Georges Simenon, La casa dei Krull. Traduzione di Simona Mambrini, Adelphi 2017 (edizione originale 1939)
Senza Maigret, ma con tutta la carica della sua scrittura, La casa dei Krull di Georges Simenon è un romanzo ambientato nel 1933 in una cittadina francese, dinanzi a un porto. I Krull sono una famiglia tedesca. Non sono soltanto i ricordi brucianti della Grande Guerra, non sono soltanto i timori per un regime che ha appena preso il potere – e già si parla di campi di concentramento – a marchiare progressivamente, dallo strisciante sottofondo di emarginazione fino alla parossistica e violenta messa al bando, i Krull come stranieri, ostili, infidi, ma lo è soprattutto il permanente meccanismo che concentra sul forestiero, malamente o niente affatto integrato, nonostante la ‘naturalizzazione’, sullo straniero, che come tale è strano, il rigetto del diverso, come avverrà in Andorra di Max Frisch.
Chez Krull (questo il titolo originale), a casa dei Krull, arriva il cugino Hans Krull, allegro (ma fino a che punto?) Hochstapler (sorprendente che lo stesso cognome sia usato in seguito da Thomas Mann per il suo Bekenntnisse des Hochstaplers Felix Krull, Confessioni del cavaliere d’industria Felix Krull) e con l’evolversi incalzante della vicenda – il ritmo è reso ancora più spedito dalle anticipazioni del narratore – chi legge si trova a chiedersi chi sia più strano e straniero, Hans, il millantatore, o la famiglia dei Krull in Francia, ivi compreso l’opposto e pur ‘doppio’ cugino di Hans, Joseph. Di coppie di doppi ce ne sono altre in questa vicenda: la zia Maria Krull, impeccabile e coraggiosa matriarca, e l’ubriacona Pipi, la madre di Sidonie, la ragazza trovata violentata e uccisa per strangolamento (ché di un noir si tratta, comunque) e, ancora, il padre di Hans Krull, del quale apprendiamo solo alcuni dettagli che lo riguardano, e lo zio Cornelius, ieratico e silenzioso patriarca di tempi remoti, che vediamo, ma del cui passato neppure la moglie conosce pieghe e angoli nascosti.
L’estate incipiente non cancella fango, nebbie e minacciose oscurità, e allora ci ritroviamo anche nell’atmosfera di L’écluse N. 1 (un libro di Simenon, con Maigret, però, tradotto in italiano con il titolo Maigret e la chiusa n. 1).
Tristezze abissali perché insondabili, teatrini farseschi, la sublime ironia dello scrittore così come la sua asciutta precisione si uniscono, si alternano in una vicenda enigmatica e illuminante sulla furia della folla, sulle paure paralizzanti, sulla pericolosa pochezza degli infimi che roteano la caccia al diverso, il ‘dalli allo straniero’ come arma per un momento di popolarità. È stato scritto di Chez Krull che si tratta di un libro profetico nella storia. Lo è, con la forza universale della profezia, lo è, se si pensa che il romanzo è stato scritto a La Rochelle nell’estate del 1938 e pubblicato nel febbraio del 1939.
©Anna Maria Curci
Ecco l’incipit del romanzo:
La prima cosa che Hans notò della casa dei Krull, della famiglia Krull – era un Krull anche lui, ma del ceppo originario, un Krull di Germania – fu, quando ancora non era sceso dal taxi, una réclame trasparente incollata sulla porta a vetri dell’emporio.
Stranamente, fra tanti particolari che attiravano la sua attenzione, il suo sguardo si appuntò su quella réclame di cui decifrò, a rovescio, le due parole: «Amido Remy».
Lo sfondo era blu, un bel blu oltremare, e al centro campeggiava un pacifico leone bianco.
In quel momento, di fronte al leone dalla criniera immacolata come un lenzuolo, tutto il resto passò in secondo piano: un’altra réclame, anch’essa di plastica trasparente, con le parole «Liscivia Reckitt», relegata in posizione subalterna senza una precisa ragione; una scritta in giallo – «Mescita» – metà sul vetro di sinistra e metà sul vetro di destra della porta; una vetrina zeppa di cordami, lanterne, frustini e parti di bardature; infine, poco distante, sotto il sole, c’era un canale, degli alberi, chiatte immobili e, lungo l’argine, un tram giallo che sfrecciava scampanellando.
«”Amido Remy!”» scandì Hans scendendo dal taxi.
Alle sue orecchie suonava come una formula magica, tanto più che, non parlando bene il francese, ignorava che cosa volesse dire.
«Vediamo un po’ come sono questi Krull di Francia!» pensò alzando la testa mentre si cacciava in tasca il resto.
Sopra l’emporio, da una finestra aperta, si scorgeva il busto di un giovane in maniche di camicia seduto a un tavolo ingombro di quaderni. Da un’altra zona della casa provenivano grevi accordi di pianoforte.
Fu allora che, oltre la vetrina di articoli marinari, in una penombra che pareva remota, Hans intravide la fronte di una donna, due occhi e una capigliatura grigia. In quell’istante, il giovane in maniche di camicia si affacciò alla finestra del primo piano a guardare incuriosito il taxi; a destra, un’altra finestra si aprì mostrando il viso affilato di una ragazza…