Lenin, l’uomo, secondo Maksim Gor’kij
A cura di Giulia Bocchio
Lenin, personalità nota a tutti, Lenin nei libri di storia, Lenin il mitizzato, il vituperato. Lenin il politico, Lenin lo studioso. Lenin e il proletariato. Lenin e le controversie successive.
Di questo imponente personaggio storico, che ha cambiato per sempre le sorti della Russia, s’è detto e scritto di tutto.
Lo hanno studiato in tanti, innumerevoli le biografie, le interpretazioni, le ricostruzioni della sua impresa rivoluzionaria.
Ma cosa accadde subito dopo la sua morte, in quei giorni di gennaio, nel 1924?
La notizia echeggiò ovunque, arrivando sino a Sorrento, lì si trovava lo scrittore Maksim Gor’kij, per curare, o almeno lenire, la tubercolosi.
Gor’kij non era un leninista, spesso si era dichiarato scettico in fatto di politica e rivoluzione (o meglio qualcuno era più fervente di lui a proposito di rovesciamenti sociali), aveva sollevato qualche dubbio sull’effettiva (dis)organizzazione di alcuni intellettuali visionari, questo perché lui non era un intellettuale, non aveva mai avuto la presunzione di presentarsi come tale, era piuttosto un autore che, nato povero, vagabondo e autodidatta, aveva viaggiato molto e soprattutto osservato gli uomini, che erano il materiale letterario che più gli interessava.
Si era fatto conoscere per i suoi romanzi e per i suoi drammi intrisi d’un realismo socialista del tutto nuovo, le sue pagine descrivevano la vita in Russia con un’amarezza onesta ed esatta, gli uomini e le donne di cui raccontava erano personaggi più reali che letterari.
Apprezzato e stimato da Tolstoj e Čechov, venne notato anche dalla stampa, in particolare quella bolscevica e fu proprio a Pietroburgo, nella redazione del giornale Novaja Žizn’ (La Nuova Vita), che incontrò per la prima volta Vladimir Lenin. Era il 1905.
Sì perché Lenin non era un uomo confinato in quei grandi palazzi dai soffitti d’oro, a ipotizzare ideologie e applicazioni sociali dall’alto di grandi finestre, no, era un uomo che attraversava la Russia, che incontrava sostenitori e detrattori. Soprattutto gli uomini semplici, la cui opinione lo interessava più di quanto i suoi compagni contemporanei ammettessero.
Lo si sarebbe incontrato in una piccola redazione, in una piazza, a casa di un amico o all’interno di un circolo.
Quando Gor’kij lo incontrò, nutrì subito nei confronti della sua persona una stima priva di retoriche.
Tant’è che lo incontrò altre volte nel corso della sua vita, in momenti più o meno tesi, osservandolo sempre da un punto di vista esclusivamente umano, lasciando quasi da parte la sua importanza politica, le sue idee per una Russia nuova. Emergeva nei discorsi il carisma, la dedizione, la presenza costante, l’instancabile lavoro, l’energia, l’aspetto visionario che fa di un uomo un tassello imprescindibile della storia del mondo.
Ecco perché quando la notizia della morte di Lenin giunse fino a Gor’kij questi, di getto, mise subito su carta i suoi ricordi, nonché un inedito ritratto umano del rivoluzionario russo, certamente utile per leggerne anche il peso politico.
Le pagine lasciano così spazio agli aneddoti, ai dettagli, all’ammirazione personale, a quegli aspetti che uno storico o un cronista dell’epoca avrebbero accantonato per dare spazio e risalto alla sua causa e all’effetto domino che seguì.
«Scrivere il suo ritratto è difficile. Lenin, esteriormente, è tutto nelle parole, come un pesce nelle squame», e ancora, «Per me personalmente Lenin non è solo la perfetta incarnazione della determinazione volta a un preciso scopo, che prima di lui nessun uomo osava mettere in pratica, lui per me è uno di quegli uomini integerrimi, mostruosi, quasi magici e inattesi che nella storia della Russia esprimono forza e talento».[1]
Gor’kij ammira Lenin, lo ammira come una sorta di prodigio, come un personaggio rivelatore di una visione nuova e più ampia, e addirittura troppo complessa.
D’altra parte Lenin era prima di tutto uno studioso, un appassionato, un elaboratore di teorie (molte da plasmare, come il marxismo) che andavano ben oltre la rivoluzione proletaria, ben oltre la rivoluzione d’ottobre stessa.
Era, politicamente parlando, il fulcro di ogni azione e quando un uomo cambia una pagina di storia solitamente non ha troppo tempo per dedicarsi ad altro. Ed ecco che nelle memorie di Gor’kij, Lenin è un uomo che non ha più davvero tempo di leggere, vorrebbe dedicarsi di più a Tolstoj, ma non ci riesce. C’è sempre un compagno da raggiungere, lettere da scrivere, una riunione da organizzare, un viaggio da compiere. Deve guardarsi alle spalle, tante le spie, tanti i voltafaccia.
E non riesce neanche ad ascoltare buona musica, tutti lo cercano, tutti vogliono conoscere la sua opinione sul mondo. Non conosce più il silenzio. È un uomo, Lenin, a cui tutti chiedono risposte e lui ha imparato dunque a prendere tempo, la sua espressione ehm, ehm divenne presto celebre. Piccoli occhi sempre accigliati ma pieni di riguardo verso la salute degli altri, spesso Lenin nelle sue lettere ai compagni consigliava riposo, cure: le disgrazie altrui lo affliggevano.
L’umore non è cosa da poco, soleva ripetere, lui che gli umori degli uomini, degli operai, li aveva agitati tutti.
Gor’kij rimaneggiò i suoi scritti su Lenin a più riprese nel corso degli anni, aggiungendo altre numerose riflessioni legate alla sua avventura rivoluzionaria, senza mai ritrattare la cifra umana delle pagine del ’24, un personaggio che, da autore, avrebbe voluto inventare egli stesso.
1) Maksim Gor’kij, Lenin, un uomo, Sellerio, Palermo, 2018, p. 61.
Una replica a “Lenin, l’uomo, secondo Maksim Gor’kij (di Giulia Bocchio)”
Si tratta di due biografie incrociate in maniera geniale.
"Mi piace""Mi piace"