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Oltre l’orizzonte degli eventi interiori del poeta: Poscienza, Roberto Maggiani (di Auro Michele Perego)

Intersezione. Forse questo è il termine che userei se mi venisse chiesto di esprimere con una parola chiave il leitmotiv di Poscienza  l’ultima opera poetica recentemente pubblicata da Roberto Maggiani per Il ramo e la foglia edizioni. Intersezione a guarire la frattura che separa due linguaggi apparentemente antitetici e non comunicanti: quello della poesia e quello della fisica.
Il viaggio in cui Maggiani ci accompagna è inconsueto e quantomai il benvenuto nello sforzo – e nel piacere – di esplorare la contaminazione linguistica e concettuale tra due ambiti che la parcellizzazione del sapere e la parossistica iperspecializzazione della modernità hanno finito col separare, così come hanno finito col separare in due classi sovente disgiunte chi fa poesia e chi fa scienza. In Poscienza si toccano le tematiche più diverse. Assistiamo a scene della vita quotidiana presentate in modo ironico e leggero, così come all’esposizione di tematiche più profonde e classiche quali l’amicizia, l’amore e i luoghi d’origine. Ma, in quel quotidiano e in quel vissuto personale, emergono, come incapaci di sfuggire ad un’intima necessità, la simbologia, le formule, i concetti della meccanica quantistica e le geometrie dello spazio-tempo incurvate dalla massa e dall’energia, quasi emanazioni di un carsico subconscio scientifico che non vuole rimanere relegato al di fuori della vicenda umana di chi vive e scrive. La sintesi di mondi apparentemente diversi sul piano concettuale è operata dal poeta – o dallo scienziato – ispirato dalla sua vocazione verso una concezione della conoscenza unitaria che sia poetica, ma anche scientifica, quasi a voler restaurare una lontana armonia primordiale.

 

 

Poscienza non è quindi una narrazione di concetti scientifici in versi. È invece l’ardito tentativo di far coesistere il linguaggio poetico e quello scientifico sulle stesse pagine. Questa vocazione spinge Maggiani a sperimentare e ad andare oltre queste due già imponenti dimensioni, con l’introduzione di una sua simbologia personale che si inserisce tra la lingua italiana della poetica e la bellezza platonica delle equazioni della fisica. In alcuni passi l’autore non esita a inserire organicamente tra i versi simboli matematici e fa leva sui loro rimandi analogici per ricollegarsi a significati dell’esperienza comune. È il caso del celebre principio di indeterminazione di Heisenberg a richiamare all’incertezza, oppure della “metrica di Einstein-Rosen” a simboleggiare il viaggio tra diversi universi paralleli. Altre volte è l’intera pagina a farsi teatro della sperimentazione del “poscienziato” come quando i versi sono disposti in guisa di molecole di un gas in collisione erratica all’interno di un contenitore. Ma, come accennato, la simbologia che affiora all’interno dell’opera non è solo quella scientifica, Maggiani ricorre a una varietà di simboli di altra natura, alcuni probabilmente di sua medesima creazione o adattamento, che costellano i suoi versi, ne enfatizzano i ritmi e cercano di catturare l’immaginazione di chi legge per attirarla oltre l’orizzonte degli eventi interiori del poeta.
Il crescendo dell’intersezione tra poesia e scienza si ha nella parte finale della raccolta culminante in un vorticoso viaggio nell’universo parallelo proustiano assistito dai freddi bagliori che emanano dal formalismo immaginifico dei viaggi spazio-temporali attraverso i cunicoli di pensiero aperti dalla Teoria della Relatività Generale. Tra gli indici di oggetti matematici multidimensionali – da fisico non mi sarei mai aspettato di incontrare i simboli di Christoffel o il tensore metrico all’interno di una poesia – fanno capolino Madame Verdurin, le “interminabili carezze di Gilberte” e si rivela l’abitare di molteplici mondi di significato che delizia e tormenta lo scienziato quale essere che vive immerso nella realtà consueta, in quella letteraria e al contempo trascende entrambe mediante le sue teorie ed esplorazioni mentali.
La relazione tra poesia e scienza è una tematica che l’autore ha lungamente elaborato sia poeticamente sia a livello di produzione saggistica e quindi non si può affatto dire che Poscienza sia un lavoro o un interesse estemporaneo ed effimero. Chi legge proverà senza dubbio sorpresa, curiosità e ammirazione per questa coraggiosa e illuminante poetica. Opera di difficile classificazione ed estremamente rara, potrebbe costituire l’incipit di un nuovo genere e forse, auspico, attrarre a sé una congiura di “poscienziati” che sperimentino il camminare in equilibrio sul crinale laddove il confine tra scienza e poesia si fa indeterminato ed indistinguibile, in cerca di nuove rivelazioni…

Non si tratta di  versi scritti per compiacere o per soddisfare una facile e melensa aspettativa, non sono didattici o pedagogici, vivono bensì di una loro intima necessità e coerenza, e di una forte anima interna che si può tracciare, ad intensità modulata ma sempre presente, lungo tutto il corso dell’opera. Se alcuni passaggi possono risultare particolarmente ostici l’autore non esita a sfoderare l’ironia e ad esortare in esergo: “Chi non capisce almeno sorrida”! Ma, in fondo, una poesia appiattita alla comprensione intellettualistica, a chi gioverebbe? Quindi, meglio che qualcosa rimanga celato dal velo proficuo e dionisiaco della follia, dell’indeterminazione e dell’ambiguità.
Poscienza è uno slancio utopico, sperimentale, ma chiaramente direzionato, che fa vivere l’afflato romantico di Novalis per cui “La forma compiuta delle scienze dev’essere poetica”, e, in sintonia con esso, l’anelito di uno dei padri fondatori della meccanica quantistica, Erwin Schrödinger, il quale non aveva paura ad ammettere che in fondo desiderava essere lui stesso un poeta.

 

Di Auro Michele Perego

 

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Una poesia tratta da Poscienza

 

 

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In copertina: M.C. Escher, Mano con sfera riflettente, litografia 1935
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Una replica a “Oltre l’orizzonte degli eventi interiori del poeta: Poscienza, Roberto Maggiani (di Auro Michele Perego)”

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