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Tra le righe #14: Ingeborg Bachmann

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Tra le righe n. 14: Ingeborg Bachmann,
Ihr Worte

la traduzione è nella sua essenza plurale etica dell’ascolto

Antoine Berman*

87 anni fa, il 25 giugno 1926, nasceva a Klagenfurt Ingeborg Bachmann. A lei, oggi, è dedicata la quattordicesima puntata della rubrica “Tra le righe”, con la sua poesia Ihr Worte nell’originale tedesco e in due traduzioni in italiano.

Nel 1961 Ingeborg Bachmann dedica Ihr Worte a Nelly Sachs. Bachmann stessa riferisce in una intervista, a proposito di questa poesia: «Ho scritto Voi, parole, dopo che per cinque anni non mi ero più arrischiata a scrivere una poesia, non ne volevo scrivere più, avevo proibito a me stessa di creare una struttura del genere, quella creazione chiamata poesia […]. So ancora poco di poesie, ma tra le poche cose che so c’è il sospetto. Sospetta a sufficienza di te, sospetta delle parole, della lingua, mi sono detta spesso, approfondisci questo sospetto – perché un giorno, forse, possa nascere qualcosa di nuovo – oppure nulla debba nascere.» *
La traduzione, in questo caso, è davvero (Wahrlich, come recita il titolo di un’altra poesia di Ingeborg Bachmann, dedicata alle parole e a un’altra poetessa, Anna Achmatova) un varcare, che rischia di essere impudico e azzardato, “la soglia dell’altro”. Solo un dettaglio su una difficoltà traduttiva: nel finale, Ingeborg Bachmann gioca con due termini, anzi con uno, del quale conia un plurale estraneo alla lingua corrente. Il sostantivo Wort, parola, ha in tedesco due forme di plurale: Worte, che sta per parole (dette o scritte), qui le destinatarie dei versi, e Wörter, precisamente “vocaboli”. Il sostantivo composto “Sterbenswort”, che letteralmente significa “parola di morte” è usato correntemente con l’articolo negativo “kein” e sta a indicare “neanche una parola”, “neanche un fiato”. Kein Sterbenswort è la negazione della parola, è il silenzio, mentre la contaminazione “Sterbenswörter” è usata qui, a mio parere, con l’intenzione di di far risaltare il potenziale distruttivo delle parole, di determinate parole. Anche qui il gioco è tra resa e ribellione. (Anna Maria Curci)

Ihr Worte

Für Nelly Sachs, die Freundin, die Dichterin, in Verehrung

Ihr Worte, auf, mir nach!,
und sind wir auch schon weiter,
zu weit gegangen, geht’s noch einmal
weiter, zu keinem Ende geht’s.

Es hellt nicht auf.

Das Wort
wird doch nur
andre Worte nach sich ziehn,
Satz den Satz.
So möchte Welt,
endgültig,
sich aufdrängen,
schon gesagt sein.
Sagt sie nicht.

Worte, mir nach,
daß nicht endgültig wird
– nicht diese Wortbegier
und Spruch auf Widerspruch!

Laßt eine Weile jetzt
keins der Gefühle sprechen,
den Muskel Herz
sich anders üben.

Laßt, sag ich, laßt.

Ins höchste Ohr nicht,
nichts, sag ich, geflüstert,
zum Tod fall dir nichts ein,
laß, und mir nach, nicht mild
noch bitterlich,
nicht trostreich,
ohne Trost
bezeichnend nicht,
so auch nicht zeichenlos –

Und nur nicht dies: ein Bild
im Staubgespinst, leeres Geroll
von Silben, Sterbenswörter.

Kein Sterbenswort,
Ihr Worte!

 

A voi, parole

Per Nelly Sachs, l’amica, la poetessa, con venerazione

A voi, parole, orsù, seguitemi!
Anche se già ci siamo spinti avanti,
fin troppo avanti, ancora si va
più avanti, si va senza fine.

Non vi è schiarita.

La parola

non farà
che tirarsi dietro altre parole,
la frase altre frasi.
Così il mondo intende
definitivamente,

imporsi,
esser già detto.
Non lo dite.

Seguitemi, parole
che non diventi definitiva
– questa ingordigia di parole
e detti e contraddetti!

Lasciate almeno per un poco
ammutolire ogni sentimento
che il muscolo cuore
si eserciti altrimenti.

Lasciate, vi dico, lasciate.

Non sussurrate nulla,
nulla, dico, all’orecchio supremo,
che per la morte nulla

ti venga in mente,
lascia stare,  seguimi,
né mite né amara
non consolatrice
né significativamente
sconsolante,
ma nemmeno priva di significato  –

E soprattutto niente immagini
nella polvere, vuoto rotolare
di sillabe, parole di morte.

Neanche una,
o parole!

(traduzione di Maria Teresa Mandalari, in: Ingeborg Bachmann, Poesie. A cura di Maria Teresa Mandalari, TEA, Milano 1996, pp. 155-157)

 

Voi, parole

Per Nelly Sachs, l’amica, la poetessa, con devozione

Voi, parole, su, seguitemi!,
e anche se siamo andati avanti,
troppo avanti, ancora una volta
si va oltre, si va senza fine.

Non sta schiarendo.

La parola

si tirerà soltanto
altre parole dietro,
la frase un’altra frase.
Così vorrebbe il mondo,
definitivamente,
farsi invadente,
esser già detto.
Non dite il mondo.

Parole, seguitemi,
che non divenga definitiva,
no, questa brama di parole
e botta e risposta!

Non fate, ora, per un po’,
parlar alcuno tra i sentimenti,
lasciate il muscolo cuore
allenarsi in altro modo.

Lasciate, dico, lasciate.

Al sommo orecchio nulla,
nulla, dico, in un sussurro,
per la morte nulla ti venga in mente,
lascia, e seguimi, non mite,
né aspra
non consolatoria
non sconsolatamente
significativa,
e così neanche senza segno –

E, bada,  non questo: un’immagine
nella tela di polvere, vuoto ruzzolare
di sillabe, vocaboli di morte.

Neanche una parola,
voi, parole!

(traduzione di Anna Maria Curci, apparsa, tra l’altro, nel n. XIII dei Quaderni di traduzione, nel blog “La dimora del tempo sospeso”, qui)

 


* Berman, linguista francese, traduttore dall’inglese, dallo spagnolo e dal tedesco, saggista e teorico della traduzione, è menzionato da Maria Luisa Vezzali a p. 8 del suo Editoriale al volume di “Materiali” (pubblicazione semestrale della Bottega dell’Elefante), pubblicato nel dicembre 2007 con il titolo La soglia sull’altro. I nuovi compiti del traduttore.
** Originale: «Ihr Worte habe ich geschrieben, nachdem ich mich fünf Jahre lang nicht mehr traute, ein Gedicht zu schreiben, keines mehr schreiben wollte, mir verboten habe, noch so ein Gebilde zu machen, das man Gedicht nennt. […] Ich weiß noch immer wenig über Gedichte, aber zu dem wenigen gehört der Verdacht. Verdächtige dich genug, verdächtige die Worte, die Sprache, das habe ich mir oft gesagt, vertiefe diesen Verdacht – damit eines Tags, vielleicht, etwas Neues entstehen kann – oder es soll nichts mehr entstehen.» (traduzione di A.M. Curci)


Altre poesie di Ingeborg Bachmann su Poetarum Silva:
La Boemia è sul mare
Lasciapassare
Spiegami, Amore

11 risposte a “Tra le righe #14: Ingeborg Bachmann”

  1. Condivido la cautela che esprime Ingeborg; spesso i poeti, gli intellettuali in genere, credono di conoscere attraverso le parole la verità. Fra una parola e un’altra ci sono abissi di mistero, universi reconditi; la parola giocherella, tradisce perché seme umano e suo strumento di appropriazione.
    Grazie per questa offerta.

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  2. Non è il tifoso che parla ma il lettore, che preferisce la traduzione di Anna Maria Curci. Fatta questa piccola precisazione, va detto che la poesia è splendida in entrambe le versioni. Tra le righe: buon compleanno Ingeborg

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  3. Cautela come metodo, esercizio quotidiano di veglia, necessariamente guardinga. Narda Fattori mette bene in evidenza anche la perenne tentazione a tradire della parola-sentenza lapidaria. Su questa palese duplicità e complicità è costruito il testo “Wahrlich”, “In verità”, intorno a tale tensione si snoda la scrittura di Ingeborg Bachmann.
    Quando ci si accinge a rendere un testo in un’altra lingua, si accede – con passione e consapevolezza, con rigore e temerarietà – a un’area ‘ad alta tensione’. Nell’avvicinarsi al testo originale, le traduzioni preesistenti irrobustiscono le difese contro i rischi che si celano dietro ogni tentativo di mediazione, di resa, di assalto, di interpretazione. Pertanto, come ha intuito Gianni Montieri, nutro grande riconoscenza per le traduzioni di Maria Teresa Mandalari.
    Il mio grazie va a Narda, a Gianni per i loro commenti, a coloro che si sono soffermati a leggere, alla scrittura di Ingeborg Bachmann, continuo pungolo e guanto di sfida.

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  4. Grazie, Anna Maria, per questo post come sempre delicato e denso. Ho particolarmente amato il passaggio dell’intervista – “perché un giorno, forse, possa nascere qualcosa di nuovo – oppure nulla debba nascere”. E’ una frase di grande portata, con cui chiunque scriva dovrebbe trovarsi a fare i conti. Grazie.

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  5. Concordo pienamente, Giovanna. La risposta alla sfida, all’azzardo non può essere tiepida, esitante, un ‘ni’. Vale la pena di affrontare il rischio, terribile, la scelta deve essere inequivocabile. “La verità si può pretendere”, “Die Wahrheit ist dem Menschen zumutbar”, come recita il discorso pronunciato da Ingeborg Bachmann il 17 marzo 1959. Grazie a te, per la tua lettura mai tiepida, mai esitante.

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  6. Del testo riportato e tradotto va colta, lo dico senza paura, la straordinaria musicalità e sconcertante modernità ritmica. un gioiellino da leggere e rileggere, in tedesco e in italiano, e un monito per chi voglia scrivere anche un solo verso.
    renzo favaron

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  7. “… Sospetta a sufficienza di te, sospetta delle parole, della lingua, mi sono detta spesso, approfondisci questo sospetto – perché un giorno, forse, possa nascere qualcosa di nuovo – oppure nulla debba nascere…” (grazie anche per questo)

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