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Maria Grazia Calandrone, “Splendi come vita”. Nota di Michele Paoletti

Maria Grazia Calandrone, Splendi come vita
Ponte alle Grazie 2021
Nota di Michele Paoletti

Nel 2019 esce per Mondadori Giardino della gioia, raccolta di poesie all’interno della quale è presente una sezione intitolata Il Disamore; a distanza di due anni Ponte alle Grazie pubblica Splendi come vita, libro impossibile da classificare (e del resto poco importa) in cui Maria Grazia Calandrone racconta la vita sua e di sua madre adottiva Consolazione, Ione. La prospettiva che in Giardino della gioia si focalizzava su varie figure “marchiate” dal Disamore qui si stringe: «Sono caduta nel Disamore a quattro anni, quando Madre rivelò Io non sono la tua Mamma Vera». Il lettore è avvertito. Eppure lo sguardo che attraversa Splendi come vita è lucido perché «La vita ci ignora […] Tutto cicatrizza a nostra insaputa» e su queste cicatrici traboccanti d’amore Maria Grazia si ricostruisce e ricostruisce il percorso della sua crescita, consegnandoci una figura complessa e dolorosa come quella di sua madre, travolta da un eccesso di verità e di amore. «Col tempo la notizia scavò un solco oceanico» tra le due, tuttavia, l’amore continua a scorrere copiosamente, a fiotti come sangue anche se biologicamente diverso ma non per questo meno autentico, meno travolgente. Splendi come vita è dunque una dichiarazione d’amore incondizionato di figlia, un racconto lungo una vita (si badi bene, quella di Ione) fatto di frammenti luminosi, ricordi filtrati attraverso un setaccio che restituisce la verità e la bellezza, senza scivolare nella lamentazione o nel rimpianto. Ed è qui la forza di questo libro: Maria Grazia con la sua efficace prosa poetica, con la sua inconfondibile voce ci consente di trovare uno specchio, porta il lettore di fronte a sé stesso. Nonostante la vicenda sia strettamente biografica è impossibile non trovare punti di contatto: siamo figli che temono di deludere i propri genitori e genitori che non riescono a contenere l’amore, che lo fraintendono, lo negano, prima di tutto a loro stessi. Gli episodi più efficaci sono quelli che raccontano lo scorrere quotidiano delle giornate: «Mamma che mi addormenta raccontandomi i miti greci», «Mamma che ride […] quando faccio il pagliaccio per lei»; «Mamma che, anche se fanno male, compra le patatine Pai perché il nome Pai mi fa ridere», perché è nella verità che sta la bellezza, la capacità di trovare un filo che lega gli uni agli altri come un essere infinito. Impossibile inoltre non accorgersi di come la lingua, e la parola, siano estremamente cesellate, la poesia affiora in ogni pagina, spesso dichiarata, in altri casi sorprendendoci con improvvisi a capo che spezzano il fiato di questa corsa del sangue verso il sangue primario della Madre ed è proprio la poesia la pietra filosofale, «l’officina alchemica dove ogni dolore viene ridato al mondo come bellezza». In Splendi come vita c’è il dolore del «Tempo perduto per sempre» ma ci appare in una forma luminosa e al lettore viene semplicemente chiesto di permettere alla luce che porta in sé di splendere, irradiando di amore tutto ciò che lo circonda.

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