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Il sabato tedesco #6: Gottfried Benn, Cespugli di sorbo

“Il sabato tedesco”, rubrica da me curata per Poetarum Silva, prende il nome da un racconto di Vittorio Sereni e si propone di raccogliere riflessioni, conversazioni, traduzioni intorno a testi letterari. (Anna Maria Curci)

 

Inka Grebner, Illustrationen zu Gottfried Benn, Ebereschen
Il sabato tedesco #6: Gottfried Benn, Ebereschen / Cespugli di sorbo

Di seguito, nella mia traduzione e nell’originale in tedesco, alcuni dei versi che hanno ispirato a Cristina Campo queste parole:

«Imperdonabile Benn, e non certo nel suo sacco cinerognolo di peccatore politico (neppure è dignitoso ricordare quanta cattiva politica sia sempre perdonata in nome della cattiva scrittura), bensì nella sua stola purpurea di confessore della forma: l’autore di alcune poesie solo possibili al magistero del più alto maestro in molti anni di lingua tedesca, poiché di questo si tratta, alla fine. Imperdonabile Benn, che afferma non dover essere il poeta lo storico del proprio tempo, anzi il precursore al punto da ritrovarsi di millenni alle spalle di quel tempo, l’antecessore al punto da poter profetare dei più lontani cicli avvenire. Testimone soltanto di ciò che immobilmente perdura: un guerriero, una stella, una morte, un cespuglio di sorbo» (Cristina Campo, Gli imperdonabili, Adelphi, prima edizione 1987, settima edizione 2008, p. 77)

Ebereschen è del 1954, mentre al 1955 risale la stampa di Aprèslude, la raccolta che può essere considerata il testamento di Benn «poeta della tarda modernità» (Luciano Zagari). Ferruccio Masini ha tradotto Aprèslude in una edizione con il testo a fronte (Einaudi 1966).

 

Cespugli di sorbo

Cespugli di sorbo – non del tutto rossi ancora
di quel tono cromatico che assumono e li fa
residuo incandescente, sorbola, autunno e morte.
Cespugli di sorbo – un po’ sbiaditi ancora,
ma, a ben guardare, legati già in un mazzo
ad annunciare a fior di labbra le ore dell’addio
forse mai più, forse quest’ultima volta.
Cespugli di sorbo – quest’anno e negli anni, sempre
in toni opachi prima e poi di rosso
colorati, riempiti, maturati, offerti a Dio –
ma tu, dove hai raggiunto pienezza, colore, maturità?

Ebereschen

Ebereschen – noch nicht ganz rot
von jenem Farbton, wo sie sich entwickeln
zu Nachglut, Vogelbeere, Herbst und Tod.
Ebereschen – noch etwas fahl,
doch siehe schon zu einem Strauß gebunden
ankündigend halbtief die Abschiedsstunden
vielleicht nie mehr, vielleicht dies letzte Mal.
Ebereschen – dies Jahr und Jahre immerzu
in fahlen Tönen erst und dann in roten
gefärbt, gefüllt, gereift, zu Gott geboten –
wo aber fülltest, färbtest, reiftest du -?

 

Gottfried Benn, Ebereschen, 1954
(traduzione di Anna Maria Curci)

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