pensato al lavoro e alla cartiera e
al tizio che le sfila le mutande tutti i giorni alla pausa pranzo
è logico quindi non fumare a letto
stendere il bucato fino al cratere della strada,
scrollare le spalle e dirsi che qui
non esistono segreti che non si rompono come bicchieri
perché non sempre si deve credere
a ciò che si può vedere.
*
Adesso basta. Questa democrazia del desiderio non è meglio di altre dittature,
chi possiede non può essere malato e vantarsi, chi campa male può solo rassegnarsi.
È tempo di rabbia, ma dove la trovi? Quanto guadagni, come ti vesti, chi frequenti,
fanculo ai perdenti, sbattiamo la testa contro il muro, riassorbi il tempo del tuo sangue
in un altro firmamento, le tue risa congelate sono cariche di sporcizia.
Se attraversi un deserto a piedi rimani sempre senza un soldo, la volontà non conta,
allontanati zoppicando e china la testa: non sei niente, nemmeno gli adolescenti allupati
vogliono scoparti. E così si va avanti.
*
Arrivano cani con occhi come monete cucite nella notte
pronti a divorarti le dita, donne stuprate e uomini castrati
troppo deboli per godere, giovani ragazze a cui scarti umani
mangiano il seno e il bambino che portano in grembo,
vecchie torturate per il loro presente agiato, ragazzi buoni solo
per cucinare i loro coglioni, stringi il delfino gemello che ruota
nei miei pantaloni, sono pronto a farmi saltare carico di esplosivo in una chiesa,
o in una moschea o in qualsiasi luogo di culto, supermercati compresi.
Vorrei essere una rugiada di sangue.
*
La mia donna crea dipinti con i suoi capelli castani
sul mio petto scuro,
aspetta sulla soglia della mia carne ogni suo errore,
mi conforta dicendomi che soffrirò da solo,
cadrò e non mi solleverò,
ucciderò sette persone e avrò tanti giorni di carità
quanti un cane in un canile, rimarrò solo senza più denti,
farmaci né sentimenti
finirò come quello straniero incontrato un lunedì pomeriggio
in un caffè di Milano centrale.
Più o meno la sua vita era andata così – I had a woman,
she left me -.
Nulla più di questo.