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Laura Di Corcia: poesie da “In tutte le direzioni”

 

Fu un tatuaggio violento
quella notte a Bucarest,
e la seta scendeva a fiotti dal soffitto.
Di quello rimasero due capelli
e qualche noce, una poesia
scritta dietro una lavagna.
Il sole per un attimo senza fiato:
poi tutto continuò, sbiadendo dietro la collina.
Le cose più belle non lasciano aloni.

 

Avvelenammo le navi come se fossero corvi.
Per un lungo periodo camminammo
e le mete erano sempre diverse.
Nei nostri occhi bruciava tutta l’Africa.
Eravamo gente come voi, forse meno scaltra:
il passato ci cinghiava la schiena.
A un certo punto gli scrigni si chiusero per sempre.
Dietro ai nostri occhi continuava
violenta come un chiodo, la caccia alle streghe.

 

Abbiamo eretto barriere, steccati
nelle nostre menti, ma è bastato sfiorarsi
perché tutto tacitassero le mani, dapprima,
poi le braccia e anche le spalle.
La mente costruisce cumuli di cose,
montagne di mattoni, iati, i corpi,
invece, tendono alla caduta, sprofondano
nell’energia dell’atomo, si arrendono
alla discesa e annichiliscono il piombo.
Non so se hai capito con che disperazione
mi sono aggrappata al tuo collo,
annullando tutto ciò che non era presente.

 

Italiani a New York

Non capivamo le geometrie del mare.
Lo guardavamo in silenzio contando le onde
pregando per ogni navigante.

Arrivammo in una terra
che aveva dimenticato
l’odore delle arance.

Ma eravamo soli, soli contro un mondo
di colline e alberi scuri
appiccicati e muti contro i grattacieli di cristallo.

Come in sogno ci sciogliemmo in una terra nuova
dove le “t” diventavano “th”
le praterie erano più grandi del mare.

Rimpiangevamo le onde.
Il cielo dagli abbaini
sembrava porzionato.
L’amore era un lontano ricordo
fuori gli elementi continuavano a fondersi
noi eravamo pezzi che non combaciano.

 

Giovane coppia: lui

Mi guardi e mi chiedi perdono.
Perdonami, non sono forte
(dici)
perdonami ma voglio solo cadere.
Mi chiedi perdono
per non saper gettare la traiettoria
della speranza, per aver abortito
il figlio, per la mescolanza
fra fede e rifiuto
per non credere al vettore
che dall’immateriale
crea la materia
mi chiedi scusa, in ginocchio
(anche se non puoi, non puoi
perché siamo costretti
a stare seduti)
per non saper dire le bugie
e io mi sono spellato le mani
una volta, per raccoglierti
il frutto sull’albero, mi sono spellato
le mani per dirti che ti amavo,
per dimostrarti questo bozzolo di
fede e devozione che provo per te
per i tuoi piedi
mi sono spellato le mani
(al di qua c’è il cartello abbattuto, c’è la notte
che si fonde e diventa più nera)
per darti una prova, che tu potessi
ancora credere in noi,
per non parlarti di nient’altro
che non fosse amore, amore profano
mi sono spellato e mi spello le mani
per sorreggerti, amore mio
e ti prego: guardiamo lontano.

 

Giovane coppia: lei

Non ti amo. Se ti amassi
non ascolterei quanto gridano le ginocchia
e i tendini, se ti amassi
morirei qui, in croce, senza dire niente
solo guardandoti sorridere
per il mio sorriso, non ti amo
sarei donna finalmente una donna
libera, vorrei tornare indietro
le cinghiate sulla schiena erano carezze
se paragonate a questo tonfo, a questo
rimanere che è erosione caledoniana
portami via
ricordami che esistono prati ampi
case
che esiste il pane appena sfornato
non ce la faccio, soffoco.

 

Coro

Chi spezza le catene del mondo
perché la linea si rompe nel mezzo
che cosa corrompe e interrompe la corsa?
Chi ha rotto il bicchiere,
chi ha perso
il filo d’argento?
A quale comando risponde l’inversione?
Dove vanno quegli uomini, donne, bambini
perché il vettore è muto di fronte alla biologia?

 

Laura Di Corcia, In tutte le direzioni, LietoColle 2018
(scelta a cura di Ilaria Grasso)

5 risposte a “Laura Di Corcia: poesie da “In tutte le direzioni””

  1. tanta roba questa:

    Abbiamo eretto barriere, steccati
    nelle nostre menti, ma è bastato sfiorarsi
    perché tutto tacitassero le mani, dapprima,
    poi le braccia e anche le spalle.
    La mente costruisce cumuli di cose,
    montagne di mattoni, iati, i corpi,
    invece, tendono alla caduta, sprofondano
    nell’energia dell’atomo, si arrendono
    alla discesa e annichiliscono il piombo.
    Non so se hai capito con che disperazione
    mi sono aggrappata al tuo collo,
    annullando tutto ciò che non era presente.

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  2. Rendiamoci conto che ci troviamo di fronte a una ricerca giunta ad esiti formali radicalmente originali rispetto al pastone poetico che oggi un po’ tutti andiamo ruminando. Questa invece è una scrittura non seriale, non replicabile; possiede una forza di concentrazione simbolica che fa di ogni immagine, di ogni inusitato accordo verbale uno scandaglio lucidissimo verso l’essenza, verso quel territorio che tutti sentiamo circondarci ma che nessuno da descrivere

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