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Infinite quest: arte contemporanea, Bauman e AI con Edoardo Gagliotti (una rubrica a cura di Giulia Bocchio)

Domanda e risposta: due entità complementari, eppure l’una genera l’altra, in un interscambio potenzialmente infinito, mai esausto, mai uguale a se stesso. La sintesi dell’incontro, il binomio preferito della conoscenza. E della curiosità. “Intervista” è solo il nome che ne racchiude l’atto e l’intenzione ma, in questa rubrica, protagonista sarà il dialogo – l’incontro – lo scambio. 
Esseri umani che hanno una visione e che si sono imbattuti nel proprio labirinto personale. Perdersi significa anche attraversarlo. E magari raccontarlo.
Creatività, arte, progetti, riflessioni, esperienze e uno sguardo rivolto al futuro, in quell’orizzonte  magnetico che è la parola.

Giulia Bocchio

 

Per l’artista contemporaneo Edoardo Gagliotti è necessario creare una connessione multiforme fra opera d’arte e spettatore, così da ampliare e plasmare continuamente l’interpretazione altrui, rendendo il tutto un processo potenzialmente mai finito: ogni paio d’occhi una sensazione e, quindi, un significato.
Liquid è il suo ultimo ciclo creativo e racchiude due elementi particolari, insoliti, nonché due orbite apparentemente differenti: il metallo e la sociologia di Bauman; il risultato è una metafora metafisica frutto di un lavoro molto concreto, fatto di studio, di prove, di forature e intensi tagli sull’acciaio, tutto pur di comunicare l’instabilità e la vulnerabilità delle relazioni umane. L’impronta di Edoardo Gagliotti è quella di una prima persona plurale, un noi generazionale, che riflette sul presente, sulle derive sociali che caratterizzano i rapporti – umani e di potere – sul senso effimero dell’incontro, sull’importanza di un’idea (senza quella difficile trovare un sentiero creativo), a prescindere dallo strumento o dal metodo, purché autentica.

 


Edoardo, bentrovato. Liquid , il tuo ultimo ciclo creativo, si compone di una serie di opere concettuali che traggono ispirazione da un testo fondamentale di Zygmunt Bauman, Vita Liquida, una teoria sociologica che ha fortemente caratterizzato l’interpretazione del nostro tempo, parole chiave come ‘modernità liquida’ sono la metafora ben nota di un mondo imploso nelle dinamiche del capitalismo e dell’incertezza delle relazioni, una vulnerabilità che si esprime attraverso linguaggi differenti…

Grazie Giulia. Sì indubbiamente il testo di Bauman è stato per me una sorta di “guida” nell’interpretazione dei nostri giorni. Il mio percorso artistico si è sempre incentrato sull’interiorità di ognuno di noi, sui comportamenti e sulle relazioni tra le persone ma quando ho letto le prime pagine di Vita Liquida ho capito che il discorso era molto più ampio e che tante sensazioni che avevo erano reali, avevano un fondamento sociologico.
Come ho introdotto poco fa, il mio ragionamento, nel concept di questa raccolta di opere, si focalizza soprattutto sulle relazioni tra gli esseri umani: dagli amori alle amicizie passando per le interazioni più semplici che abbiamo giornalmente. Questo tipo di rapporti sono ormai per lo più effimeri, mutevoli, tendono a crearsi e terminare con estrema facilità. Per certi versi trovo che sia una situazione triste ed alienante per individui della mia generazione e per chi verrà in futuro. Ho voluto dunque utilizzare il mio linguaggio artistico, il metallo, per cercare di far riflettere sull’argomento. Ho creato quindi dei lavori che avessero un trattamento dei componenti differente dai precedenti, ho introdotto la colatura del metallo per aumentare il dinamismo sulla tavola e rendere un materiale storicamente “solido” e “duro” più “fluido” e “caotico”. In questo modo forature e tagli sull’acciaio diventano simbolo dell’incertezza che caratterizza il nostro quotidiano mentre l’ottone, dapprima fuso e poi catalizzato, rappresenta la mutevolezza dell’uomo con una visione di speranza: la forza dell’uomo che cerca di sopravvivere a questa condizione.

 Il rapporto che un artista ha con le proprie opere è anche un rapporto fisico, concreto. Eppure, pur nella sua forma finita, l’opera comunica qualcosa di meta-fisico: la trasformazione della materia sublima il pensiero e poi si frammenta ulteriormente di fronte alle impressioni emotive e visive del pubblico. Che ne pensi?

Il rapporto con l’opera è per me fondamentale, soprattutto dal punto di vista concettuale. Ogni mio lavoro nasce con un significato specifico che molto spesso sfocia in vero e proprio discorso attorno all’opera. Sono sempre temi importanti che vanno anche oltre l’indagine di se stessi e che riescono a stimolarmi diversi punti d’ispirazione: per esempio in passato ho parlato del problema dell’immigrazione, della violenza sulle donne, dell’inquinamento e più recentemente ho dedicato un lavoro al tragico scoppio della guerra in Ucraina. Nonostante le opere abbiano significati precisi il mio obiettivo è sempre quello di far ragionare l’osservatore sul suo personale vissuto, in questo modo ognuno di noi tramite un ragionamento introspettivo può far propria la rappresentazione e farla aderire all’immaginario personale. Una singola opera può far nascere centinaia di emozioni differenti.

Arte e social media: oggi su piattaforme come Instagram e TikTok è possibile accedere a numerose gallerie personali e scoprire sul proprio divano eccellenti artiste e artisti provenienti da ogni parte del mondo. Internet ha permesso la circolazione di espressività che, forse, nella realtà concreta, sarebbe stato più complesso realizzare. Alcuni account hanno una visibilità anche maggiore rispetto al museo canonico…

Sicuramente internet è un mezzo fondamentale per la diffusione dell’arte. Sia dal punto di vista dell’appassionato che da quello dell’artista. Dico questo perché oggigiorno chiunque sia interessato all’arte può sfruttare social e motori di ricerca per informarsi, godere di nuove opere e seguire i concetti di nuovi artisti in tutto il mondo. Allo stesso tempo l’artista stesso, tramite questi canali, ha la possibilità di trovare infiniti punti d’ispirazione, di mettersi in contatto con altri artisti, di creare collaborazioni e di far evolvere la propria tecnica.
Trovo i social network molto utili anche per la crescita e lo sviluppo del lavoro di artisti emergenti che pur con poche risorse, o all’inizio del loro percorso artistico, hanno ugualmente la possibilità di far notare quello che fanno, sia in Italia che all’estero. Ricordo la mia sorpresa, quando ho visto che la mia pagina Instagram, (@eg.contemporary, ndr), era seguita ed apprezzata a Londra, Tel Aviv e anche New York.
Non biasimo però chi pensa che tutto questo possa avere meno fascino rispetto al museo tradizionale. Osservare un’opera d’arte dal vivo, notarne i dettagli e la lavorazione è un qualcosa di unico che fa immergere completamente l’osservatore nel mondo dell’artista. In conclusione, non importa in che modo, l’importante è che l’arte venga sempre più valorizzata.

 

C’è un importante dibattito culturale (spesso ahimè anche troppo binario) che sta animando l’uso delle intelligenze artificiali applicate al mondo dell’arte figurativa. Oggi il prompt può diventare un vero e proprio stile, ma non è una semplice sequenza descrittiva, è più complesso di così, almeno per me, è un’interazione continua con la macchina, un rimodellamento anche linguistico dell’idea che abbiamo in mente. Non corrisponderà mai completamente al risultato finale, ma questo succede spesso in ambito creativo e accade anche con strumenti più tradizionali. Qual è la tua posizione rispetto alle AI text-to-image?

Le intelligente artificiali sono senza dubbio una rivoluzione in campo tecnologico, hanno portato diverse discipline a un livello superiore rispetto al passato e hanno applicazioni in moltissimi campi. Per quanto riguarda l’arte trovo che il text-to-image sia molto interessante proprio per la sua peculiarità di unire più discipline. In generale penso che il cuore dell’arte sia il concetto, l’idea dell’artista che sta dietro ogni opera e mi piace vedere come gli spunti più creativi, anche attraverso un elaborato scritto, vengono tramutati in un’immagine figurativa, alle volte anche molto complessa.
Tuttavia, parlando da artista abituato a lavorare manualmente la materia subito dopo aver definito l’idea ispiratrice, vedo il processo prettamente “virtuale” nella realizzazione dell’opera un po’ “freddo” e distaccato rispetto ai metodi tradizionali. Ritengo infatti che in una creazione artistica siano fondamentali tanti ingredienti per far in mondo che l’opera prenda vita: penso a un pittore e alla sua conoscenza delle giuste quantità di pigmenti da unire tra loro per ottenere un determinato colore o all’incredibile manualità e padronanza della tecnica di uno scultore. Sono convinto che l’arte debba stupire e portare l’osservatore a riflettere sui temi che vengono presi in considerazione. Per questo motivo non mi sento di porre limiti alle tecniche o ai metodi che ogni artista sceglie liberamente in base al suo personale sentimento, l’importante è che riescano a comunicare tutta la bellezza e la profondità che solo un’opera d’arte può regalarci.

 

Infinite quest by Giulia Bocchio

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