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Francesca Melandri, Il sangue giusto

Mi decido oggi (24/09/2018) a scrivere a proposito di questo libro, perché nel giorno in cui il Cdm approva il cosiddetto decreto Salvini sull’immigrazione bisogna assolutamente rimettere in moto determinati meccanismi per prepararsi a un futuro in cui la presunta sicurezza sarà solo il pretesto per allargare l’intolleranza a qualsiasi forma di dissenso, differenza, crescita e poter definire nuove (vecchie) categorie lombrosiane del giusto/sbagliato. Nel famigerato e sfacciatamente incostituzionale nuovo decreto, tra i vari articoli modificati, vicino alla possibilità della revoca della cittadinanza, ne emerge uno che dovrebbe mettere una pulce nell’orecchio a chiunque: quello che sancisce la non concessione della cittadinanza in caso di reati da parte di familiari. I reati diverranno una questione di sangue quindi, sangue che sempre più marcatamente dovrà essere certificato, battezzato, purificato. Riprendiamo la retta via della critica e torniamo al libro di Francesca Melandri il cui titolo è la causa del mio sfacciato incipit. Sangue giusto è il libro giusto da tenere sempre a portata di mano in questi giorni perché tutti coloro che sull’idea delle migrazioni ancora o finalmente, riescono per un attimo a mettere da parte il “ma…” devono cominciare a reagire non attraverso la “pietà”, ma attraverso la consapevolezza di un fenomeno le cui cause, dinamiche e sviluppi sono molteplici e la cui risoluzione è molto più complessa di un’accoglienza appunto pietistica, ma sicuramente opposta e intransigente a una chiusura protezionistica poco lungimirante, oltre che ridicolmente retorica. Sangue giusto ci racconta dell’Italia coloniale mussoliniana: fatti accaduti oramai 80 anni fa, ma ancora mimetizzati tra chi ne è nostalgico e chi l’ha imparata e conosciuta attraverso quel sottile velo di ironia con cui si accoglie la vetusta esagerata retorica del Ventennio, lasciando quindi che il reale svolgersi di quei fatti lontani nel tempo e nello spazio, sparisse via via in maniera quasi indolore, dietro la rassicurazione storicizzata di un popolo che cerca di ricordare come da quel periodo ne è uscito (ma qualche dubbio nasce oramai anche su questo), ma ha totalmente rimosso il perché e il come ci è arrivato e ci è rimasto. Sangue giusto trova nella (quasi) contemporaneità i motivi per vagare nel secolo precedente alla ricerca di ogni minuzioso particolare che può e deve ricostruire una parte della nostra storia che è stata messa da parte e che poteva essere realmente rimessa in gioco il giorno che Gheddafi arrivò ospite nell’Italia di Silvio Berlusconi. Questo non è accaduto e sappiamo bene che fine ha fatto Mu’ammar Gheddafi. Ci ha pensato Francesca Melandri che a partire da quell’agosto del 2010 e attraverso piccoli punti di memoria tangibili di una realtà “mediatica” di cui avremmo fatto a meno (la presunta nipote di Mubarak per esempio), ma che ci impediscono di perderci, ci guida lungo l’epopea della famiglia Profeti attraverso la storia scomoda e dolorosa di una metà del secolo scorso che ha lasciato strascichi inevitabili e conseguenze che non possiamo dimenticare o mettere da parte quando parliamo dei fenomeni di immigrazione. Gli stessi protagonisti del libro, unici elementi di fantasia, appaiono schiacciati da una storia che li rende quasi burattini: dialoghi, movimenti, decisioni, strategie, sembrano rallentati, inidonei, fuori tempo davanti a una storia che nella superba ricerca documentaria della Melandri diventa un fardello enorme. Quindi se delle guerre coloniali ricordate a malapena “Faccetta nera” (censurata dal duce stesso perché sembrava potesse inneggiare all’unione inter-razziale) ma non conoscete “Chi se ne frega delle sanzioni” cantata da Maria Uva, se non sapete chi è stato Lidio Cipriani e che ruolo hanno avuto i suoi studi antropologici nella definizione delle leggi razziali e della guerra in Etiopia, se volete assicurarvi una volta per tutte delle diverse efferate violenze fatte sulla popolazione etiope maschile e femminile, come già emersero da diverse accuse fatte a Indro Montanelli, se vi incuriosisce la storia di Lugo di Romagna e di Francesco Baracca, ma anche la vera storia di Rodolfo Graziani; ecco questi possono essere motivi stimolanti per la lettura di questo libro. Come fu per Eva dorme (libro per me imprescindibile se si vuol parlare di “cittadinanza”) anche qui i protagonisti sono pedine di una storia che è già cominciata e che continua, ma in questo caso altrove, oltre il mare e si ripresenta così improvvisa e vivida in un pomeriggio di agosto del 2010 (Gheddafi è appena arrivato in quel di Roma), sul pianerottolo di un palazzo dell’Esquilino.

Francesca Melandri, Sangue giusto, Rizzoli 2017

Una replica a “Francesca Melandri, Il sangue giusto”


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