Angela Colapinto, Il detestiario, Jona Editore 2018, € 13,00
Il detestiario di Angela Colapinto (Jona Editore 2018) è una sorta di ritratto di Dorian Gray, con l’unica differenza che Margherita, la protagonista del romanzo, invece di tenerlo in cantina lo porta sempre con sé. Un diario in cui annotare tutte le persone e le loro abitudini detestabili, un lungo e doloroso esercizio per esorcizzare forse, probabilmente, ciò che odiamo di noi stessi.
Si, perché Margherita è una di quelle persone che non ha nulla da perdere se non se stessa. Una donna che oscilla, apparentemente, tra un nichilismo autodistruttivo ed un egoismo ipertrofico. Una ragazza che si porta dentro una dipendenza congenita dagli altri che però in qualche modo cerca di evitare, fatta eccezione che per quella da Gregorio, altro personaggio fondamentale della storia che vede la protagonista incunearsi continuamente in situazioni che la spingono oltre i limiti dei normali rapporti interpersonali.
Imprigionata nell’impossibilità di entrare in empatia con chi le è più prossimo, trova nella sua sessualità il solo punto di contatto con l’esterno; da questo nasce una forma di dipendenza da Gregorio, unica persona che mostrando un certo distacco da lei e dalle sue abitudinarie armi di seduzione non fa altro che irretirla nel modo più subdolo. Un gioco di scatole cinesi emotive che lega i due personaggi fino all’entrata in scena di quella che potremmo definire la nemesi della protagonista. Ada è in qualche modo la personificazione del detestiario e anche l’immagine di Margherita riflessa allo specchio. Una persona che, pur difettando di intelligenza, ha tuttavia maggiore dimestichezza con l’arte che Margherita credeva essere una sua prerogativa, ovvero quella di usare le persone per i propri scopi. La rivalità, tutta nella testa della protagonista, porterà la storia ad evolversi in modi inaspettati.
Il libro di Angela Colapinto segue una sequenza temporale frammentata che sovrappone più momenti anche all’interno degli stessi capitoli. La narrazione è fluida e restituisce un’immagine femminile di apparente forza, ma a ben guardare anche di estrema debolezza in una mancata emancipazione dalla figura maschile vista come foriera di benessere e assenza di preoccupazioni. L’uomo è visto come un mezzo per raggiungere i propri fini, un oggetto di volta in volta utile al sesso fine a se stesso o alla procreazione che diventa affermazione sociale e legame inscindibile con rendite economiche.
Il detestiario è la nostra parte intollerante che, per citare una canzone, tutti noi troviamo terribilmente interessante, fino al punto di farci proiettare in modo acritico tutti i nostri difetti sugli altri rischiando di azzerare il nostro senso di autocritica.
© Raffaele Calvanese