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Marco Aragno – Terra di mezzo (poesie inedite)

biennale arte - foto gm

*

Ci sarebbe bastata una radice
offerta al nostro passaggio
da un muro che costeggia la casa,
una radice emersa dal tufo
dal buio della pietra
per legare il presente col passato.
L’avresti piantata in giardino
sotto un mattone sberciato
perché l’edificio crescesse in altezza
e reggesse all’urto dei venti
che lo scuotevano in profondità.
Invece hai scelto il mare
per prendere il largo, tagliare
la schiuma degli oceani,
lottare contro la forza delle correnti
che spezzano il fianco delle navi
e stravolgono le rotte
fino a togliere dal cuore e dalla mente
il ricordo delle sponde
dei tesori che brillano sui fondali
negli occhi muti dei pesci.

*

Camminiamo su questa piana
spoglia di case e ricordi
vergine di frutti
avvolta dal miracolo del muschio.
Il verde scricchiola sotto i piedi
copre ossa, strati fossili
d’altre vite sepolte negli anni
che a volte riemergono come fantasmi
nelle nebbie del mattino
al suono leggero del tuo passo.

*

Esondazione


Mentre avanzi fra le alghe
avvisti l’albero ritorto
che riaffiora dalla schiuma del lago;
l’uccello dai colori primitivi
staziona sull’estremità
prima di volare basso, radente
dentro un cielo disceso nella ruggine.

La madre che percorre la riva
setaccia il suolo, estrae bacche e fiori
per i figli portati via dalla corrente.
Tu spogli la vista
ti abitui alla nuova luce che colpisce
la retina e imprime
il fondo limaccioso nella mente.

*

Non attendere nessun allarme
anche se sarà notte fonda
e dalle vetrate vedrai la città che brucia
coi roghi, i fumi delle discariche.
Qui la campagna sotto casa
sanguina dai solchi
quando l’alba sbuca come una ferita
fra i cartelloni pubblicitari.
Le auto si riversano sui cavalcavia
come formiche dalle tane
allagate dalla pioggia.
Ma tu resta, stringiti a questa maniglia
chiudi questi palmi finché puoi.

*

Le lettere sono illeggibili al sole,
gli alfabeti deformi.
Quelli seduti sui gradini del porto
sbarcati da continenti lontani
già parlano lingue che non conosci.
Tu raccogli i volumi intatti, le pagine
scampate all’incendio
fa’ che sotto una lampada fioca
distingua ancora il mio nome dal tuo.

*

Il mio passato sono le facce
scavate nella pietra,
le impronte d’umidità che sostano
sulle piastrelle della stanza.
Sono i mutamenti di luce, i passaggi
di nuvole sul parabrezza.

Oggi il cielo è gonfio di pioggia.
Vedo le macchine bloccate
lungo la tangenziale.
Oltre il lampeggiante ci attendono
paesaggi, case abbarbicate
e lo sfrecciare muto in galleria.

*

Girini

Che siano trasmissioni neuronali
finissime brulicanti cellule
moltiplicate in acque verginali
che un altro universo serba per noi.

Laggiù passeremo per il viaggio
ma diverranno suono, crepitio appena
di suole immerse in uno stagno.

Dimentichi ci asciugheremo al sole
con i gomiti curvi nella terra
respirando dell’erba l’amarezza.

*

Muro

Il bimbo puntella il muro da ogni lato
lo sogna ogni notte, lo fa suo
lo trasforma in estensione della vita.

La mamma impasta mattoni d’argilla
sussurra di guardarsi le spalle
dagli zingari che rapiscono nel sonno
dai ladri acquattati in mezzo ai campi
fra fiori dai profumi sconosciuti.

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© Marco Aragno

5 risposte a “Marco Aragno – Terra di mezzo (poesie inedite)”

  1. Poesie interessanti, non c’è che dire, invitano a indugiare nella lettura e a dissiparne gli enigmi.

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  2. Sono poesie belle queste di Marco; continuano il discorso avviato con “Terra di mezzo”, la serie pubblicata nel fascicolo dello scorso giugno (?) di “Atelier”.

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  3. Ringrazio gli amici di ”poetarum” per l’ospitalità (ormai sono uno di casa) e tutti quelli che mi hanno letto e commentato.
    Faccio mia l’osservazione di Giuseppe. In effetti, dopo il ”cupio dissolvi” della mia raccoltina d’esordio, la ri-messa in discussione della realtà non poteva che muovere dalle origini e condurre alla redifizione di un rapporto con l’Altro che è anzittutto natura.

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