E poi arrivò un giorno, dopo l’ultimo giorno, in cui anche lui ebbe voglia di tornare un po’ bambino, di fare quelle cose buffe che fanno i bambini, a volte strampalate e a volte pericolose. Ma non sapeva bene come e cosa fare, tutto il raziocinio e la sapienza che aveva dovuto usare durante la settimana precedente lo avevano immesso in un tunnel esasperante: tutto doveva girare perfettamente per l’eternità, tutti i conti dovevano tornare per sempre. Si sedette a gambe incrociate per terra, iniziò a lanciare pallette di carta nel cestino, quando poco più in là scorse delle scatole di lego e pongo e improvvisamente intuì cosa volesse dire sentirsi bambini. Iniziò a modellare pongo di molti colori, ad attaccarlo a pezzi di lego, a costruire, demolire, allungare, ammassare, mischiare. Dopo ore di frenetico divertimento si asciugò con un sorriso beota il viso, si guardò attorno e pensò “e ora che me ne faccio di tutto ciò?”. Grattandosi il mento prese in mano il mondo, scrutandolo scelse un luogo e vi puntò il dito. L’illuminazione che gli venne lo rese momentaneamente cieco, ma volle lo stesso mettere in quel punto tutte le sue costruzioni. San Paolo è nata così, mentre dio giocava col pongo.
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Testo e foto di Anna Toscano
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Una replica a “Anna Toscano – my camera journal 17”
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