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CIÒ CHE DISSE IL LEGNO: TWIN PEAKS ATTRAVERSO I MONOLOGHI DELLA SIGNORA CEPPO #3

Ogni episodio di Twin Peaks (in attesa dei nuovi, annunciati per quest’anno) è introdotto da un monologo di Margaret Lanterman, conosciuta da tutti come la Signora Ceppo perché gira abbracciando un ciocco di legno con cui si confida e dal quale ottiene rivelazioni. Potrebbe essere la pazza del paese, se a scarseggiare a Twin Peaks non fosse proprio la normalità. Quei monologhi, scritti dallo stesso Lynch, sono in definitiva una successione di poemetti in prosa, misteriosi, surreali, bellissimi. Hanno un valore poetico autonomo, e al tempo stesso sono una chiave di accesso al mondo immaginato dal regista e dai suoi collaboratori (Mark Frost, co-ideatore, su tutti). Dalle parole cercherò ogni volta di andare alla storia e ai personaggi, senza però svelare troppo per chi ancora ha la fortuna di non aver visto la serie. E tuttavia ogni spiegazione sarà solo l’inizio di qualcosa: nel linguaggio di Lynch, sia verbale che cinematografico, permane un residuo di non significato, un nodo di oscurità, un ceppo che non brucia e che parla.

nano twin peaks

[Episodio due: Lo Zen o l’arte di catturare un killer]

Sometime ideas, like men, jump up and say “hello”. They introduce themselves, these ideas, with words. Are they words? These ideas speak so strangely. All that we see in this world is based on someone’s ideas. Some ideas are destructive, some are constructive. Some ideas can arrive in the form of a dream. I can say it again. Some ideas arrive in the form of a dream.
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Qualche volta le idee, come le persone, saltano fuori e dicono “ciao”. Queste idee si annunciano con parole. Sono esse stesse parole? Queste idee parlano in modo così strano. Tutto quello che vediamo in questo mondo è basato sulle idee di qualcuno. Alcune idee sono distruttive, altre costruttive. Alcune idee possono arrivare sotto forma di sogno. Posso ripeterlo. Alcune idee arrivano sotto forma di sogno. (trad. di Andrea Accardi e Alessandra Zarcone)
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L’agente Cooper avrà le rivelazioni decisive per la sua indagine durante uno strano sogno fatto di tendaggi rossi, un nano ballerino e Laura Palmer ancora viva. Quel sogno sarà però compreso poco a poco, e per folgorazioni improvvise. Le idee nascoste al suo interno speak so strangely, com’è sempre nei sogni, che per dire hanno bisogno di nascondere, ma qui c’è di più: il sogno svelerà infatti cose che Cooper non poteva nemmeno inconsciamente sapere, e il surreale della mente sfocia così nel paranormale. Da Freud si passa insomma a Jung. Nello stesso episodio giunge a Twin Peaks Albert Rosenfield, agente dell’FBI dai modi bruschi e con una fiducia assoluta nel metodi scientifici. Cooper invece segue (anche) altre vie, che gli arrivano dalla spiritualità orientale, dal Tibet, e lo portano a usare tecniche strampalate ma straordinariamente efficaci (come il lancio di sassi contro una bottiglia per stabilire il grado di coinvolgimento di ogni sospettato). Prolungando la casistica della doppiezza fin qui stilata, ho però la sensazione che l’opposizione tra Occidente e Oriente sia solo un pretesto, e quello stesso soprannaturale sembra in fondo l’iperbole di aspetti reali della nostra vita psichica. Il vero confronto è piuttosto tra logica lineare, razionale, controllata, e logica altra, quella dell’intuito, dei presentimenti, dei sogni. Il sorriso di Cooper è anche un sorriso di gratitudine per tutte le volte che le idee, senza neppure averle cercate, saltano fuori e ci dicono: “Hello!“.
 
@ Andrea Accardi
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Una replica a “CIÒ CHE DISSE IL LEGNO: TWIN PEAKS ATTRAVERSO I MONOLOGHI DELLA SIGNORA CEPPO #3”


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