1940
26 dicembre
Un altro Natale trascorso nella maggiore pena. La mente batte più ostinatamente alle porte dell’infanzia, e i colpi non destano nemmeno l’eco in quella casa remota. La stella dei pastori è riapparsa in cielo dopo la nevicata del giorno, il freddo della notte è stato crudo. Ma io nel mio letto ero un uomo con tanti pensieri in disordine, cresciuto dentro di me come un vecchio. Vecchio di cuore, vecchia la mente e i giovani pensieri mal fioriti dentro di me come una terra arida; lenta è la fine, il trapasso ostacolato da orrende angosce. Mentre, allora, la sera di Natale, intorno alla grande tavola, tanti volti si guardavano intensi; la distribuzione dei cibi succulenti fatta da mio padre, le poesie recitate a bocca piena e il brindisi degli occhi negli occhi di mio padre e di mia madre e poi la chiesa canora di luci e il pargoletto di cera baciato leggermente da tutti; si dormiva quella notte, come pecorelle benedette dalla stella.
Poi è stata una rovina di uomini e di cose..1944
25 dicembre
Quest’anno ho atteso la festa di Natale, di Capodanno. Era da anni che non sentivo bisogno delle feste natalizie. Non m’importava granché. Mi piaceva di trovare una scusa per andar a Fondi. Sarà stata la terribile festa del dicembre 1943. Ma quest’anno, da ottobre ho cominciato a desiderare la festa di Natale. Questi cieli bambagiosi, la luce sfocata di questi giorni mi piacevano, mi raddolcivano. Ero quasi contento. Facevo calore a me stesso. Ero pieno di ricordi come un vaso che si rovescia nell’acqua che lo riempiva.27 dicembre
Non voglio sentir parlare di eserciti, di guerre, di condanne. Basta. E non mi ripetete la parola «dittatura», essa fa rima con «paura». E finitela con gli eroismi e gli eroi. Basta con gli eroi. Amare il proprio paese è un’altra faccenda.
in Borrador. Diario 1933-1955, a cura di Lorenzo Cantatore, Nuova Eri, 1994
Grazie a Simone di Biasio, presidente dell’Associazione Libero de Libero.