
Quattro racconti senza amore
1. Una conquista
La ragazza ha un culo straordinario. Di sicuro ne è consapevole. Non è alta ed ha i capelli ricci e gli occhi… di che colore avrà gli occhi? Nessuno di certo ci fa caso, con un culo così. Parla male l’italiano e se ne sta in bikini seduta ad un tavolo con un ragazzo del posto, un uomo sardo di una decina di anni più vecchio di lei che sorride come una volpe davanti a una preda succulenta. Le ha comprato una piccola bottiglia di vino bianco, così minuscola che il contenuto ha a malapena riempito il bicchiere di plastica. Continuano a ridere, ad un certo punto lui le chiede se le piace l’anguria.
– Anguria? No so
– Dolce. Secondo me ti piace.
Il sardo ha messo le mani a cerchio, mima la forma di un’anguria. E lei, che non è ingenua, socchiude gli occhi e dice:
– Ho fame.
– Che vuoi mangiare?
– Spaghetti vongole.
– Ti porto in un posto dove ci sono gli spaghetti alle vongole più buoni del mondo.
– Dove sta? Lontano?
– Macché, è vicinissimo. A casa mia.
La spiaggia si sta svuotando e al bar del lido oramai non c’è più nessuno. Il cielo è diventato rosa in certi punti e azzurro magenta in altri più vicini all’orizzonte. Solo qualche istante prima c’erano intere famiglie in riva al mare, ora camminano in carovane lente verso le auto parcheggiate a un chilometro o più dalle dune. Se ne vanno trascinando carrelli stracolmi di cose: sdraio, thermos, ombrelloni, salvagenti dalla forma di fenicotteri. Quest’anno hanno comprato tutti il salvagente gigante con la testa da fenicottero.
La ragazza si volta a guardare il cielo e dice:
– Bello! Voglio foto. Ora facciamo foto con torre.
Allora lui dice va bene, e lei si alza. Ha un bikini nero davvero minimo, che le copre appena il pube mentre le due natiche abbondanti, abbronzate e sode, sono leggermente segnate dal ricamo della sedia di plastica. Mentre lei si avvia verso la spiaggia, lui lascia tutto sul tavolo: portafogli, telefono. Lo conoscono tutti questo dongiovanni da spiaggia e lui non teme che qualcuno gli rubi documenti o soldi. Si mette in bocca un’altra patatina Crocchias e la segue. Le guarda il culo e sorride. Sorride come uno che sa che fra poco potrà giocare con il suo giocattolo preferito; è euforico mentre, in riva al mare, le cinge la vita con il braccio abbronzato (ha un grosso fiore tatuato sulla spalla destra che prima non si notava) e con il telefono di lei si fanno un selfie. Lei ha bevuto il vino bianco e ora ha un po’ caldo. Dice di essere sudata, che vuole farsi un bagno. Ma lui ha fretta, le dice che ci vuole un po’ di tempo per preparare gli spaghetti alle vongole, meglio andare.
Lei si mette una mano tra i capelli ricci e li sposta a destra e a sinistra come se li volesse pesare. Non è alta, ha le gambe corte e rotonde. Continua a fare domande in un italiano incerto e un po’ irritante. Vuole sapere come li chiamano in italiano gli uccelli lunghi e rosa che adesso si levano dalla laguna per attraversare in volo la spiaggia. Vanno verso Cagliari dove trascorreranno la notte per poi tornare l’indomani, rosa e sottili nella luce dell’alba. Ma lui non ha più pazienza, non guarda neppure in alto la freccia di fenicotteri che solca il cielo. Dice, senza convinzione: “gabbiani”. E lei ripete gabbiani e si stringe le braccia come se avesse freddo ora che tutti hanno lasciato la spiaggia e il mare fa un rumore più forte, quasi un sospiro profondo. Sospira anche lei: “Ho sonno”.
Allora lui le prende la mano e la trascina di nuovo verso il bar, come una bambina che non vuole tornare a casa. Il culo non è più così bello… ora che cammina controvoglia sembra solo un culo, non ha più niente di sensuale. Lui la vorrebbe di nuovo sexy e stupida, ma sembra che il tramonto le abbia messo tristezza. Lei dice che ha la borsa sotto l’ombrellone, l’unico ancora aperto in mezzo a tutti gli altri chiusi. Lui mette le sue cose in tasca e indossa la maglietta. Mentre lei va a recuperare la borsa, il culo torna a muoversi languido e lui sorride di nuovo. Pensa alla cena, preparerà spaghetti al tonno perché le vongole dove cazzo le trova a quest’ora, tanto lei non capisce niente, figurati che differenza fa. Però quel culo gli ha fatto perdere la testa, già si gusta il dopo cena. Il vino, quello sì, serve comprarlo, si fermeranno al minimarket. Comprerà pure una scatola di preservativi. La farà ubriacare un poco, perché ha notato che le piace il vino frizzante e bianco. Rideva tanto e mostrava i seni sporgendosi verso di lui. I seni grossi come due angurie.
– La compriamo l’anguria?
– Anguria?
– Si, ci fermiamo al supermercato e te la compro…
E ora che le sta vicino le sfiora il culo con una mano, leggermente che sembra un caso e lei si volta verso di lui come se non se ne fosse nemmeno accorta.
– Anguria, va bene.
– Ho la macchina qui vicino.
Allora lei prende la borsa, si mette addosso una maglietta lunga e lo segue come una pecora al macello.
Al bar hanno spento la musica. Stanno mettendo dentro lo stereo e le casse dell’amplificatore. I fenicotteri sono in volo verso Cagliari. Sulla strada provinciale c’è un lungo serpente di automobili in coda. Sui sedili dormono bambini accaldati e c’è chi in fila ne approfitta per fumare una sigaretta ascoltando il notiziario.
Sulla spiaggia arrivano i gabbiani a beccare i resti dei pranzi.
© Giovanna Iorio