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Il crepuscolo della nostra era: Cultura profetica, di Federico Campagna (di Giulia Bocchio)

Ogni processo di worlding è un atto di creazione ex nihilo, dal nulla.
Assomiglia al modo in cui una musica ha inizio:
emerge rompendo il silenzio con un suono senza precedenti.
Nel suo essere completamente primitiva
la canzone del mondo è l’atto estetico per eccellenza.

 

Cultura profetica – Messaggi per i mondi a venire, di Federico Campagna, tradotto per Tlon da Francesco Strocchi, sembra scritto per chi non è ancora al mondo. Un libro da riporre in qualche angolo della terra, manuale profetico e mistico per il dopo, per un oltre che non ci comprenderà.
Allo stesso tempo, per chi oggi è, riserva un quesito complesso e labirintico: che cosa resterà di noi? La modernità occidentalizzata all’interno della quale ci muoviamo sta per implodere. Non è la prima volta che succede, non è la prima volta che una certa maniera (metafisica e cosmologica) di narrare il mondo, muore. Tuttavia, morte è un termine improprio, perché ciò sta per finire non finisce in senso biologico, non esiste una totale non-esistenza di ciò che è stato, purché sia pensabile, in un senso tanto ontologico quanto antropologico. Nelle pieghe interstiziali delle controversie del nostro tempo il pensiero filosofico di Federico Campagna diviene coscienza critica di una realtà sociale le cui rovine del futuro non saranno una base granché solida sulla quale edificare un nuovo mondo a venire. Secondo l’autore abitiamo una cosmologia ormai agli sgoccioli, abbiamo urbanizzato e brutalizzato porzioni di pianeta oggi interamente sofferenti e le controversie non riguardano solo la questione ambientale, ma anche la concezione di un mondo umanisticamente fondato, al quale oggi una visione nichilisticamente costruita concorre al non abbandono della gratuità del male,  del razzismo, dell’esclusione sociale, delle differenze di genere.

Tempo – storia – linguaggio: è questa la grande triade che abita le pagine di questo libro. Se la filosofia, da Agostino a Kant e da Husserl a Heidegger aveva ricondotto la storia dentro il tempo, è ora il tempo storico ad essere considerato alla luce dei fenomeni che caratterizzano tutte le fratture di questa occidentalizzazione che si sta trasformando nel crepuscolo della nostra era. In tutto questo il linguaggio ricopre un ruolo di non poco conto, anche perché, per scomodare Hans-Georg Gadamer l’esperienza ermeneutica – e quindi ogni genere di interpretazione – non può essere separata dal mondo linguistico in cui questa avviene: la lingua racconta una visione del mondo, ma non l’unica possibile.
L’autore analizza e decostruisce il processo di worlding: esistenza, linguaggio e pensiero coincidono, ma questo processo è solo “una storia probabile” frutto di un atto creativo, frutto di una determinata cultura che è divenuta esperienza e quindi dato, orizzonte di senso all’interno del quale muoversi e agire. Bias culturali compresi. E il terreno è scivoloso. E il futuro sempre alle porte. Viviamo nel mondo ma abitiamo soprattutto la sua rappresentazione, e se questa rappresentazione nell’antichità era data dal mito o nel Medioevo dalla religione oggi c’è internet, i social media, il world wide web, ancora una volta il linguaggio è identificativo. In quest’ottica internet diventa il mondo, ne sarà un suo ricordo, un domani, una traccia, un testamento, uno strumento, grande contenitore di un individualismo di massa.
Come interpretare il domani, allora? Non esiste una risposta, esistono possibilità.
Negli ultimi capitoli del libro di Campagna tornano le profezie, il ruolo (metaforico e metafisico) del profeta, che non è un veggente, non vede il futuro, ma abita e supera il suo presente, per proiettare il suo pensiero verso mondi a venire, e questo può tracciare un sentiero:

L’abilità di contemplare la realtà secondo un registro profetico – ovvero, l’abilità di vedere sinotticamente le dimensioni linguistica e ineffabile all’interno dell’esistenza, insieme alle dimensioni che eccedono l’esistenza stessa – ha già trasformato il soggetto profetico in una superficie che riflette questa nuova metafisica. Tale abilità ha già trasformato il profeta in un “testimone” (mártyr) di una modalità alternativa di worlding…

 

Di Giulia Bocchio

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