
Rosy si siede sempre allo stesso posto, vicino al finestrino. Anche il suo signorino si siede sempre allo stesso posto, di fronte a lei ma in diagonale. È lei che glielo tiene, perché sale a capolinea quando il treno delle 6.53 è vuoto. Allora può fare quello che vuole. Butta il suo giaccone, nero e corto, sul sedile del suo signorino e non ci fa sedere nessuno.
Una mattina, un paio di fermate dopo, c’era uno che insisteva per sedersi lui. Rosy s’è alzata, davanti a questo che diceva di spostare il giaccone. Era la metà di lui ma l’ha guardato in faccia e gli ha detto: ma che minchia vuoi? Ma vatti a sedere di là! Quello ha sbuffato però è andato.
Poi sale il suo signorino. Lei sa la fermata, lo aspetta. Sa anche che sale sempre dalla stessa porta e, se lo trova libero, si siede sempre allo stesso posto. Proprio come lei. A tutti e due piace sedersi sempre allo stesso posto. Allora lei glielo fa trovare libero, sposta la giacca un attimo prima che lui arrivi così lui non deve neanche chiedere se è libero ma si siede e basta.
Rosy è felice di vederlo arrivare e sedersi così, senza neanche alzare lo sguardo. Poi lui inizia a leggere il suo giornale e lei se lo può guardare in pace fino all’altro capolinea. E brava che anche stamattina ce l’hai fatta, si dice. Lui non si è accorto di niente. Che vergogna se si accorgesse! Se dovesse un giorno chiederle se può sedersi lì e lei dovesse spostare la giacca. Gli darebbe dello scimunito e lui cambierebbe posto per sempre.
Invece lui non vede, non sa e si siede e Rosy lo guarda ed è felice. Gli piace sedersi sempre allo stesso posto, come a lei. Non gli piacerà neanche fare le smancerie, allora, proprio come a Rosy. Che vergogna se lui un giorno dovesse parlarle, lì davanti a tutta la gente. Lei manco gli risponderebbe. Se le chiedesse l’ora, per esempio, gli direbbe: ma che non ce l’hai l’orologio?
È proprio bello il suo signorino, tutto dritto. Si siede dritto, con la cravatta a righe stretta al colletto della camicia. Anche il colletto è dritto, anche la piega dei pantaloni. Tutto dritto e pulito, con la faccia liscia e il sopracciglio un po’ aggrottato. Apre il suo giornale e si mette a leggere. Come lo piega bene il suo giornale, dopo. Anche il giornale è dritto, drittissimo. Rosy aspetta che lo pieghi per bene e se ne vada, poi si alza anche lei.
Al ritorno, la sera, stessa cosa. Prendono lo stesso treno e Rosy fa certe corse per arrivare prima e prendere i posti. Poi guarda dal finestrino che arrivi anche lui e quando sale sposta la giacca. Lui si siede, tutto contento di aver trovato ancora il suo posto libero. Magari ogni tanto, trovando lì Rosy, le dice buonasera. Minchia se sei educato, pensa Rosy e allunga in avanti il mento come per dire ciao. Poi guarda fuori dal finestrino finché non parte il treno.
Stasera, dopo che si è seduto il suo signorino, dalla porta è entrata un’altra. Ma ciao, gli dice. Ma tu prendi sempre questo treno qua? Sì, le fa lui, anche tu? Pensa che non lo sapevo, fa lei e si siede di fronte a lui. Di fianco a Rosy. Ma chi minchia è sta puttanazza, pensa Rosy. E lui cosa fa? Le parla assieme? Le dà corda? Rosy guarda nel finestrino il riflesso dei due di fianco a lei.
Ti piace la figa eh? Pensa, parlando al suo signorino. Sei un porco eh? Sei un porcone? E questa? Senti come fa la scema. Con ‘sti capelli da passera e la faccia tutta dipinta. Ma che cazzo siamo, a carnevale? E come profuma! A che cazzo ti serve sto profumo? A coprire la puzza della tua brogna? Le guarda le ginocchia, dentro dei collant scuri. Vai in giro con la passera bagnata? Che cazzo vuoi dal mio signorino?
Rosy si rigira verso il finestrino. Si vede nel riflesso i capelli corti, tirati su col gel. Questi sono capelli, mica quella parrucca lì. Si guarda i jeans stinti, i vecchi anfibi che mette tutti i giorni. A cosa ti serve andare in giro come una Barbie? Ad acchiappare gli uccelli? E sentire come ride poi. Ma se sei una femmina, zitta devi stare. Se mi tocchi il mio signorino ti ammazzo.
Poi arriva la fermata di lui. Si alza, saluta la tipa, ci vediamo domani le dice. Pensa te! È proprio un porco. Rosy non lo odia, però, Rosy ce l’ha con lei. Lo guarda scendere, tutto bello dritto. Si mette i guanti, alza il bavero del cappotto e va. Che bello che sei! Di fianco a Rosy la tipa resta seduta, invece. Si mette a parlare al cellulare. Ancora che parli? Ma non ce la fai a star zitta un attimo? Però non è scesa con lui, almeno non stanno alla stessa fermata, pensa Rosy. Meno male.
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© Paolo Triulzi
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