– Nie wieder Zensur in der Kunst –
di Pietro Russo
Ultimo testamento
“Quindi vi lasciamo questo conto alla rovescia
di anno in anno, gli auguri, il brindisi a capodanno,
un pugno di speranze contraddette dagli oroscopi
e che altro? Rimanete imbronciati
se volete, ve lo concediamo, siete e sempre sarete
i nostri bambini. Noi i padri, voi ciò che resta.”
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***
Dice che sono io ieri, mi augura ogni bene
questo di sbieco uscito proprio adesso
in sordina. Quasi non lo riconoscevo.
Gli perdono il sudario del letto
e i muri, con il primo sole,
un collo uterino raschiato di fresco.
Avrò scordato anche questo. Con precisione,
come sempre. Come inseguire
la fuga delle mattonelle fino allo stipite
saltandone una a ogni passo. Facendo attenzione
a non pestare i bordi se possibile.
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Contro ogni previsione
se tiene è per i chilometri del terzino
alla periferia della giocata, della lotta
mentre infuria sempre altrove, la diagonale
precisa e con i tempi calcolati
quando serve, poi su e giù lungo il margine
dicono a fluidificare ma occorre tutta la forza
per resistere alla tentazione di uscirne fuori,
abbandonare il dramma, la linea bianca
dritta che sembra un miraggio.
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C’è una curva di parole prima del graffio
sulla faccia. Oppure cade tra la cattedra
e il primo banco. Il maquillage di domani, guardate,
cola già dagli angoli, impiastra le strade
e lo sprint a cronometro rotto del maratoneta
almeno questo, commovente e così patetico…
Non si muore a questa vertigine. La meta
per non sbagliare è stata strappata dagli occhi.
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Con questa distanza
Con questa distanza, certo, è un’altra cosa
che un’idea sommaria oppure un nome
e neanche rotonde, balconi, apnee di cemento
se dicono Catania il profilo laggiù
a salire verso la montagna. Per fede
chiameremo questo madre e padre insieme
o ventre. E quando scende più lenta
la sera e non sono comignoli a fumare ma l’Etna
da lontano la chiameremo casa
comunque, per non dimenticare.
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***
C’è stato, è vero, anche quell’attimo.
Un uomo o donna ha detto: posso.
Solamente questo. E
non si sono interrotti i cieli, e una luce
non ha tagliato il farsi prossimo dei volti,
lo scontro voluto, l’imbarazzo come il crollo
di ventidue anni, nell’abitacolo, solo per poco.
Solamente, è bastato
per fare più grande la penombra, ora, di là
della soglia d’aria tra i nostri corpi
e le schiene che si toccano, nel buio.
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