Valentina Sturli, Figure dell’invenzione. Per una teoria della critica tematica in Francesco Orlando
Quodlibet, 2020
Introduzione
Questo saggio esplora soprattutto l’ultima e meno conosciuta parte della riflessione di Francesco Orlando (1934-2010), quella riguardante i meccanismi dell’invenzione letteraria, rimasta interrotta a causa della morte dello studioso e in larga parte inedita.1 La proposta, che egli andava elaborando nei suoi ultimi anni di insegnamento, avrebbe dovuto condurre a un saggio che costituisse un ripensamento della sua intera teoria freudiana in una nuova prospettiva logico-figurale. Il suo ultimo corso universitario (2005/2006), dal titolo Figure dell’invenzione, è concepito per gettare le basi di questa ricerca, mai portata a termine. Poiché esiste tra le carte di Orlando una notevole serie di appunti e scalette su questo argomento, oltre alla registrazione integrale del corso, e poiché lo studioso ha spesso accennato, in interventi scritti e orali, all’interesse capitale che per lui rivestiva questo nuovo campo di indagine, mi è sembrato che il materiale meritasse un’attenzione critica approfondita.
Il mio saggio riguarderà tanto la parte edita che quella inedita della produzione di Orlando, con particolare riferimento all’ultimo decennio della sua attività: per quanto riguarda il materiale edito, si farà riferimento a tutto l’arco della produzione dello studioso, integrando all’analisi dei saggi più conosciuti l’apporto degli articoli degli ultimi anni e del postumo Il soprannaturale letterario (Einaudi, 2017); per quanto riguarda gli inediti, farò riferimento sia alla sbobinatura del corso sull’invenzione, da cui avrò modo di citare passi e il cui riassunto lezione per lezione è contenuto in Appendice, sia agli appunti a mano che contengono la lista delle potenziali figure dell’invenzione, fornite in trascrizione integrale alla fine del saggio.
Quando ho cominciato a interessarmi a questi inediti il progetto era fornire un’edizione dei testi del corso sbobinato e degli appunti, con un apparato di commento e note. Il modello cui pensavo di poter fare riferimento era l’operazione che avevo svolto, insieme a Stefano Brugnolo e Luciano Pellegrini, sulle lezioni relative al Soprannaturale letterario. Come spesso avviene nel campo della ricerca le mie prime attese sono state smentite, e ho dovuto rendermi conto che un’operazione del genere non sarebbe stata possibile sui materiali riguardanti le figure dell’invenzione: se il corso sul soprannaturale era arrivato a uno stadio di definizione altissimo e tale che le sbobinature risultavano perfettamente adattabili alla forma scritta, lo stesso non poteva dirsi di quello, tutto ipotetico ed esplorativo, tenuto nel 2005/2006 per la prima e unica volta. Questa consapevolezza ha orientato il mio lavoro successivo, che si è posto prima di tutto due obiettivi: rendere conto nella maniera più precisa possibile dei materiali inediti a disposizione, ma anche intervenire su di essi per chiarirli, contestualizzarli, svilupparne le potenzialità e discuterne le lacune, perché mi sembrava significativo riflettere su tutto quello che in essi era latente e implicito. Proprio per questo motivo il libro ha assunto la forma che ha, ovvero un saggio che vuole riflettere sull’ultimo decennio di attività di uno dei più importanti teorici della letteratura del secondo Novecento, valutando proposte, suggerendo direzioni di indagine, tracciando linee potenziali di sviluppo di un pensiero di cui non si può e non si deve nascondere l’intrinseca frammentarietà e incompiutezza. Troppo spesso si è voluto leggere la figura di questo studioso come quella di un teorico arroccato su posizioni ormai passate di moda, tutto concentrato nelle sue certezze, nei suoi schemi limitativi e geometrici. Se in ciò c’è qualcosa di vero, Orlando non è certo stato soltanto, né soprattutto, questo: come proverò a mostrare, il coraggio di ripensare la propria riflessione, l’ardire di farsi domande che possono portare disordine in un impianto teorico edificato in decenni, non è operazione adatta a chi sia solo alla ricerca di conferme.
Qualche anno fa, Gianni Iotti (2014) ha compiuto sugli inediti un primo ottimo lavoro di ricognizione e ne ha dato conto in un contributo dal titolo Sul progetto di una ricerca intitolata «figure dell’invenzione», dove era già possibile dedurre come Orlando si proponesse di tornare su alcune delle sue principali analisi per indagare le modalità attraverso cui ogni singolo testo articola un rapporto, sempre idiosincratico e mai di puro rispecchiamento, tra il mondo dei referenti e i temi, le immagini, le situazioni e i personaggi che mette in scena. Il contributo di Orlando si colloca dunque nell’ambito del dibattito sulla critica tematica ma, come vedremo, in modo estremamente originale: obiettivo è sondare le relazioni di affinità che legano, all’interno di ogni singolo testo, entità a prima vista irrelate che a una più approfondita analisi rivelano corrispondenze inattese. Il discorso letterario è concepito come fondato su dinamiche di tipo logico e antilogico, che si compenetrano e danno origine a inedite rappresentazioni del mondo, ma anche a nuovi modi, cognitivamente ed emotivamente salienti, di guardare ai referenti cui rimandano.
Come si vede, siamo davanti a un cantiere aperto, difficile da trattare e pericoloso da reificare, instabile e incompiuto, ma anche estremamente interessante perché ci mostra come pensava e lavorava Orlando, ci fa conoscere le sue domande, ci induce a porcene di più grandi e ambiziose.2 Non sapremo mai che fisionomia avrebbe preso il saggio cui lo studioso voleva dedicarsi e di cui questi testi dovevano costituire il materiale preparatorio. Il mio lavoro non vuole essere la ricostruzione – del resto impossibile – di quel libro mai scritto, ma piuttosto una riflessione a partire da ciò che lo studioso andava elaborando senza mai smettere di riformulare e arricchire la propria proposta. Partendo da una ricognizione degli inediti e sulla base dei saggi editi cercherò dunque di ricostruire le fasi dello sviluppo della teoria di Orlando sulle figure dell’invenzione, con lo scopo di esplorarne i modelli, i punti critici e le potenzialità. Ciò nella convinzione che discuterne permetta di gettare non solo nuova luce sull’evoluzione del suo pensiero, ma anche proporre strumenti per l’indagine di quel fenomeno multiforme e complesso, la letteratura, su cui continuiamo a interrogarci.
Nel primo capitolo prenderò in esame il concetto di invenzione, tanto dal punto di vista storico che retorico, situando la riflessione orlandiana all’interno del dibattito sulla critica tematica. Nel secondo capitolo renderò conto dello sviluppo dell’attività di Orlando, con particolare riferimento all’ultimo decennio (1998-2010) e alle premesse che nel suo corpus edito fanno intuire le possibili direzioni che avrebbero preso gli inediti. Discuterò la centralità del concetto di figura nella sua produzione e approfondirò rapporti e debiti con alcune delle principali correnti teoriche del Novecento, prima di concentrarmi, nel terzo capitolo, sull’apporto sempre più importante del pensiero di Ignacio Matte Blanco, teorico della psicoanalisi che ha tentato una riformulazione del concetto di inconscio freudiano in termini logici. Nel quarto, quinto e sesto capitolo ricostruirò e discuterò in dettaglio le potenziali figure dell’invenzione. Se nel corso del 2005/2006 si trovano, come si legge nella sintesi riportata in Appendice, le prime messe a punto teoriche su questo argomento, è solo negli appunti – qui riportati integralmente – che compare una lista di figure con relativa nomenclatura ed esempi. A partire da essa, ho cercato di ricostruire e approfondire le intuizioni di Orlando, alla luce sia della sua opera edita e degli esempi da lui citati, sia di materiale ulteriore che mi pareva pertinente. Nelle conclusioni traccerò un bilancio del lavoro, che sin dalla sua concezione ha voluto proporsi non come operazione esclusivamente filologica o conservativa, ma anche propulsiva e critica: mi è sembrato importante mettere a disposizione dei lettori un materiale significativo e provare a svilupparne, testarne le intuizioni, gli aggetti, le questioni aperte.
Come ha scritto Francesco de Cristofaro (2014, p. 202), «l’Orlando inedito è in realtà un pianeta sterminato e paradossale, dato che molti dei suoi più bei discorsi critici sono rimasti nell’oralità, a cominciare dalle lezioni, fino alle tavole rotonde, alle presentazioni di libri». Proprio per questo ritengo importante l’ultima fase di attività dello studioso, che non solo rende conto della vivacità di un teorico impegnato a ripensare e ampliare i fondamenti della sua produzione, ma fornisce nuovi impulsi a questioni largamente dibattute: gli strumenti per l’indagine tematica, i rapporti tra letteratura e referenti, il ruolo delle dinamiche di tipo emotivo nella fruizione del testo.
Mi auguro che questo materiale possa interessare e appassionare come ha sempre appassionato e interessato l’insegnamento di Francesco Orlando.
1 In questo senso il mio lavoro prende idealmente le mosse là dove cronologicamente si arresta l’ottimo libro di Valentino Baldi, Il sole e la morte. Saggio sulla teoria letteraria di Francesco Orlando (Quodlibet, Macerata 2015), che ha tra gli altri il merito di costituire la prima monografia specialistica interamente dedicata alla riflessione sul pensiero e la prassi critica di Francesco Orlando. Il volume di Baldi, che tratta e valuta la proposta teorica orlandiana lungo tutto l’arco del suo sviluppo, si basa sull’opera edita dello studioso e si concentra su lavori pubblicati in massima parte prima della soglia degli anni Duemila. Voglio cogliere qui l’occasione, in apertura del mio lavoro, per ringraziare Valentino per le tante discussioni proficue e gli scambi che abbiamo avuto nel corso degli anni su questa comune materia di studio.
2 A questo proposito, mi riallaccio a quanto già opportunamente auspicava Francesco Fiorentino (2014, p. 98) nell’introduzione a una delle giornate di studi su Orlando che avrebbero poi dato origine al volume Sei lezioni per Francesco Orlando: «in una stagione come quella attuale in cui l’interesse per la teoria e la metodologia letteraria è ai minimi storici, tale coerenza, che pure gli imponeva paradossalmente di rimettersi sempre in discussione, rischia tuttavia di far apparire la sua proposta teorica come una sorta di edificio fortificato, in cui è impervio entrare e, entrando, si rischia di restare prigionieri. Credo che spetti in primis ai suoi allievi […] mostrare l’assoluta falsità di una simile impressione. Dovendo paragonarla a un edificio, direi che, finché era in vita il suo artefice, era un cantiere e un grande cantiere abbiamo ereditato».
Una replica a “Valentina Sturli, “Figure dell’invenzione” (Quodlibet 2020)”
Dopo anni, saluto Valentina – spero che mi scriva, poiché i miei giorni volgono, come dire, al tramonto.
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