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Stefano Domenichini – Il mio amico Pericle

 

Il mio amico Pericle

 

 

Se ti trovi in pizzeria con un amico e l’amico – mentre bisturizza la sommità di un calzone farcito per far uscire il bollore – fa una domanda tipo: “Se Gesù nascesse oggi che di pastori non se ne trovano più, chi andrebbe a fargli visita per primo?”, vuol dire che c’è un pregresso.

Vuol dire anche che c’è un seguito, perché una domanda così non è che la lasci cadere nel nulla. Finisci di sganasciare un lembo di crosta e dici. “I precari? Gli immigrati?” . “Nooo” dice l’amico “Ma dove cazzo vivi. Ci sarebbe tutto un tema di diritti televisivi, può anche darsi che farebbero delle primarie”.

Il mio amico ha un nome: Pericle. Pericle si chiama così perché suo padre si chiamava Giovanni. Voglio dire, se suo padre si fosse chiamato Pericle, lui l’avrebbero chiamato in un altro modo, ma gli è andata male. Sfiga. Pericle è uno che va alle presentazioni dei libri solo se è previsto il rinfresco. Io gli dico che alla sua età dovrebbe vergognarsi, ma poi alla fine sono quello che mangia di più.

Il pregresso, quindi, è che io e Pericle ci siamo presentati  in una libreria multistore a tre piani con ristorante e negozio di alimentari perché veniva pubblicizzata la presentazione di un libro/evento con buffet. Pericle è voluto subito andare a visitare il reparto alimentari e lì abbiamo assistito a una scena bellissima.  Una tizia in atteggiamenti intellettualistici ma che si era dimenticata di togliersi il divano di dosso si è lanciata verso il banco della carne e ha chiesto se avevano il libro della moglie di Castellitto. Il ragazzotto in grembiule bianco e cappello HACCP, uno che probabile fosse laureato in filosofia e avesse sempre coltivato il sogno di lavorare in mezzo ai libri, l’ha guardata come una fionda e le ha detto: “Sì, ma lo stiamo ancora frollando”.

A quel punto si è sentito l’altoparlante della libreria multistore che annunciava l’inizio della presentazione alla Sala degli Eventi.  L’autore del libro che veniva presentato era un tedesco di cui ricordo solo lo pseudonimo con cui firmava le sue opere: Benedetto Sedicesimo. Persino Pericle ha avuto il coraggio di dire: “Che nome bizzarro!”. A presentare l’autore c’era un giornalista de L’Unità. Siccome il libro si intitolava “L’infanzia di Gesù” e completava una trilogia evangelica, io mi sono sentito improvvisamente vecchio. Perché non riuscivo più a ricordarmi il giorno in cui il Partito di Sinistra aveva deciso di aprirsi al mondo cattolico, il giorno in cui rosybindi, labinetti, mariotabacci erano diventati “di sinistra”. Riuscivo a ricordare che l’idea era venuto a uno che disse: “Così, tutti insieme, stravinciamo sempre le elezioni”. Non riuscivo a ricordarmi il nome dello stratega, né l’ultima volta che il Partito di Sinistra aveva stravinto le elezioni. Però il Partito di Sinistra e il mondo cattolico continuavano a limonare con ardore adolescenziale e siccome i preti hanno un movimento di lingua che incanta, il Partito di Sinistra si stava a poco a poco facendo mettere da parte.Il giornalista de L’Unità, ad esempio, non la finiva più di esaltare il libro del tedesco, mostrando orgogliosamente la sua apertura, la sua capacità di farsi gioiosamente penetrare da chi, un tempo, era stato il suo avversario.

Il libro di Benedetto Sedicesimo era tutto incentrato su uno scoop pazzesco: il bue e l’asinello non sono mai esistiti; ne parla solo Isaia, ma nel Vecchio Testamento e in un contesto profetico. Centosettantasei pagine, tiratura iniziale di un milione di copie (che per 17 euro a copia, fate voi), traduzione successiva in venti lingue e pubblicazione in settantadue paesi, ma perbacco: ne è valsa la pena, finalmente si fa chiarezza sul tema del bue e l’asinello. Il giornalista de L’Unità era entrato in fase apologica, parlava di “scardinamento della consolidata usanza natalizia”, quando dalla platea, oltre a un brusio da altissima tensione, si sono levate due mani.

La prima era della tizia che cercava il libro della moglie di Castellitto e che aveva ripiegato su Benedetto Sedicesimo. La seconda era di Pericle. Il giornalista de L’Unità, visibilmente eccitato, ma pur sempre educato, diede la parola alla signora che domandò: “Ma quindi, possiamo continuare a mettere il bue e l’asinello nella grotta del presepe?”. Benedetto Sedicesimo rispose con un sorriso benevolo, un leggero assenso del capo e le braccia aperte, come a portare pazienza. Fu il turno di Pericle che era da poco rientrato in sala dopo essere riuscito a farsi versare un paio di rossi in anticipo sul rinfresco. In attesa del suo turno borbottava cose tipo: il bue e l’asinello hanno una mera funzione termodinamica, è ovvio che gli evangelisti non ne parlano, gli storici che hanno raccontato il Congresso di Vienna o la Conferenza di Yalta mica si sono messi a contare i termosifoni. Quando il giornalista de L’Unità lo ha additato cedendogli la parola, Pericle ha smesso di borbottare, si è alzato in piedi e rivolto a Benedetto Sedicesimo ha detto: “Lei non ritiene che la sua teoria possa considerarsi superata dalla legge di riforma del condominio approvata in settimana che prevede la possibilità di staccarsi dal riscaldamento centralizzato e utilizzare fonti di calore alternative?”.

Va detto che il libro in quel momento in presentazione nella sala Eventi della libreria multistore veniva contemporaneamente pubblicato da due case editrici (una italiana e una della Città del Vaticano). In sala erano presenti i rispettivi editor, promoter, dealer, art director, ciascuno con i suoi collaboratori, tutta gente che con il libro del tedesco ci pagava il mutuo. Sono scattati tutti in piedi, hanno afferrato Pericle e l’hanno portato fuori, in strada. E’ così che è saltato il rinfresco. Ho raggiunto Pericle e l’ho portato in pizzeria.

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(c) Stefano Domenichini

7 risposte a “Stefano Domenichini – Il mio amico Pericle”

  1. è la terza, quarta volta che lo leggo e continuo a ridere come uno scemo. Ma questa non è soltanto una cosa che fa ridere, è una cosa scritta bene. Sguardo acuto.

    ah sì, benvenuto su poetarum silva

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  2. bellissima :D Neanche io credo nel bue e nell’asinello, ha ragione Benedetto sedicesimo. Se il bue e l’asinello esistessero davvero, come potremmo spiegarci i mattatoi e gli hamburger? Insomma, o il bue e l’asinello non esistono, o sono infinitamente cattivi, e questo sarebbe in contraddizione col dogma. (grazie per le risate, Domenichini!)

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  3. bel pezzo Domenichini.
    Mio figlio anni fa mise nel presepe, al posto degli animali contestati, Superman e un Gormito (credo Nick), decisamente più adatti a riscaldare colui che da grande avrebbe camminato sull’acqua, trasformato l’acqua in vino, moltiplicato pani e pesci……

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  4. Piaciuto molto, sì. Non è facile scrivere, e farlo bene, fingendo di scherzare mentre si pizzicano cose serie. Un piacere leggerti.
    Grazie.
    c.

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