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LE VIE PROFONDE DELL’IO (LETTERA-LETTURA PER “PORTA A OGNUNO”)

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Gentile Cristiano,
ho letto con curiosità sincera e sincera partecipazione il tuo libro Porta a ognuno, pubblicato dall’Arcolaio nel 2012. Molti sostengono a questo proposito che il lirismo sia morto, che siamo oggi in una fase nuova della poesia: quella della “post-lirica”, dell’io decentrato, delocalizzato. Ai margini quindi del genere letterario in questione, almeno in senso tradizionale; un genere pertanto sempre più aperto ad altre forme: il racconto, il poemetto, il monologo di taglio teatrale, persino il romanzo. Un nome per tutti: il romagnolo Raffaello Baldini. Da tempo non credo in maniera così netta e totalizzante a questa definizione: il lirismo non è morto, si è semplicemente trasformato, diventando duttile, contaminato e aperto, senza dubbio; però vive ancora, resiste e la tua raccolta poetica ne è una prova, anzi un esempio emblematico, autentico, vibrante. Consistente e significativo, aggiungerei. In effetti qui l’io poetante concepisce la verità come qualcosa di assolutamente soggettivo, interiore ed intimo, come del resto sottolinea la nota affermazione sull’interiorità come luogo della verità da parte di Agostino, affermazione citata non a caso dal tuo stesso libro (p. 45). E il filtro dell’io coscienziale e lirico appunto in tutti i versi tuoi è fondamentale, un vero nucleo e insieme una forma, un approccio espressivo attraverso cui cercare e far emergere il nudo, semplice vero, senza menzogne o pose o ipocrisie: “La verità, niente interpretazioni/allora e ora” (p.  51). Così, il filtro lirico-soggettivo è talmente forte e strutturante che oggetti, cose, fasi del giorno e della vita, persone, luoghi e situazioni passano tutti attraverso questa dogana, questa tua poesia intima che chiede letteralmente (mi collego alle numerose frasi interrogative) un biglietto, quello della “verità” coscienziale, dell’autenticità profonda, dell’esame scavante che buca, brucia stereotipi e facili conclusioni. Quindi  vediamo un viaggio interiore, esistenziale, memoriale, con l’elaborazione del lutto, con i frammenti del passato che riaffiorano, con l’indagine sul tempo quotidiano, con la perlustrazione del vuoto esistenziale e  antropologico che assedia l’umanità “liquida”  (Bauman) e contemporanea.  Nello stesso istante, però, scorgiamo un cammino conoscitivo profondo, un percorso formativo e meditativo che parte dall’esperienza del negativo, ovvero dal dolore, dall’attesa, dalla mancanza, al limite dalle  vicende minimali e di tutti i giorni. Allora viene in mente come oggi per fortuna abbiamo abbattuto il muro fra poesia e filosofia o meditazione; in effetti brillano sulle tue pagine testi che di questo negativo, di questo quotidiano fanno poesia lirica riflessiva e gnomica, introspettiva e formativa. Il dolore in sostanza ci illumina, ci fa indagare qui il senso della vita, con una parola sobria, umana, spesso prosciugata e veloce, grazie a una tua particolare, sapiente ed efficace rielaborazione della discorsività quotidiana (ma la voce e la logica dell’anima non sono anche una specie di “antilogica” verbale, poetica, come già sosteneva Pascoli?).  Tanto asciutta e densa appare a volte la tua parola poetica da sfiorare la cifra, l’enigma oracolare. Certamente siamo in un nodo cruciale della sensibilità moderna, “liquida”, nodo costituito dall’affermarsi della sfera personale dell’individuo, con il suo esistere quotidiano  e privato (penso ancora agli studi di Bauman); una sensibilità attuale, però, che risulta nei tuoi testi rinnovata e strutturata da linfe tradizionali, antiche e filosofico-cristiane. Infatti, la cultura antica e quella cristiana riemergono nei tuoi versi per quel loro concepire il dolore come un importante evento formativo: esperienza di maturazione e di conoscenza vera, spirituale dell’uomo, momento essenziale, ovvero BILDUNG dell’io. Una “raccolta poetica di formazione”, la tua di conseguenza: non solo il romanzo o la novella (penso a certo Boccaccio) svolgono questo tema strutturante come la BILDUNG, ma anche la poesia quindi; ricordiamoci ad esempio della Vita nuova di Dante. E proprio nella tua opera davvero bella e struggente, sobria e  di spessore evidente possiamo infatti leggere: “Presto/ troverete intera la materia/ del distacco, la materia/ insegnatemi” (p. 44).  Per questo l’intima percezione che si ha leggendo questo percorso nobilmente poetico, lirico-esistenziale è rappresentata da un sincero gusto introspettivo, memoriale e meditativo, ma anche formativo; secondo un itinerario conoscitivo (umano e poetico) che non a caso va a terminare con un’immagine di luce, di gioia: il sorriso. A ricomporre, a dare un senso al viaggio poetico-conoscitivo nei suoi frammenti, nelle sue tappe, negli strappi dei suoi testi (letti e presentati in modo incisivo dalla prefazione di Aglieco),  allora è un segno umanissimo e simbolico-spirituale insieme, appunto il sorriso, come ti stavo scrivendo: “tu gentile (osserva: un termine moderno e stilnovistico insieme!), ne sono certo,/ sorriderai” (p. 77).

Marina di Ravenna, dicembre 2014

Luciano Benini Sforza


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