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Mare nostrum
giorni dei morti, 3 ottobre 2013 ↔ 18 aprile 2015
Poemetto sdrucito in VII brani
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Il ruolo del poeta deve essere […]
protestare, dando fondo a tutte le
nostre parole, contro il saccheggio
della realtà, che è poi lo sgomento
della nostra epoca. Descrivere l’orrore.
Y. Bonnefoy
*
≈ Epigrafe ≈
Vi sono momenti nella storia dell’umanità nei quali il dolore individuale
o di un singolo popolo o di una parte di questo
è inevitabilmente il dolore di ciascun essere umano:
la tragedia dei centinaia di migranti, dei diseredati morti
come tanti altri nell’autunno del 2013, nella primavera del 2015,
si fa tragedia di un mondo globale allo sbando,
complice una politica italiana da troppo tempo miope
sostenuta dalla miopia delle nazioni che guidano
la squallida idea di Europa che stiamo sperimentando.
E se il più delle volte, anche tra la popolazione delle grandi potenze economiche,
sono le fasce più deboli a soccombere nelle tragedie di oggi, come in quelle di ieri,
l’elettorato italico e delle altre nazioni dominanti
non ha certo da sentirsi a sua volta immune
da un pervasivo senso di colpa difficilmente smacchiabile.
“Ma il popolo non è santo”, scrive un caro poeta…
* *
≈ Naufragio ≈
Ché rifugio è solo su riarsa ripa:
ché i mostri son mostri e angeli si mostrano:
ché di brecce di folgore rituona
il mare nostrum: ché muti riemergono
in richiami di buio
e poi muti si pèrdono…
Ché sirene già cantano
litanie da Pilato su palati
di belve immonde da marmoree sponde:
la di loro camicia verdeggiante
di un rosso arrossa − ma non più cangiante
rosso di mare nostrum, e già rifugio
eternato per lampo
di quel lacero drappo
e vago abbaglio di terra straniera:
mai avuta e già rimorta.
* * *
≈ Triton ≈
O beltà d’Anfitrite,
entro occhi illacrimati e via dispersi
sclere bianche arrossate
contemplasti contrita;
entro palpebre d’ebano mai specchio
ritrovasti, né poscia
gioioso udisti il suono del bel corno,
attorta valva del figlio tuo Triton;
oh beltà, oh Anfitrite,
con lacrime mortali tu ime miri
stille di strazio a spasimi e a marosi
nel nome del tuo figlio
ogni dì perpetrarsi e, onde il metallico
strido del gran tridente
d’ira solo scoteva il mare nostrum,
brindelli e cruore e carcame oggidì
a cotidiana disseminazione…
E arrovesciàti, oh Anfitrite, riguardi
volti migranti di dolore enfiati
come un disciolto smarrirsi nel mare,
e scarne carni e emaciati sembianti
e lo sfarsi nel niente di un colore.
* * * *
≈ Cangiante ≈
Flutti cangianti e lutti
s’infrangono silenti e lievi scorticano
tessuti laceri tra musi brutti
di anime nere in transito
lungo sfarzi marmorei in Transatlantico
che flutti via rigettano
e in affondi si sbranano e già cangiano
sanguinari e sarcofagi dal forte
stomaco e che si pregian del peccato
di assolverci del tutto
con la blandizie del più vile flato:
“Triton, insufficiente o inadeguato?”
* * * * *
≈ Indulgentia per maria ≈
Da latitudini alpine noi pochi
di molti vi chiediamo:
se non perdóno, ch’esso sia odio vero
a chi per bassi fini d’indelebile
colpa satura l’anima
greve e grigia d’un popolo che dentro
il segreto dell’urna
lorda le mani di lontani sangui:
e di fiamme notturne più mai riarda
la soglia querula di mare nostrum.
* * * * * *
≈ Macchia ≈
Ma gaia ride, la lady Macbeth,
col tacco a spillo e i suoi seni rifatti,
ché quei diseredati
allineati ≈ arsi,
……………affogati ≈ si meritan
………………..solo lacrime lorde
……………………….di caimano:
……………………………………………e il giorno dell’orrore
…………………………………………..e i pianti……………… veri
………………………………..la lady Macbeth piano …………………dilavando
smacchia di mano
con tutta la
Storia.
* * * * * * *
≈ Memoria ≈
Questa memoria di migranti morti
trattieni, oh mare, entro flutti di pianto
e nel guasto tuo grembo
entro un tempo spietato
tu tristato ricorda
che in noi vive pietà quand’è ben morta.
Tra feroci rapaci, oh mare, tu
raccogli imperturbato di civile
coscienza, immondo il detrito e il marciume:
ché se la morte è morte
d’acqua, non mai sarà una morte impune
ma già dannata macchia.
Note ai testi
“Mare nostrum”: antico nome del mare Mediterraneo in epoche imperiali e poi imperialistiche e, dall’ottobre 2013 al novembre 2014, nome di una controversa missione di salvataggio dei migranti in arrivo dal Nord Africa messa in atto dall’Italia nell’indifferenza dell’Europa.
“Ma il popolo non è santo”: L. Cecchinel, Perché ancora / Pourquoi encore, ISREV, 2005, p. 25.
“Lacero drappo”: al largo di Lampedusa, alle prime ore del 3 ottobre 2013, migranti somali e eritrei su un barcone, per attrarre l’attenzione sulla costa, nel buio, hanno incendiato una coperta a titolo di segnalazione: gesto dal quale è scaturita la tragedia di un naufragio di diverse centinaia di persone, di cui 366 sarebbero stati i morti accertati. L’immagine del drappo, nata da questa tragedia, è fatalmente rinnovata di mese in mese e culminata nel grave naufragio del 18 aprile 2015, con oltre 700 dispersi.
“Anfitrite”: ninfa del mare, figlia di Nereo e sposa di Poseidón, dalla cui unione nacque Triton, che ai giorni nostri è anche il nome dell’operazione che nel novembre 2014 è subentrata a “Mare nostrum”. Anfitrite è citata alcune volte nell’Odissea, perlopiù come allegoria del mare; nelle arti ne sono raffigurate la nudità e la grande bellezza (e in Odissea XII un epiteto ne risalta gli occhi).
“Cangiante”: è il non-colore del mare, ma anche l’atteggiamento tipico di gran parte dei più inscalfibili uomini politici italiani, storicamente detto anche trasformismo.
“Sfarzi marmorei in Transatlantico”: dentro palazzo Montecitorio in Roma, corridoio pavimentato con ricchi marmi da cui spesso i parlamentari rilasciano interviste televisive.
“Triton, insufficiente o inadeguato?”: di fronte alla tragedia di migliaia di vite umane straziate nel naufragio di aprile 2015, alte cariche dello stato si sono rivolte all’inefficacia dell’operazione Triton definendola blandamente “non sufficiente” e “inadeguata”, con toni grigiamente istituzionali a loro volta invece sufficienti e adeguati nel dar prova delle scarse qualità umane della classe dirigente contemporanea.
“Indulgentia per maria”: (lat.) “Perdóno attraverso il mare”.
“Lontani sangui”: i crimini perpetrati da politiche occidentali, anche indirettamente, su un Sud del Mondo costretto a disperate emigrazioni per la sopravvivenza.
“La lady Macbeth”: può essere allegoria dell’Italia contemporanea o di certi suoi noti rappresentanti politici.
“Lacrime […] di caimano”: sinonimo del modo di dire “lacrime di coccodrillo”, ma anche riferimento a chi ha colpe nell’istituzione di un disumano e criminale reato di clandestinità.
“Che in noi vive pietà quand’è ben morta”: cfr. Dante, Inf. XX, 28
“Dannata macchia”: Shakespeare, Macbeth, V 1.
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Paolo Steffan è nato a Conegliano nel dicembre 1988 e da sempre vive a Castello Roganzuolo.
Avvezzo al disegno fin dalla prima infanzia, impara l’italiano leggendo Topolino; negli anni del liceo classico si accosta alla letteratura, proseguendo con la laurea in lettere all’università di Venezia, città di cui approfondisce la conoscenza, amandola in vagabonda solitudine. Dalla tesi triennale ha tratto il saggio Un «giardino di crode disperse». Uno studio di Addio a Ligonas di Andrea Zanzotto (Aracne, 2012, prefazione di Ricciarda Ricorda), la tesi magistrale, dal titolo Una poesia di resistenza. Cecchinel tra ecologia e letteratura, è in corso di pubblicazione.
Alla scrittura saggistica ha affiancato quella in versi, esordendo in dialetto, con la silloge Bacàr / Ansimi; sul n. 18/2015 di “Smerilliana” sono editi i 9 sonetti di Inte ’l color mat del nòstro tenp con uno scritto di Fabio Franzin.
Da anni difende il paesaggio culturale e la sacralità degli alberi, crea vignette, fotografa il paesaggio e coltiva l’orto. Collabora come consulente ai progetti del gruppo musicale-letterario Le Ombre di Rosso, con cui ha scelto e musicato cinque poesie inedite di Cecchinel, sulla cui poesia cura una pagina facebook.
