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Gianni Montieri – Il calcio a modo mio (due prose)

Sampa foto di gianni montieri
Sampa foto di gianni montieri

Queste due prose sono state pubblicate in origine sul sito ALLULTIMOSTADIO

 

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Ci piaceva il calcio e questo era tutto

Ci piaceva il calcio e questo era tutto. Non importava che ci fosse pioggia o sole o neve. Una volta, mi ricordo, giocammo una partita a calcetto il 23 dicembre, mentre cominciava a nevicare. Dieci tizi felici che correvano in pantaloncini in mezzo al bianco, tutti sprovvisti di catene per tornare a casa dopo, tutti che se ne fottevano. Quando mi domandano cos’è il calcio per me penso a quel 23 dicembre, quella è una delle risposte.

Una delle più grandi umiliazioni della mia vita l’ho avuta a 14 anni, giocavamo la domenica mattina in un posto che si chiamava “abbasc’ ‘a scesa”. Partivamo da casa con le tute e le scarpette. Quella volta perdemmo, c’era un mio amico, che era bravissimo, mi sentii in dovere di chiedergli scusa per un gol sbagliato. Lui mi guardò e disse: «Vuje nun sapite proprio jucà ‘a pallone.» Pensai che avesse torto ma che quella volta era giusto che lui dicesse quella frase. Era il più forte e aveva perso. Il calcio poi era quella cosa lì, diventare rossi di vergogna per un gol sbagliato.

Il calcio certe volte era il cortile di mia zia. Una strana pavimentazione scoscesa, io e miei cugini che creavamo delle cose con i livelli di difficoltà. Il cross da far partire il più vicino possibile al marciapiede, autorestringere lo spazio di manovra. Crossare per ore e tutti a turno a saltare di testa. Il calcio era gol se entrava sotto l’arco dove nostro zio teneva parcheggiata una bellissima 1100. Non l’abbiamo mai graffiata. Il calcio se poi dovessero domandarmelo è quella cosa lì.

Il calcio per molti anni è stato una voce alla radio, più voci alla radio. Il calcio era Sandro Ciotti che ti diceva che gli spalti erano gremiti al limite della capienza e la temperatura era apprezzabile. E tu la sapevi la temperatura, io comunque immaginavo sempre un leggero venticello alle partite a cui assisteva Ciotti. Apprezzabile per me era un venticello. E poi Ameri con i suoi scusa Ciotti durante gli Juve – Napoli e ogni volta facevi un infarto, e ogni tanto era un gol nostro e andava bene così. E Luzzi con i suoi «Attenzione, attenzione ha segnato il Messina con gol di Bellopede.» mentre noi aspettavamo un gol del Napoli, c’era da morire. Se me lo chiedete il calcio è quella cosa lì.

Novantesimo minuto, quello era il calcio. Ma qui dico solo ciao a Marcello Giannini che se ne è andato da poco e a Luigi Necco che oggi compie ottant’anni. Sky non sei un cazzo, il calcio era quella cosa lì, se me lo domandate.

Il primo tv color comprato da mio padre, appena in tempo, prima di Italia – Argentina dell’ottantadue. Due miei amici che ballano come ossessi davanti al televisore e Pasquale un amico di mio padre che piange sul balcone dopo il terzo gol di Rossi al Brasile. Ma piangevamo tutti, il calcio era quella cosa lì, mica altro.

Maradona tutta la vita, tutta fatta di ringraziamenti e di io c’ero. Di paragoni e metafore. Diego è stato per anni la nostra unità di misura, facevi una cosa bene, in qualsiasi campo e allora: «A livell’ ‘e Maradona.» Sbagliavi un gol e giù di: «A te manc’ si ta pass’ Maradona.» Il gol all’Inghilterra, beh se il calcio non è quella cosa lì non so proprio cosa sia.

Milano, le sconfitte del Napoli la domenica, gli anni bui, la voglia di non essere in ufficio il lunedì, saltare gli sfottò, dimenticare, il calcio era quella roba che non volevi che ti sfottessero. Il calcio è anche quando sei in C e in B, e ti piace lo stesso. Milano è poi certe domeniche pomeriggio a San Siro con certa nebbia, una volta con Bruno congelati a un Inter – Cagliari, sicuramente il calcio è quella cosa lì.

Il calcio era quella roba che dopo la pizza e gli sfottò negli spogliatoi. Era, addirittura, certe volte andare a vedere la seconda squadra di Giugliano (i Boys) alle dieci della domenica mattina. Anche questa cosa non ce l’ha un motivo, oppure il motivo è soltanto il calcio. Trovarsi lì dove un pallone faceva le cose che doveva fare a qualsiasi ora.

Adesso che vengono a spiegarmi cos’è il calcio, com’è e come dovrebbe essere, mi viene da guardarli tutti, poi voltare le spalle e mandarli a cagare. Perché il calcio è anche quella roba lì, una roba dove ci si manda a cagare per un niente, per un fallo laterale.

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Elenchi puntati con pallone

Quella cosa che mi era sempre piaciuta del gioco del calcio in realtà erano almeno dieci. Perciò erano quelle cose che mi erano sempre piaciute del gioco del calcio. Le dieci cose che vado nell’ordine ad elencare:

  1. Diego Armando Maradona
  2. Il Napoli Calcio
  3. Il tiro a rientrare fatto da chiunque
  4. Il dribbling ma mai fine a se stesso
  5. Kempes, Platinì, Van Basten, Bruno Conti, Baggio, Zidane e Totti
  6. Il passaggio in profondità
  7. Il triangolo, la sovrapposizione
  8. Il sole del San Paolo, la nebbia di San Siro, il fango della Premier League
  9. L’anticipo di Fabio Cannavaro
  10. I mondiali di calcio

Queste dieci cose non me le devono toccare, perché queste cose hanno un significato profondo, significano che:

  1. Sono stato bambino
  2. Ho avuto un Super Santos
  3. Andavo in curva a vedere il Napoli
  4. Ho visto Maradona palleggiare con un bicchierino di plastica
  5. Ho pianto per uno scudetto, per un mondiale
  6. Ho amato Bruscolotti, Frappampina, Volpecina, Caffarelli e Celestini
  7. Una volta ho visto un Milan – Bari nel gelo di San Siro, senza motivo
  8. Mi ricordo Beppe Savoldi, mi ricordo mio nonno che si incazzava con Savoldi
  9. Il quarto gol di Antognoni era regolare
  10. Enzo Bearzot.
  11. Mio padre che mi insegna il tiro all’ungherese
  12. Il lunedì a 7, il venerdì a 5
  13. La notte del terremoto dell’ottanta giocavamo a calcio per farci passare la paura
  14. Quando ci fu la prima scossa stavo giocando a pallone
  15. Mia madre mi diceva: non sudare

Me le toccano e mi fanno incazzare moltissimo:

  1. Le bombe carta
  2. Le prese per il culo
  3. Le bottigliette d’acqua controllate
  4. I camorristi, i fascisti, i ladruncoli, gli spacciatori a capo delle curve
  5. Le sparatorie prima di una festa. Le sparatorie sempre
  6. Non avere il coraggio di portare mio nipote allo stadio
  7. La retorica
  8. Le istituzioni
  9. Quelli che non fanno niente e non si dimettono mai
  10. Il mio collega che stamattina ha detto “siete sempre i soliti”. I soliti chi? I soliti cosa?
  11. L’arroganza dei dirigenti, di quasi tutti i dirigenti
  12. La debolezza dei dirigenti, di quasi tutti i dirigenti
  13. Il calcio scommesse
  14. le risse
  15. gli insulti
  16. quelli che non capiscono un cazzo di calcio e ne parlano

 

Vincenzo Montella ha detto: «Chi canta “Oh Vesuvio lavali col fuoco” magari si troverà là quando succederà.» Poi ha dato un buffetto a Insigne e ha detto: «Ma tu proprio stasera dovevi fare due gol?»

Aeroplanino una volta aeroplanino per sempre.

 

© Gianni Montieri

7 risposte a “Gianni Montieri – Il calcio a modo mio (due prose)”

  1. Mi piace come descrivi la passione per un gioco; provo amarezza per come fai capire che il disicantamento è ormai allo stato assoluto. La gioia un po’ fanciullesca del Mondiale 1982 è stata molto diversa dalla gioia tecnologica ed elegante, organizzata, del 2006. Certo, i tempi cambiano, ma Frappampina che vince uno scudetto non era fantastico?

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