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Il demone dell’analogia #34: Vocali

«Una strana amicizia, i libri hanno una strana amicizia l’uno per l’altro. Se li chiudiamo nella mente di una persona bene educata (un critico è soltanto questo), lì al chiuso, al caldo, serrati, provano un’allegria, una felicità come noi, esseri umani, non abbiamo mai conosciuto. Scoprono di assomigliarsi l’un l’altro. E ognuno di loro lancia frecce, bagliori di gioia verso gli altri libri che sembrano (e sono e non sono) simili. Così la mente che li raccoglie è gremita di lampi, di analogie, di rapporti, di corti circuiti, che finiscono per traboccare. La buona critica letteraria non è altro che questo: la scoperta della gioia dei libri che si assomigliano». Mario Praz

ALEF di Annalisa Mercurio
Il demone dell’analogia #34: Vocali

 

SOLITUDINE DELLA LETTERA

Considera le lettere dell’alfabeto, aveva scritto su un foglio bianco, in bella grafia. Alcune sono toccate dalla grazia di un senso a venire, e corrono per questo a raggrupparsi. Altre se ne stanno in un angolo, attendono il passaggio di un senso nomade, così potranno essere accolte nella tenda di una parola. Altre ancora soffrono la solitudine, scrutano in lontananza le proprie compagne, che sono anch’esse isolate su una roccia impervia o sulla riva del mare, vorrebbero raggiungerle ma sono obbligate intanto a star lì, nel recinto dell’inerzia, dell’insignificanza. Infine ci sono quelle che per loro natura sono disposte al canto, perché sono abitate dal vento, sono voce, e musica nella voce: le chiamiamo vocali. Sono le più vicine a quel prima della lingua che è respiro e silenzio della natura, o dolore della natura, dolore per la privazione della lingua. Vestono di bianco, queste vocali, perché possano poi prendere sul loro corpo tutti i colori possibili, unendosi alle altre lettere.  Sanno essere l’anima della lingua, essenziali come il sangue che scorre nelle arterie e nelle vene, ma non se ne gloriano, perché sanno anche che nessuna di loro è stata scelta per dare inizio alla parola dell’inizio, anzi un tempo non erano neppure lettere, ma solo soffio, solo voce. Tutte queste lettere vanno a comporre nomi, seguono strade dolci o scoscese per trovare nomi, per nascondere nomi, per sfiorare nomi, per rivelare nomi. Ma lungo questo andare e cercare, lungo questo perdersi e ritrovarsi, esse sognano quel nome che non è dato comporre, un nome-luce che nessun alfabeto può contenere, e abita l’aria, l’acqua, la terra, il fuoco, l’etere. O forse quel nome non abita più neppure questi elementi, è solo cenere, passaggio di vento, polvere interstellare. O persino riverbero che viene dal nulla. Le lettere muoiono, una ad una, per non poter dire quel nome. Nella lingua che rinasce, nella lingua che usiamo, c’è il soffio di quella sconfinata mancanza.
Questo aveva scritto su un foglio bianco, in bella grafia.

da Tutto è sempre ora di Antonio Prete

 

ALEF

Rivestire l’anima
nel fiume del silenzio.
Del suo tanto dire,
dello strappo che porta alla luce.

Inedito di Annalisa Mercurio

 

VOYELLES

A noir, E blanc, I rouge, U vert, O bleu: voyelles,
Je dirai quelque jour vos naissances latentes:
A, noir corset velu des mouches éclatantes
Qui bombinent autour des puanteurs cruelles,

golfes d’ombre; E, candeurs des vapeurs et des tentes,
lances des glaciers fiers, rois blancs, frissons d’ombelles;
I, pourpres, sang craché, rire des lèvres belles
dans la colère ou les ivresses pénitentes;

U, cycles, vibrement divins des mers virides,
paix des pâtis semés d’animaux, paix des rides
que l’alchimie imprime aux grands fronts studieux;

O, suprême Clairon plein des strideurs étranges,
silences traversés des Mondes et des Anges:
– O l’Oméga, rayon violet de Ses Yeux!

VOCALI

A nera, E bianca, I rossa, U verde, O blu: vocali
io dirò un giorno i vostri ascosi nascimenti:
A nero vello al corpo delle mosche lucenti
che ronzano al di sopra dei crudeli fetori,

golfi d’ombra; E, candori di vapori e di tende,
lance di ghiaccio, brividi di umbelle, bianchi re;
I, porpore, rigurgito di sangue, labbra belle
che ridono di collera, di ebbrezza penitente;

U, cicli, vibrazioni sacre dei mari viridi,
quiete di bestie al pascolo, quiete dell’ampie rughe
che alle fronti studiose imprime l’alchimia.

O, la suprema Tuba piena di stridi strani,
silenzi attraversati dagli Angeli e dai Mondi:
– O, l’Omega ed il raggio violetto dei Suoi Occhi!

da Opere di Arthur Rimbaud
(trad. di Ivos Margoni)

2 risposte a “Il demone dell’analogia #34: Vocali”

  1. Trovo interessante questa tua ricerca, cara Paola, attraverso la rete di richiami analogici e sinestesie per accostamento, fedele al principio delle “Corrispondenze ” espresso da Baudelaire e Rimbaud dopo i due versi iniziali ” vocali, / io dirò un giorno i vostri ascosi nascimenti”, si assume il compito di creare una realtà nuova, rispondente alla sensibilità dell’artista. Così infatti dichiara in Una stagione all’ inferno: ” Inventai il colore delle vocali” che ci riporta all’uso sapiente di una competenza tecnica alta. Grazie

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