«Una strana amicizia, i libri hanno una strana amicizia l’uno per l’altro. Se li chiudiamo nella mente di una persona bene educata (un critico è soltanto questo), lì al chiuso, al caldo, serrati, provano un’allegria, una felicità come noi, esseri umani, non abbiamo mai conosciuto. Scoprono di assomigliarsi l’un l’altro. E ognuno di loro lancia frecce, bagliori di gioia verso gli altri libri che sembrano (e sono e non sono) simili. Così la mente che li raccoglie è gremita di lampi, di analogie, di rapporti, di corti circuiti, che finiscono per traboccare. La buona critica letteraria non è altro che questo: la scoperta della gioia dei libri che si assomigliano.»
Mario Praz

Naufragi
NAUFRAGI
Nei canali di Otranto e Sicilia
migratori senz’ali, contadini di Africa e di oriente
affogano nel cavo delle onde.
Un viaggio su dieci s’impiglia sul fondo,
il pacco dei semi si sparge nel solco
scavato dall’ancora e non dall’aratro.
La terraferma Italia è terrachiusa.
Li lasciamo annegare per negare.
da Opera sull’acqua e altre poesie di Erri De Luca
ΗΜΕΡΑ ΕΝΑΤΗ 25/12
Ύστερα φάνηκε μπροστά μου το νησί:
ασάλευτη ράχη γαϊδουριού
με κωνοφόρο τρίχωμα.
Η αίσθηση του ήλιου στον αυχένα.
Ένα κοράλλι στα μαλλιά και κόκκους
άμμου στα χείλη. Μια σύσπαση ελαφρά.
Η μόνιμη τάση στη δεξιά
βλεφαρίδα. Είδα την ιδέα για τον εαυτό μου
να συρρικνώνεται στο φυσικό περίγραμμα
ενός άνδρα που ξέβρασε η θάλασσα.
Δεν θυμάμαι ποιος μου έδωσε
το φιλί της ζωής δυο χέρια μόνο
να με σηκώνουν. Μια αγκαλιά
χαμόκλαδα, θάμνοι ευώδεις,
αργιλώδης γη τραχεία,
πλαγιασμένος σε έναν ίσκιο
σφυρίζω το δικό μου σκοπό
στα κρίταμα και τ’ αλμυρίκια.
Στάζων άλμην κι αφρόν
εν συνειδήση ιχθύος.
NONO GIORNO, 25/12
Poi l’isola mi apparve dinanzi:
spalla di asino sgraziato di pelo ispido.
La sensazione del sole sul collo,
un corallo tra i capelli, grani
di sabbia sulle labbra e un lieve contrarsi.
Lo spasimo permanentemente
sul ciglio destro. Ho visto restringersi
l’idea di me stesso, nel contorno naturale
di un uomo vomitato dal mare.
Non ricordo chi mi ha dato
il bacio della vita – solo due mani
venute a prendermi. Un abbraccio
di lamponi, arbusti profumati,
terra di argilla.
Io all’ombra
fischio il mio messaggio
in kritama e tamerici.
Grondante di sale e spuma
con la coscienza del pesce.
da L’ombra di Athos di Sotirios Pastàkas
(traduzione di Maria Allo)
PAOLO E VIRGINIA
I figli dell’infortunio
Amanti, miserere
miserere di questa mia giocosa
aridità larvata di chimere
[…]
VII.
Folle di gioia, con le madri in festa,
scesi alla rada: – Giunge la mia sposa,
ritorna a me Virginia mia fedele!… –
Or ecco sollevarsi la Tempesta,
una tempesta bella e artificiosa
come il Diluvio delle vecchie tele.
Appaiono le vele
del San Germano al balenar frequente,
stridono procellarie gemebonde,
albàtri cupi. Il mare si confonde
col cielo apocalittico. La gente
guata la nave tra il furor dell’onde.
Tutto l’Oceano Indiano
ribolle spaventoso, ulula, scroscia,
ma sul fragore s’alza un grido umano
terribile d’angoscia:
– Virginia è là! Salvate il San Germano!… –
VIII.
Il San Germano affonda. I marinai
tentano indarno il salvataggio. Tutti
balzano in mare, da che vana è l’arte.
Rotto ha la nave contro i polipai,
sovra coperta già fremono i flutti,
spezza il vento governi alberi sarte…
Virginia ecco in disparte
pallida e sola!… Un marinaio nudo
tenta svestirla e seco darsi all’onda;
si rifiuta Virginia pudibonda
(retorica del tempo!) e si fa scudo
delle due mani… Il San Germano affonda;
il San Germano affonda… Un sciabordare
ultimo, cupo, mozzo:
e non rivedo al chiaro balenare
la nave!… Il mio singhiozzo
disperde il vasto singhiozzar del mare.
IX.
Era l’alba e il tuo bel corpo travolto
stava tra l’alghe e le meduse attorte,
placido come in placido sopore.
Muto mi reclinai sopra quel volto
dove già le viole della morte
mescevansi alle rose del pudore…
Disperato dolore!
Dolore senza grido e senza pianto!
Morta giacevi col tuo sogno intatto,
tornavi morta a chi t’amava tanto!
Nella destra chiudevi il mio ritratto,
con la manca premevi il cuore infranto…
– Virginia! O sogni miei!
Virginia! – E ti chiamai, con occhi fissi…
– Virginia! Amore che ritorni e sei
la Morte! Amore… Morte…– E più non dissi.
X.
Morii d’amore. Oggi rinacqui e vivo,
ma più non amo. Il mio sogno è distrutto
per sempre e il cuore non fiorisce più.
E chiamo invano Amore fuggitivo,
invano piange questa Musa a lutto
che porta il lutto a tutto ciò che fu.
Il mio cuore è laggiù,
morto con te, nell’isola fiorente,
dove i palmizi gemono sommessi
lungo la Baia della Fede Ardente…
Ah! Se potessi amare! Ah! Se potessi
amare, canterei sì novamente!
Ma l’anima corrosa
sogghigna nelle sue gelide sere…
Amanti! Miserere,
miserere di questa mia giocosa
aridità larvata di chimere!
brano da Paolo e Virginia in I colloqui di Guido Gozzano
* Collage di Dina Carruozzo Nazzaro a partire da “La notte stellata” di Vincent van Gogh con ritaglio di “Le lacrime di Freyja” di Anne Marie Zilbermann
2 risposte a “Il demone dell’analogia #18: Naufragi”
Una delle chiavi del demone dell’analogia risiede, in effetti, nell’autenticità della vita all’interno della scrittura che, nell’opera può far riemergere l’inconscio attraverso la lingua, la conoscenza e lo scavo. Infatti, come dice Baudelaire, una delle funzioni della poesia è proprio quella, “scavando il verso”, di disseppellire i bisogni, le pulsioni, le aspirazioni che nel poeta si sottraggono alla sua coscienza di sé. Praticare il duro lavoro di linguistica è sicuramente di estrema importanza, come dice Anna Maria, predispone all’ascolto e sicuramente invita a fare il “Demone dell’analogia” (vd. Yes Bonnefoy Il secolo di Baudelaire). Tradurre Sotirios Pastakas, considerato da molti uno dei più grandi poeti contemporanei, è per me privilegio. Grazie Paola per la generosità dell’accostamento e grazie a tutta la redazione.
Vedi, cara Paola, proprio in questi giorni, sto rileggendo Czeslaw Milosz
“Il fine della poesia è ricordarci
quanto è difficile rimanere la stessa unica persona,
perché la nostra casa è aperta, le porte non hanno chiave
e ospiti invisibili entrano ed escono, a loro piacere.”
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Cara Maria, come rispondere a ciò che scrivi? Io so solo che quando ho letto questa poesia di Pastakas nella tua traduzione già immaginavo in cuor mio il futuro “Demone”. Grazie.A A te, a lui.
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