Il libro di saggi di Edoardo Sant’Elia – saggista, poeta – Ri(e)mozioni novecentesche. Dieci saggi narrativi su dieci idee, edito da Studium edizioni (2019) – raccoglie, in una versione rivisitata dall’autore, dieci saggi apparsi negli anni Novanta su “Il rosso e il nero”, rivista fondata e diretta da Sant’Elia. Come fa intuire il sottotitolo, esso si presenta con una struttura architettonicamente concepita, i dieci saggi a loro volta sono raggruppati in cinque sezioni in cui i due saggi presenti sono collegati in un dialogo sotterraneo, per dar vita ulteriormente ad un unico filo, ad un possibile telos che raccoglie in una narrazione unitaria tutti i momenti del libro. Le dieci idee intorno a cui ruotano i saggi sono: il tempo, il sacro, la menzogna, l’idiozia, il viaggio, la paura, l’ombra, lo sguardo, il sogno, la città. Si può dire che alla base della struttura del libro vi sia quasi un’ossessione di ordine matematico di ascendenza pitagorica, ma anche la volontà di dare un ordine alla magmaticità imprevedibile con cui si presenta la realtà. Uno sguardo, al tempo stesso, sereno, ironico e distaccato, che dalla giusta distanza, una distanza d’impronta apollinea, riesce a mettere a fuoco alcune questioni che hanno attraversato il secolo scorso e che ancora ci interpellano. Potremmo dire che la cifra che caratterizza l’intero libro è l’ironia, nel senso etimologico di dissimulazione finalizzata ad una precisa strategia comunicativa, lo sguardo di Sant’Elia sui temi, sulle idee oggetto della sua riflessione è uno sguardo netto ma laterale, eccentrico; coglie il centro della questione da un punto di vista, apparentemente, marginale, facendo interagire tra loro, quasi come se fossero elementi di una reazione chimica, idee, autori, narrazioni, forme espressive, per dar vita a un composto del tutto nuovo e inaspettato. È proprio l’esplorazione delle varie forme espressive che hanno caratterizzato il Novecento – poesia, teatro, cinema, fotografia, pittura, fumetto, letteratura per ragazzi , letteratura di genere – senza alcuna distinzione valoriale tra cultura alta e bassa, l’elemento di profonda originalità del libro, non tanto nell’analisi delle singole forme, ma nel farle interagire tra loro o, meglio, nel farle ruotare intorno al perno di un’idea che le illumina e che da esse a sua volta viene illuminata. Si veda, a tal proposito, il bellissimo saggio sulla paura, in cui sono accostati Lovecraft e Kubrick o il secondo saggio, sul Sacro, dove l’autore, con sagacia interpretativa e sapienza narrativa, mette a confronto le tele di Francis Bacon Studio per un papa – una rivisitazione multipla del ritratto ad Innocenzo X di Velasquez – e l’Aspettando Godot di Samuel Beckett e dalla loro interazione coglie un aspetto fondamentale e tragico della nostra epoca: il sottrarsi del sacro nell’esperienza dell’uomo contemporaneo.
L’iperpresenza baconiana, l’assenza angosciosa di Beckett, sono esche gettate in un universo religioso negato e incombente, pulsante e inafferrabile. Sono richiami sordi, proiettili che rimbombano implosi senza raggiungere il bersaglio ma ribadendone ad ogni colpo l’ineluttabilità.
Ancora una volta, cercasi Sacro. Disperatamente.
Altro esempio riuscitissimo di accostamento inaspettato è nel saggio sull’Ombra dove vengono fatti interagire Batman, eroe dei fumetti, analizzato in una delle più riuscite reincarnazioni – Il ritorno del cavaliere oscuro di Frank Miller – e il libro sulle Ombre di Gombrich, in cui il tema dell’ombra e della sua rappresentazione viene fatto risalire alle origine mitiche del Mahabaratha e del mito platonico della caverna, passando tra gli altri per Caravaggio, per cogliere, in maniera spiazzante e paradossale, la condizione umana a partire da ciò da cui essa non può separarsi: la sua ombra.
Batman e Gotham, l’eroe e la città, sono perfettamente speculari.
Il corpo della città è meno consistente dei suoi riflessi. Le albe spettrali, le notti violacee, i recessi bluastri delle strade la dicono lunga sulla natura fantasmatica di una metropoli sempre sul punto di crollare, come un fradicio castello di carte, eppure in possesso di una ferina, istintuale vitalità, che le permette di rimarginare ogni ferita. Ma la moltitudine non fa personalità, così come le varie facce del cavaliere oscuro – il bimbo impaurito, il miliardario vanesio, il giustiziere rancoroso – non lo costruiscono come individuo. L’ombra della città e l’ombra dell’uomo pipistrello raccontano la stessa storia: sono proiezioni di un corpo che non sa vivere, che si ignora, le cui cicatrici spirituali sono tuttavia autentiche.
L’atteggiamento ironico che abbiamo constatato attraversare l’intero libro è presente già dal titolo, volutamente ambivalente, in cui le emozioni e le relative rimozioni si rincorrono in circolo senza fine. È proprio della filosofia della narrazione a cui l’autore vuole approdare, sciogliere il nodo irrisolto delle idee che hanno attraversato il secolo scorso, in cui si passa da una intelligenza giudicante ad una narrativamente disvelante, che grazie a un continuo spiazzamento mostra i nodi nascosti, rimossi della condizione patico-emotiva dell’uomo contemporaneo. In questo procedimento l’ironia spiazzante degli accostamenti tematici proposti da Sant’Elia sembra dialogare sotterraneamente con una esperienza critica radicale del primo novecento, quella del filosofo e saggista Walter Benjamin, che in alcuni saggi di esemplare profondità ha colto le tendenze di fondo del Novecento, attraverso le sue varie e nuove espressioni artistiche. Nel saggio L’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica mette in evidenza la perdita dell’aura dell’opera d’arte che l’aveva contraddistinta nelle epoche precedenti e nella cultura classica e l’esperienza dello shock come stato d’animo peculiare che provoca il fatto artistico nella contemporaneità tecnologica, in particolare nella fotografia e nel cinema. Sant’Elia sembra riproporre questa strategia analitico-espressiva: far emergere dai crocevia artistici, culturali e sociali disseminati nella realtà sociale l’illuminazione, magari momentanea e shoccante, che possa gettar luce sul percorso dell’uomo contemporaneo nel suo procedere verso un futuro incerto ed enigmatico.
© Francesco Filia