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Alessandro Barbato, Poesie da “Solamente quando è inverno”

 

La funzione domenicale

C’è un’aria rarefatta per le vie:
per questo, credo, adoro la domenica.
Per il suo senso di contemplazione
per il brusio che viene
dalle televisioni, dai circoli
di vecchi nei pochi bar aperti,
per il suo perdersi tra il brecciolino
dei parchi cittadini.
Gli stessi che alla sera, sfocati
dalla nebbia, conservano reliquie
di nuvole e bambini.
E quello in cui ora sono, innocuo
tra le ombre dei platani malati,
godendo il privilegio
di essere superfluo.

 

Imperfetto

Non piove più da molto nel bicchiere
mio di vino. Lo lascio ormai da mesi,
nelle sere senza Luna,
proprio sopra il davanzale
da cui scruto attento il cielo,
tra le creste dei lampioni
per capire se potremo ancora
bere mescolati i miei due cuori.
Adesso mi accontento di afferrare
un po’ di brina se ti cade
dai capelli, di bagnarmi
coi pensieri, di annusare i lampi e i tuoni,
mentre evapori, scompari
tra gli spigoli del giorno
che comincia, tra i chiarori.

 

Il tempo delle cose (un tempo per ogni cosa)

Non cerco più nessuno
da quando ti ho incontrata liquefatta
in un’estate che non ha imparato
niente dalla vita e dal cadere.
È sciolto dentro un timbro un po’ più roco,
nella lotteria di calcoli,
di cumuli e pensioni,
l’ardito memoriale di cocciute
vibrazioni di cui nulla ci rimane.
Soltanto un virulento, malinconico
e anche stupido affiorare
di nostalgiche tensioni:
le assetate testimoni
di piaceri che al momento 
non sapemmo di godere.

 

Tu lo sapevi già 

Tu lo sapevi già
ma io dovevo scendere, vedere
il ripostiglio dove abbandoniamo
i vuoti, i canti smessi, i dadi, i voti,
le tue scarpe, le parole mie, le tue.
Ché si risale nudi,
leggeri e un po’ più docili coi ruderi; 
ma fermi a conservare
solo i brividi e la polvere
di miele che è negli occhi tuoi che mimano
i richiami del futuro
come calchi d’una stella.

 

Ma tu non finirai

“Ma tu non finirai
negli angoli su cui soltanto obliqua
arriva in polvere la luce.
Non resterai sospesa
nell’origliare tremulo di foglie
che si bagnano dell’alito
del mondo. Ci cercherà
la notte e ci faremo stelle, lampi,
o lucciole per abitare
ancora gli interstizi
dei sorrisi che spargevi sul mio
carillon di noie, tra i tuoi
dubbi e la mia gioia.”

 


Alessandro Barbato (Roma, 1975) dopo la laurea in lettere, ha conseguito il titolo di dottore di ricerca in antropologia sociale presso l’EHESS di Parigi dedicandosi allo studio dei rapporti tra nuove scienze e letteratura, in particolare nell’opera di Michel Leiris e Pier Paolo Pasolini. Ha pubblicato su tale tematica diversi saggi, in lingua italiana e francese, e una monografia. Ha pubblicato anche poesie su rivista e nel 2019 la silloge Il fiore dell’attesa, confluita nel 2020 nella raccolta Solamente quando è inverno, pubblicata in formato ebook da Ali Ribelli Edizioni. Attualmente insegna materie letterarie presso le Scuole Ebraiche di Roma.


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